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Il testosterone serve anche al cervello delle donne

03/03/2008

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Il testosterone non è un ormone solo maschile. In realtà è presente anche nel corpo della donna, in quantità superiori agli stessi estrogeni. E’ prodotto dalle ovaie, dal tessuto adiposo, dal surrene. E’ preziosissimo anche per il cervello delle donne. Che sia utile, insieme agli estrogeni, è stato ulteriormente dimostrato da due studi pubblicati da Walter Rocca e collaboratori, della Mayo Clinic di Rochester, in Minnesota (USA) e pubblicati su Neurology, prestigiosa rivista scientifica.
Questi studiosi hanno seguito il destino, è il caso di dire, cerebrale, di circa 1400 donne, alle quali in età fertile erano state asportate una o entrambe le ovaie, causando menopausa chiurgica. A causa di questo intervento le donne perdono non solo tutto l’estradiolo, ma anche il cinquanta per cento o più del testosterone che altrimenti avrebbero. Rocca e i suoi hanno seguito queste donne, operate negli anni Settanta, per 25-30 anni, un tempo enorme, naturalmente paragonando la loro salute cerebrale con altrettante donne di controllo, seguite in parallelo.
E che cosa hanno scoperto? Che la menopausa precoce per asportazione delle ovaie, e la conseguente carenza di estrogeni e del testosterone, se non curate, aumentano il rischio di alterazioni cognitive e di demenza di Alzheimer del 46%, rispetto al rischio basale delle donne in cui le ovaie restano in sede e continuano a funzionare. Non solo. La menopausa precoce chirurgica aumenta di ben il 68% anche il rischio di parkinsonismo, ossia di alterazioni della parte del sistema nervoso (“nigrostriatale”) che coordina il movimento. Altri studi precedenti avevano indicato come in questi casi soffra di più anche il sistema neurovegetativo, con vampate, sudorazioni severe, insonnia e maggior rischio di ipertensione, e il sistema limbico, con aumentata tendenza alla depressione e all’ansia. Inoltre, e questo è ben noto, c’è anche un crollo del desiderio sessuale, e della capacità di eccitazione, che blocca anche la vita intima di una donna per altri aspetti ancora giovane.
In termini semplici, tutto il cervello soffre per la carenza anticipata di estrogeni e testosterone, con sintomi importanti a comparsa precoce, quelli neurovegetativi; intermedia, quelli emotivi; e a comparsa tardiva, quelli legati ai gravi deficit del pensiero e della memoria, tipici dell’Alzheimer, e della capacità motoria, tipici del morbo di Parkinson, deficit che compaiono quando sono già state distrutte il 70-80% delle cellule nervose che coordinano queste funzioni. Ecco perché poi le cure sono limitate e palliative.
Sono plausibili questo dati, dal punto di vista fisiopatologico? Sì. Altre recentissime ricerche, presentate in questi giorni al 13° Congresso Mondiale di Endocrinologia Ginecologica che si è tenuto a Firenze, hanno dimostrato che il testosterone aumenta una neurotrofina, ossia una sostanza che nel cervello aiuta la riparazione delle cellule nervose e stimola le cellule staminali a differenziarsi in neuroni. Questa sostanza è il “Brain Derived Neurotrofic Factor”, appunto il fattore cerebrale che nutre il cervello. Come possono le donne in menopausa chirurgica ridurre questo rischio? Con una appropriata terapia ormonale sostitutiva, che accanto agli estrogeni (per bocca, in cerotto, o in gel transdermico) utilizzi anche il testosterone, in cerotto, già approvato per le donne per i disturbi del desiderio sessuale, appunto dopo menopausa chirurgica. Testosterone che aumenta non solo il benessere, l’energia vitale, l’assertività, ma anche la memoria e l’abilità motoria. Certo, aumenta anche il desiderio: ma con questa rilettura dei possibili effetti positivi del testosterone su tutto il cervello, bisognerebbe dire che questa terapia è essenziale non tanto o non solo per la sessualità, ma anche e soprattutto per l’aspettativa di salute su come invecchiare al meglio, anche mentalmente e dal punto di vista dell’autonomia e dell’abilità motoria. Il farmaco utile c’è, è in commercio: basta che il medico, se lo ritiene indicato, lo prescriva.
E se la donna il Parkinson lo ha già? Anche qui buone notizie: è possibile rallentarne la progressione, e migliorare la risposta ai farmaci, con la terapia ormonale sostitutiva, a torto vituperata. Terapia che alle donne può fare benissimo, come dimostrano tanti studi, se usata con intelligenza clinica, con le dosi appropriate e nel giusto tempo. E, per non limitarsi all’aiuto farmacologico, un altro incoraggiamento ci viene dagli stili di vita. Ballo e musica aiutano infatti le persone affette da Parkinson a sincronizzare meglio i movimenti, riuscendo così a modulare con maggiore efficacia rigidità e tremori. Lungi dall’immobilizzarsi e dal limitarsi nel movimento, queste persone dovrebbero essere incoraggiate a muoversi a tempo di musica, a casa e nella riabilitazione. Perché anche questo tipo di stimolo, piacevole e complesso, incoraggia la neuroplasticità, ossia la capacità riparativa delle cellule nervose, tanto meglio se in associazione con gli amici ormoni.

Demenza vascolare / Demenza di Alzheimer Estrogeni Menopausa iatrogena Morbo di Parkinson Salute femminile Testosterone

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