Sintesi dell'intervista e punti chiave
In questa intervista analizziamo:
- i due principali tipi di Papillomavirus: quelli a basso e quelli ad alto rischio oncogeno. Fra i primi spiccano proprio i ceppi 6 e 11, responsabili del 90 per cento delle condilomatosi; fra i secondi sono particolarmente aggressivi i ceppi 16 e 18, che provocano il 70 per cento dei carcinomi invasivi del collo dell’utero;
- il meccanismo di funzionamento dell’infezione: l’HPV è un virus “a DNA” (come l’Herpes), ossia usa lo stesso linguaggio genetico delle nostre cellule. Questa caratteristica gli permette di “mimetizzarsi” all’interno del nostro organismo e di non essere più eliminabile: le cure sono solo sintomatiche e una recidiva è sempre possibile;
- il ruolo cruciale del sistema immunitario nel far fronte all’aggressività virale: se questo funziona bene, il virus può restare silente e inattivo anche per anni; se invece le nostre difese si abbassano, l’infezione – benigna o maligna – può scatenarsi in qualsiasi momento, a volte in modo rapidissimo;
- le fasi attraverso cui un’iniziale neoplasia intraepiteliale determinata da un ceppo ad alto rischio oncogeno può evolvere in un carcinoma invasivo dei tessuti, capace di produrre metastasi;
- i motivi per cui le donne sono molto più vulnerabili all’infezione;
- gli esami da fare per rilevare la presenza del virus e/o di lesioni citologiche da esso causate (pap-test, ed eventualmente colposcopia e biopsia mirata) e la sua pericolosità (vira-pap, che rivela quali ceppi abbiano infettato l’individuo);
- le cure oggi disponibili per i condilomi: i farmaci modulatori della risposta immunitaria e i metodi biofisici “distruttivi” (crioterapia, laser terapia, biotermocoagulazione, rimozione chirurgica, causticazione con acidi).
Parole chiave:
Condilomi genitali
Malattie sessualmente trasmesse
Papillomavirus