Anche questa volta, una morte in più, in questo caso la Signora Giovanna Reggiani, forzata a concludere in modo orrendo una vita serena, dedicata al marito e ai bambini cui insegnava. Una morte che fa più notizia, per ragioni misteriose, dei tanti vecchi e vecchie ammazzati di botte in casa, spesso per rapinare pochi euro o al massimo la pensione di un mese, e il cui destino amaro occupa ormai solo le poche righe delle notizie brevi nella cronaca nera.
L’una, come le altre, sono morti che chiedono giustizia senza più sconti né rimandi. E non solo limitandosi all’espulsione di delinquenti che ritorneranno, qui o altrove, beffardi e perfino resi più forti per l’impunità di fatto acquisita. Sono morti che impongono un impegno di giustizia pragmaticamente efficace e una politica dell’immigrazione lucida e strategica, a lungo termine.
Sono morti di cui diventa complice ideologico chi si ostini a difendere le ragioni di Caino, e le mille scusanti basate su problemi di nascita, di povertà, o di destino, e non a proteggere Abele. Un Abele che in Italia ha molti volti: i bambini analfabeti e le donne anziane, piegate dalla magrezza e dall’artrosi, che mendicano, palesemente sfruttati per raccogliere elemosine ai lati delle strade; le donne violentate o uccise; i vecchi rapinati. Ma anche le molte famiglie aggredite in casa o in negozio, come se il guadagnare lavorando fosse una colpa e l’essere rapinati una forma di brutale “giustizia sociale”, “tanto sono ricchi”.
Dice Prodi: “Non agiamo sull’onda della rabbia”. E invece ascoltiamola, la rabbia, non per farsi giustizia da sé, come sarebbe perfino comprensibile (ma non giustificabile) quando lo Stato mostri una colpevole latitanza nel tutelare i propri cittadini. Ascoltiamola, per cambiare in modo sostanziale e definitivo questo stato di cose. Perché esiste una rabbia sacra – e un’indignazione sacra – quando l’ingiustizia è arrivata al colmo, quando il buonismo fa rivoltare lo stomaco, quando il numero di vittime barbaramente uccise grida da solo giustizia, se non vendetta.
Hanno provato mai, tutti i paladini di Caino, soprattutto ma non solo a sinistra, hanno provato a mettersi nella pelle di una donna violentata e uccisa, di un vecchio o di una vecchia brutalmente ammazzati di botte e lasciati a morire come cani, perché vivevano da soli? Hanno provato ad avere la casa invasa da delinquenti, di notte, a vedere i figli minacciati con la rivoltella, o un familiare assassinato sotto i loro occhi? Hanno provato che cosa significhi essere pedinati e sentire l’angoscia che ti arriva al cervello e diventa incubo continuo per mille altre notti? Chi viaggia con la scorta, e tanti altri privilegi di sicurezza, non sa che cosa voglia dire sentirsi in balìa di uno o più delinquenti, di assassini, o di uno stupratore.
Ecco perché la gente comune non ne può più di chiacchiere e promesse a vanvera. Perché misura sulla propria pelle il divario tra le promesse e la pericolosità reale del vivere oggi in Italia, dalle angherie dei piccoli furti alle insidie di attacchi, rapine o stupri potenzialmente mortali.
Dovrebbe entrare in Italia solo chi dimostratamente possa – per competenza professionale, anche nei lavori semplici, per titolo di studio e voglia di lavorare – svolgere un’attività legale e necessaria per provvedere a se stesso ed eventualmente, se ce l’ha, alla propria famiglia, con diritti e doveri, come ogni altro cittadino. Con criteri di ammissione rigorosi e chiari, come fa ad esempio l’Australia. Per tutti gli altri non c’è spazio. Solo con una politica di integrazione basata sul lavoro – e non sugli espedienti, sui furti o sulle rapine – è possibile agli immigrati integrarsi con dignità e agli italiani potersi fidare dei nuovi venuti. Per non sviluppare anticorpi antistraniero pericolosi e indiscriminati. Ma anche per poter di nuovo muoversi nella propria terra con la sicurezza che avevamo, che è un diritto primario e sacrosanto, e che oggi è totalmente e colpevolmente perduta.
Abuso sessuale: approfondimenti disponibili sul sito della Fondazione Alessandra Graziottin
Collera Legislazione e giustizia Omicidio / Femminicidio / Infanticidio Riflessioni di vita