“Le scrivo in un momento di grande tensione interiore. Due settimane fa ho per caso colto la mia unica figlia, sedicenne, in indiscutibile atteggiamento molto intimo con una amica. Mi sono allontanata subito in silenzio, senza che loro mi sentissero: dire che sono rimasta sconvolta è poco. Non avevo mai sospettato nulla di tutto questo. Mia figlia è affettuosa con me, adora suo padre, è brava a scuola, benvoluta dai compagni. Insomma è una ragazza del tutto normale! Possibile che sia omosessuale?! La nostra è una famiglia tranquilla, laica. Io e mio marito abbiamo cercato di educare al meglio nostra figlia. Sono talmente sconvolta che non sono ancora riuscita a parlarne nemmeno con mio marito. Mi sembra di essere entrata in un incubo. Che cosa posso fare? Esiste una cura per l’omosessualità, o è una condizione irreversibile? Sono qui a macerarmi perché l’impensabile è entrato in casa nostra...”.
Mamma in pena
Mamma in pena
Intuisco il terremoto emotivo che la sta turbando, gentile signora. Lo dice, meglio di ogni altra parola, quella sua frase – “L’impensabile è entrato in casa nostra” – che svela tutto lo sgomento e il dolore con cui un genitore scopre un aspetto inatteso e inquietante nella vita di un figlio. Le sue parole sono uno specchio fedele dello shock che molti genitori mi esprimono quando “scoprono” che il loro figlio o figlia, è o ha atteggiamenti omosessuali. Uso espressamente questi due verbi, essere o avere, perché non necessariamente un atteggiamento di intimità fisica ed emotiva con un amico o amica dello stesso sesso indica per sé un orientamento omosessuale definitivo.
Che cosa vuol dire che atteggiamento e orientamento omosessuale possono non coincidere?
Sempre più spesso giovani e giovanissimi si consentono un’intimità non solo affettiva ma anche fisica con amici o amiche senza che questo li porti a definirsi “omosessuali”. Un comportamento in netto aumento tra le ragazze. “Voglio bene alla persona, amo la persona. Che sia maschio o femmina non mi interessa…”. E’ questa l’affermazione che meglio descrive questa nuova tendenza. Uno studio americano, in cui ragazze dai 15 ai 20 anni “con comportamenti omosessuali” sono state seguite prospetticamente venendo intervistate circa una volta l’anno, ha mostrato che circa un terzo si definisce “lesbica”, un terzo “bisessuale”, avendo anche storie d’amore con ragazzi, che si alternano a quelle con ragazze, e un terzo “unlabelled”, letteralmente “senza etichetta”. E’ il gruppo che rivendica il diritto di “amare chi mi piace”, senza doversi per forza definire con una categoria “limitante”. Ancora più interessante, nel corso di 6 anni, circa il 25 per cento delle ragazze aveva “cambiato gruppo”, ossia si percepivano in modo diverso e avevano comportamenti diversi.
Un'adolescente può avere comportamenti omosessuali senza che questo comporti una scelta definitiva?
Sì. Le implicazioni di quello studio che le citavo sono importanti, perché ci fanno capire la grande “plasticità”, ossia duttilità e variabilità, dei comportamenti degli/delle adolescenti d’oggi. Per questo anche per sua figlia eviterei l’etichetta “omosessuale”. In una ragazza così giovane, questo atteggiamento potrebbe esprimere una fase sperimentale dei sentimenti, dell’amore e dell’intimità fisica, che non è, né deve essere vissuta come, un destino. In particolare lo eviterei perché, dallo shock che lei mi riferisce, lei vive questa parola come una menomazione, un difetto, una malattia. E’ questo l’aspetto su cui è giusto che lei rifletta per raggiungere una maggiore serenità: essere laici non significa aver automaticamente “digerito” molti aspetti della sessualità diversi rispetto alla nostra educazione e alle nostre scelte. Attenzione: non la voglio “illudere”, ma farla partecipe della cautela con cui va “letto” il comportamento, anche sessuale, di un’adolescente. E’ la motivazione che induce il comportamento, più che l’esplicito gesto in sé, a dirci il vero significato di quel gesto. Nello stesso tempo, è necessario che lei ascolti da dove nasca tutto lo shock che lei sta provando. Per poter continuare a voler bene a sua figlia, se anche la scelta omosessuale fosse definitiva.
Si può curare l'omosessualità affinché un ragazzo, o una ragazza, possa tornare "normale"?
No, questa possibilità non esiste, se con questo termine si intende l’intento di cambiare la direzione del desiderio per farlo “tornare” su una persona del sesso opposto. Quando la scelta omosessuale è “egosintonica”, ossia armoniosa con l’Io profondo, non c’è terapia che la possa cambiare. Per la stessa ragione per cui non c’è terapia che possa far diventare omosessuale una persona eterosessuale: non esiste una terapia che possa cambiare la direzione del desiderio sessuale!
Non esiste nemmeno quando la persona lo desideri fortemente, come succede in quelle persone omosessuali che per ragioni religiose o personali farebbero di tutto pur di avere un desiderio orientato verso una persona dell’altro sesso. Si può inibire il desiderio, anche farmacologicamente, ma non c’è nessuna terapia, né farmacologica né psicologica, che possa modificarne la direzione.
Non esiste nemmeno quando la persona lo desideri fortemente, come succede in quelle persone omosessuali che per ragioni religiose o personali farebbero di tutto pur di avere un desiderio orientato verso una persona dell’altro sesso. Si può inibire il desiderio, anche farmacologicamente, ma non c’è nessuna terapia, né farmacologica né psicologica, che possa modificarne la direzione.
Anche un genitore laico fa fatica ad accettare la scelta omosessuale?
Spesso sì. La sua tensione interiore dice bene quanto per molti di noi sia ancora ampia la distanza tra “dichiararsi rispettosi della scelta omosessuale” e accettarla poi in un figlio o in una persona cara. “Se fosse stata con un ragazzino avrei sorriso di tenerezza” lei dice nella sua lunga lettera, con sincerità e rimpianto: parta da qui, per riascoltare i suoi sentimenti, le sue paure, le sue preoccupazioni. Qualche colloquio con una psicoterapeuta, che l’aiuti a districare questa matassa di emozioni e sentimenti contrastanti, potrebbe esserle prezioso per recuperare la serenità necessaria a un dialogo sincero e costruttivo con sua figlia.
Approfondimento – Una psicoterapia può essere utile?
Sì, se desiderata dalla ragazza con una motivazione personale. In tal caso può essere utile per un percorso interiore di chiarificazione, di conoscenza e di accettazione di sé, anche nella propria complessità erotica e di méta sessuale.
No, se è richiesta o imposta dai genitori per “curare” l’omosessualità. In tal caso manca innanzitutto la motivazione personale che è il requisito essenziale per ogni psicoterapia. Inoltre va ricordato che l’omosessualità ha anche una forte componente genetica, che non è modificabile, almeno per ora. Gli studi su gemelli omozigoti, ossia identici, hanno infatti dimostrato una concordanza nella scelta omosessuale del 48 per cento, nei maschi, e del 27 per cento, nelle femmine. La componente genetica è quindi molto più forte di quanto ritenuto in passato.
No, se è richiesta o imposta dai genitori per “curare” l’omosessualità. In tal caso manca innanzitutto la motivazione personale che è il requisito essenziale per ogni psicoterapia. Inoltre va ricordato che l’omosessualità ha anche una forte componente genetica, che non è modificabile, almeno per ora. Gli studi su gemelli omozigoti, ossia identici, hanno infatti dimostrato una concordanza nella scelta omosessuale del 48 per cento, nei maschi, e del 27 per cento, nelle femmine. La componente genetica è quindi molto più forte di quanto ritenuto in passato.
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