Non c’è dubbio: sono in netto aumento le famiglie che hanno un cane, un gatto, o almeno un pappagallino, un pesce rosso o un criceto, con un picco di acquisti natalizio. E’ un bene? Dipende da come l’animale viene trattato, curato e amato.
Continua ancora nella nostra cultura (con positive eccezioni) l’idea che un animale abbia sentimenti e capacità limitate o sia addirittura un oggetto, e come tale vada trattato. Forse anche per un retaggio del celebre filosofo Cartesio, razionalista e padre dell’illuminismo, il quale sosteneva, ahinoi, che agli animali si potesse fare qualsiasi cosa. Perché? In quanto oggetti privi del “logos”, mancanti cioè della scintilla della razionalità, oggetti senz’anima pensante, dunque. Chi ama gli animali, e li osserva con amore, sa che questo è falso. Gli animali sono capaci di ragionamenti sofisticati e i più evoluti, come i primati, anche di calcolo astratto, come hanno dimostrato ormai molte sperimentazioni. Amano, e profondamente. E provano dolore quando sono feriti, maltrattati, lasciati soli. Hanno una vera e propria depressione, come noi. Si ammalano e hanno somatizzazioni, come noi. Ma possono essere immensamente felici, quando il loro amore e la loro dedizione sono ricambiati dai nostri sentimenti. Diversamente dagli umani, sono fedeli, e non badano alle nostre rughe, al peso, al passare degli anni. Hanno una costanza di affetto senza incertezze che è una delle loro caratteristiche più gratificanti e consolanti. Non solo. Anzi, come per i bambini, più l’animale – cane, gatto o cavallo, ma perfino il coniglio e il criceto – convive e interagisce con un bambino, o un adulto, più affina capacità ed emozioni che lo rendono ancora più capace di “sentire”, in senso emotivo e affettivo, e di interagire con noi con una complessità che ha poco da invidiare alla nostra. Si “antropomorfizzano”, diventano simili all’uomo, sentono e sono empatici con le nostre emozioni pur non copiando, per fortuna, le nostre crudeltà ed efferatezze. Anzi, diversamente da noi, con una capacità di affezione profonda, senza incertezze. Un alleato contro la solitudine, di grandi e piccini. Non c’è dubbio: un animale da compagnia, ma anche un pony o un cavallo, per chi ami questi animali, ha una profonda valenza curativa e rasserenante, anche per le persone cosiddette sane, dal punto di vista fisico e mentale, prima ancora che per i portatori di handicap.
Allora niente animali domestici? Al contrario, benvenuto all’animale in casa, ma con un solido ragionamento prima. Innanzitutto, sui bisogni: di ambiente, di spazio, di attenzioni, di cibo e cure, di cui il nostro amico ha necessità. Impossibile pensare a un san bernardo, un alano o comunque a un cane di grossa taglia in un piccolo appartamento: sono proprio loro i più frequentemente abbandonati e i più difficili da ricollocare. Attenzione ai costi, che oggi possono diventare importanti, con gli animali più grossi ed esigenti. Attenzione alle cure veterinarie, dai vaccini ai controlli periodici, preziosi quando si ami davvero il proprio animale. Attenzione al tempo che richiedono, per almeno una passeggiata al giorno: non si può trattare un cane da galeotto e costringerlo a una vita immobile in piccoli spazi (ancor peggio se alla catena), tanto più angusti quanto più l’animale è grande. La crudeltà non è solo attiva, quando li maltrattiamo, ma è presente anche quando non diamo loro il minimo di un’ospitalità affettuosa e dignitosa, quando li ignoriamo, li trattiamo come oggetti, parcheggiandoli qua e là, a seconda delle nostre esigenze e del nostro umore.
Poi, una riflessione essenziale riguarda anche chi, in famiglia, si prenderà materialmente cura dell’animale: specialmente quando i bambini sono piccoli, un ospite a quattro zampe richiede cure e attenzioni supplementari che è saggio valutare con attenzione, in agende sempre più fitte e concitate. In caso di figli più grandicelli, è indispensabile che il figlio/la figlia che ha tanto desiderato l’animale venga sostanzialmente responsabilizzato sulla sua cura. Dal giocarci assieme al pulire la lettiera, o portarlo a passeggio, o lavarlo, coccolarlo. Il vantaggio: una crescita della capacità del bambino, del ragazzino, di sintonizzarsi sui sentimenti, le emozioni, i bisogni e, perché no, i piccoli desideri di un altro essere vivente. Un allenamento magnifico alla capacità di amare e all’amore che cura.
In piccolo, prendere in casa un animale è un’adozione per la vita: e va valutata non solo con l’entusiasmo e la tenerezza che ogni cucciolo evoca, per simpatia, ma con il senso di responsabilità personale che ogni essere vivente merita, ancor più quando entra a far parte della nostra famiglia. Se non ci sono le condizioni base per tenerlo, è meglio rinunciare. Con saggezza e senso dei propri limiti. In positivo, un animale per amico può regalarci tanta gioia, serenità, allegria, tenerezza. Ricambiarlo con le giuste attenzioni e un affetto che duri per tutta la sua vita è la condizione necessaria per meritarci di averlo. E per assaporare il piacere di essere più felici, quando lo amiamo davvero.
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