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Ansia da prestazione: manifestazioni, ruolo dell'inconscio, opzioni terapeutiche

27/03/2009

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

“Gentile professoressa, ho 23 anni e la mia ragazza 21. Ci siamo conosciuti a una festa e, per qualche mese, dato che a casa nostra non riusciamo mai a stare soli, abbiamo avuto rapporti solo in auto. Non che fosse una situazione ideale, ma per il momento ci bastava. Tre mesi fa, però, siamo riusciti ad andare in montagna per un intero weekend: l’occasione buona, pensavamo, per vivere finalmente qualche momento di intimità più sereno... Ma proprio là, nella tranquillità più assoluta, mi è successo l’impensabile: non sono riuscito ad avere nemmeno un’erezione decente! Ci abbiamo provato più volte, in momenti diversi, dandoci tutto il tempo che poteva servire: niente, una piatta che mi sarei sotterrato! Lei ci è rimasta malissimo, e le lascio immaginare come mi sentissi io. Al ritorno, abbiamo cercato di fare finta di niente, e dopo qualche giorno – sempre a causa delle nostre case piene di fratelli, sorelle, madri, nonni e quant’altro – abbiamo dovuto per forza appartarci di nuovo in macchina. Beh, ci crede? Tutto è filato liscio, erezione perfetta, rapporto soddisfacente, pace fatta. Già, ma per quanto? E’ evidente che ho qualcosa che mi blocca, tranne che in auto: ma non possiamo mica andare avanti così per sempre! Lei che cosa ci consiglia di fare?”.
Simone A.
Gentile Simone, da un punto di vista biologico il deficit di erezione può essere provocato da problemi di natura cardiovascolare, dall’ipertensione, dall’eccesso di colesterolo, e persino dal diabete o da malattie neurologiche. Questo però è vero soprattutto per gli uomini di una certa età. A 23 anni è molto più probabile che la causa sia di tipo psicologico. E in effetti, dalla descrizione che lei fa del suo disturbo, credo di poter ipotizzare che il suo problema sia una forma molto particolare di ansia da prestazione: un’ansia che la colpisce nelle situazioni “normali” e si placa quando si trova in una situazione obiettivamente molto meno agevole, ma che il suo inconscio ritiene “sicura” dal punto di vista della risposta sessuale.

In che senso, sicura?

Certamente non nel senso che fare l’amore in auto sia più comodo o meno pericoloso che altrove: anzi, di questi tempi è meglio stare molto attenti ed evitare il più possibile di correre rischi! Ma nel senso che, per segrete ragioni note solo al suo inconscio (e che però possono essere indagate nel modo che fra poco vedremo), l’auto è diventata con il tempo una specie di “talismano”, di base sicura che placa le sue ansie profonde e la fa sentire in grado di essere un vero uomo, senza incertezze. In casa, invece, è come se si sentisse in balia della paura di deludere la sua ragazza, dell’ansia di non farcela, dell’imprevedibilità della sua risposta fisica.

Come fa l'ansia a tradursi in un deficit fisico?

Tutto inizia con una domanda che, in modo più o meno consapevole, lei si pone nel momento in cui inizia a fare l’amore con la sua ragazza: “Chissà se ce la faccio?”. A quel punto, scatta un picco di adrenalina che opera un doppio sabotaggio della sua erezione: prima di tutto, inibisce l’attività della muscolatura liscia dei corpi cavernosi, che in condizioni normali fa sì che essi si riempiano di sangue provocando appunto l’erezione; in secondo luogo, scatena un ipertono muscolare generale, che riduce la percezione delle sensazioni di piacere e mette tutto l’organismo come in uno stato d’allarme generale.

Perché poi il problema si ripete?

Si ripete perché, dopo le prime delusioni, l’ansia e i picchi di adrenalina si susseguono sempre più forti, finendo per innescare un circolo vizioso: a ogni fallimento, l’ansia cresce e pone le basi per prestazioni sempre più scadenti. Il disturbo, da episodico, può così diventare cronico e trasformarsi nel “deficit erettivo di mantenimento” (l’erezione all’inizio compare, ma non permane).

Come si può disinnescare questo circolo vizioso?

Le consiglio di andare da un buon andrologo, o da un medico sessuologo. La terapia, in genere, prevede tre tipi d’intervento: trattamento farmacologico (farmaci vasoattivi e ansiolitici), terapia sessuologica comportamentale (per superare l’ansia e il pessimismo) e psicoterapia cognitiva (per i casi più difficili, che non rispondono agli altri interventi).

In cosa consiste esattamente la terapia farmacologica?

L’obiettivo primario dei farmaci è quello di favorire una migliore risposta vascolare, essenziale per la durata e la tenuta dell’erezione. In questo modo, garantendo da subito buoni risultati, riducono indirettamente anche l’ansia. Rispondono a questi requisiti tutti i farmaci “vasoattivi” oggi in commercio, come il sildenafil, il tadalafil e il vardenafil. L’efficacia del tadalafil, in particolare, persiste per 36-48 ore: questo significa che il rapporto può iniziare in qualsiasi momento nell’arco dei due giorni successivi all’assunzione del farmaco. E’ quindi possibile proteggere la piena naturalezza dell’intimità, senza alcuna necessità di “programmare” il momento del rapporto. Se l’ansia persiste, nonostante il miglioramento dell’erezione, un ulteriore aiuto può venire dagli ansiolitici, da assumere a basse dosi e sempre su prescrizione medica.

Questi farmaci sono sufficienti a risolvere definitivamente il problema?

Non sempre. I farmaci vasoattivi sono efficacissimi, ma hanno solo una funzione sintomatica: vanno a correggere le manifestazioni evidenti del disturbo erettivo, ma non le sue cause profonde. In parallelo, quindi, può essere in primo luogo necessaria una terapia sessuologica comportamentale, per imparare a sciogliere le tensioni interiori più resistenti.

In che cosa consiste?

Include tecniche di rilassamento come il training autogeno respiratorio e lo yoga: un aiuto antico per ritrovare l’equilibrio interiore, travolto dai ritmi concitati contemporanei e da un’ansia di prestazione che è ormai dilagante in tutti gli ambiti della vita. Nel nostro caso, queste tecniche sono preziose per:
- migliorare il controllo delle emozioni;
- modulare l’eccitazione attraverso il respiro;
- migliorare la capacità di ascolto delle sensazioni corporee;
- ridurre l’ipertono e la rigidità muscolare;
- potenziare i percorsi neuroendocrini che coordinano la funzione sessuale;
- aumentare l’autostima e la fiducia nella propria capacità di recupero.

E la psicoterapia cognitiva a cosa serve?

Può completare il percorso di cura quando la storia clinica evidenzi che il disturbo ha anche cause psicologiche più importanti e strutturate, ossia non legate alla sola ansia da prestazione. Tornando all’immagine dell’automobile come “talismano”, è attraverso questo tipo di terapia che lei potrebbe riuscire a portare alla luce i motivi profondi per cui solo in quella situazione si sente davvero al sicuro, e “normalizzare” poco per volta la sua risposta sessuale anche negli altri contesti.

Ansia da prestazione Disturbi dell'erezione / Disfunzione erettile Farmaci vasoattivi

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