“Mia figlia, 28 anni, ha avuto una bruttissima depressione, in seguito all’abbandono da parte del fidanzato. Non voleva più vivere. Ha dovuto fare una cura impegnativa con psicofarmaci ed è ancora in psicoterapia. Ora sta molto meglio ma lo psichiatra insiste che dovrà comunque continuare i farmaci per almeno altri sei mesi o un anno. Lei non vuole smetterle, ma io e suo padre siamo molto perplessi. Perché continuare, se adesso sta meglio? Se proprio bisogna continuarle, non si potrebbe andare avanti a dosi bassissime? Cos’altro potrebbe fare – meglio se di naturale – per non ricadere in quel baratro?”.
Andreina L. (Asti)
Andreina L. (Asti)
Le rispondo molto volentieri, gentile signora, perché la sua preoccupazione è comune nella maggioranza delle famiglie, e in moltissimi pazienti: perché continuare, se sto, o sta, bene? La ragione è semplice: è necessario stabilizzare il risultato ottenuto, e, nello specifico, i livelli di serotonina, il neurotrasmettitore che regola il nostro tono dell’umore. L’esempio che faccio alle mie pazienti, quando mi chiedono consiglio, è questo: che cosa fa, se ha avuto una frattura alla gamba e portato il gesso, dopo che l’osso si è saldato e guarito? Almeno qualche mese di fisioterapia, a seconda della gravità delle fratture, per riprendere appieno la funzione motoria, senza strascichi di dolore né limitazioni funzionali. Bene. Per il cervello è la stessa cosa: continuare la terapia serve a consolidare il risultato in termini di umore, ma anche a riprendere tutte le attività – di studio, di lavoro, di vita – che ristimolano il cervello a funzionare al meglio. In particolare, è indispensabile incoraggiare non solo a continuare la psicoterapia, specie se l’evento scatenante è stato di tipo emotivo-affettivo, ma riprendere – o iniziare – l’attività fisica. Questo, per me, come medico attento ai fondamentali della vita, è un aspetto essenziale e ancora poco considerato. Uno sport che piaccia – jogging, nuoto, palestra, danza moderna, ballo, arti marziali, atletica leggera, tennis, equitazione, o sport di squadra, come pallavolo o pallacanestro, o calcio, per i maschi – è prezioso per aumentare in modo naturale i livelli di serotonina; per scaricare in modo sano le tensioni e le emozioni negative; per migliorare l’immagine corporea (spesso la depressione si associa ad aumento di peso, che può a sua volta scatenare sentimenti di inadeguatezza e complessi di inferiorità); per (ri)allacciare rapporti di amicizia, e uscire di casa e all’aperto, al sole, dopo l’isolamento della fase depressiva; per ridare ritmo e stimoli alla giornata. L’attività fisica è di fatto un eccellente consolidatore del risultato farmacologico e psicoterapico. Tuttavia, nelle fasi iniziali della convalescenza psichica, si associa ai farmaci ma non li sostituisce, almeno per alcuni mesi dopo la normalizzazione dell’umore.
Quanto a lungo bisogna continuare gli psicofarmaci?
Dipende: la durata raccomandabile è valutata in base alla gravità dei sintomi e alla storia della malattia. Di fronte a un primo episodio depressivo di media gravità, la durata del trattamento dopo la guarigione è intorno ai sei mesi. In caso di depressione grave, come mi sembra sia stato il caso di sua figlia, o di depressione recidivante, è indispensabile continuare il trattamento per un anno e a volte di più. Lo psichiatra curante, che conosce bene il/la paziente e la sua storia clinica, è in ogni caso il medico che meglio può valutare questo aspetto essenziale per prevenire le ricadute. Abbiate fiducia e seguite i suoi consigli, tanto più che il benessere ritrovato di vostra figlia conferma la sua capacità di medico!
Prevenire e curare – Gli errori da evitare quando si assumono psicofarmaci
- Evitare le “autoriduzioni” e il “fai da te”: il rischio è di portare il dosaggio al di sotto della soglia terapeutica. Attenzione: l’effetto negativo da sospensione prematura non si manifesta subito, ma dopo qualche settimana. La convinzione “Ho ridotto il farmaco e sto (ancora) bene” può essere fallace e insidiosissima.
- Evitare assolutamente l’alcol perché: ha un effetto depressivo diretto sul sistema nervoso centrale, che peggiora in quadro depressivo endogeno; riduce l’attenzione, aumentando il rischio di incidenti; aumenta la passività, ostacolando la ripresa di una vita normale; crea dipendenza; interferisce con alcuni psicofarmaci, potenziandone gli effetti collaterali; sovraccarica di lavoro il fegato e il pancreas. L’alcool è un nemico vestito da amico!
- Evitare assolutamente l’alcol perché: ha un effetto depressivo diretto sul sistema nervoso centrale, che peggiora in quadro depressivo endogeno; riduce l’attenzione, aumentando il rischio di incidenti; aumenta la passività, ostacolando la ripresa di una vita normale; crea dipendenza; interferisce con alcuni psicofarmaci, potenziandone gli effetti collaterali; sovraccarica di lavoro il fegato e il pancreas. L’alcool è un nemico vestito da amico!
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