Il ruolo dell’attività fisica costante, moderata o intensa, sta dunque emergendo con crescente evidenza come regista di prima linea nella prevenzione e nella lotta contro i tumori. La domanda cruciale è questa: come fa l’attività fisica a ridurre il rischio di tumori, al seno e non solo? E come fa a migliorare l’andamento delle cure? Una serie di articoli recentissimi indaga proprio queste relazioni. Tre sono i meccanismi d’azione più accreditati (Brigid M. Lynch e collaboratori, “Cancer epidemiology, biomarkers and prevention”, 2022).
Il primo agisce riducendo l’effetto degli ormoni sessuali, estrogeni e progesterone in primis, nella promozione della proliferazione delle cellule tumorali. Nelle donne in premenopausa, riduce il livello di estradiolo circolante nel sangue. Dopo la menopausa, l’attività fisica riduce ugualmente gli estrogeni plasmatici e, in più, aumenta una proteina – la Sex Hormone Binding Globulin (SHBG) – che, legandoli, li rende meno utilizzabili.
Il secondo meccanismo agisce tramite l’insulina. Il rischio di tumori al seno aumenta infatti con il crescere della resistenza all’insulina, come succede per esempio nel diabete e nell’obesità. L’insulina può agire direttamente, aumentando la proliferazione delle cellule tumorali, e indirettamente attraverso altre vie cellulari, che ugualmente stimolano la crescita delle cellule anarchiche. Di converso, l’attività fisica aumenta la sensibilità dei tessuti, e delle fibre muscolari in particolare, all’azione dell’insulina, promuovendo un circolo virtuoso di maggior salute metabolica e ormonale.
Il terzo meccanismo agisce tramite l’infiammazione, che in verità è il denominatore comune di tutti i tumori. L’infiammazione persistente stimola infatti la proliferazione cellulare e determina modificazioni del microambiente tissutale che facilita l’emergere e la crescita di cellule tumorali, potenziandone il livello di anarchia rispetto alle cellule sane. In più, il tessuto adiposo, che aumenta invece con la sedentarietà, produce e libera molte citochine pro-infiammatorie (“adipochine”), che aumentano anche la resistenza all’insulina, potenziando il secondo meccanismo. All’opposto, l’attività fisica aumenta le citochine antinfiammatorie e sopprime le pro-infiammatorie in tutte le fasce di età.
Aggiungerei l’ulteriore effetto benefico dell’attività fisica, come una camminata veloce, idealmente per 45 minuti, il mattino all’aria aperta, alla luce naturale: tiene bassa la melatonina durante il giorno, aiutando così a rimettere in fase tutti i bioritmi circadiani – dal sonno all’insulina, dal cortisolo al bioritmo del microbiota intestinale. Contribuisce così sia ad ottimizzare l’efficacia del sistema immunitario, il nostro esercito di difesa, indispensabile nella prevenzione e nella cura dei tumori, sia a migliorare l’umore e l’atteggiamento di fiducia attiva nelle cure.
Evidenti le implicazioni pratiche per tutti noi: passiamo all’azione, invece di perderci in paralizzanti paure, silenziate mangiando e ingrassando. Torniamo a essere protagonisti di salute, fisicamente attivi e in peso forma: per ridurre il rischio di tumori e di molte altre patologie che si potenziano a vicenda nelle persone sedentarie. E per combattere meglio i tumori, quand’anche abbiano una causa genetica, come ben dimostrano altri studi. Uomini e donne coraggiosi che nella malattia possono (ri)scoprire la voglia di combattere, la forza di farlo, anche attraverso l’attività fisica, e la magìa di sentirsi intensamente vivi, ancora più innamorati della luce del giorno.
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