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Autoprescrizione di farmaci, un'anarchia pericolosa

Autoprescrizione di farmaci, un'anarchia pericolosa
18/11/2019

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

«Mia figlia adesso ha un fidanzatino. Non è che mi resta incinta?, ho pensato. E allora a mia figlia la pillola l’ho data io, così stiamo tutti tranquilli…». «Quale pillola?!». «Quella che lei mi ha prescritto. Io sto benissimo, e così l’ho data anche a lei… Però ha sempre perditine di sangue: una visitina ci vuole, giusto?».
«Guardi, con gli estrogeni le vampate mi sono andate via, dormo che è una meraviglia, mi è tornata una bella pelle, mi sento un’energia che non avevo più. Però quell’altra pillola, sì, il progesterone, quella proprio non mi piace, mi gonfia. E così non l’ho presa più…». «Quando ha fatto l’ultimo controllo, signora?». «Sette anni fa, sa, ho avuto tanti problemi a casa…». «Ma ha continuato a fare le cure ormonali?». «Certo, stavo benissimo! Guai se li mollo, i miei ormoni!». «Non si possono assumere senza prescrizione medica e senza controlli annuali!». «Prof, non faccia la difficile. Non vede come sto bene?».
«Come ha ragione, le cure vanno proprio personalizzate», mi dice la signora settantenne, tutta pimpante. «Quest’estate lei mi aveva dato il gel. L’ho provato: un pouff, e stavo bene. Ne ho messi due, e stavo meglio. Dopo una settimana ne ho messi tre e tutti mi dicono che sono ringiovanita di dieci anni…».
Invece io mi preoccupo e torno sull’argomento, perché l’autoprescrizione dei farmaci sta diventando un’emergenza nazionale. Può una mamma, senza alcuna competenza medica, “prescrivere” la pillola contraccettiva alla propria figlia? No, non può. Un farmaco che richiede ricetta medica non può essere dato a una figlia come se fosse acqua fresca. Richiede un’attenta valutazione, sia per prescrivere il contraccettivo più adatto alla singola ragazza, per combinazione di tipo di ormoni, dosaggio di entrambi i componenti e via di somministrazione (orale, transdermica o vaginale) (ne abbiamo circa 70 in commercio!), sia per valutare possibili controindicazioni o situazioni che suggeriscono una scelta contraccettiva e/o una via di somministrazione diversa. Per esempio, se una ragazza soffre di celiachia, sono più indicate la via transdermica o la via vaginale, perché così si riducono i rischi di un minore assorbimento dei principi attivi, con il rischio di una perdita di efficacia della pillola stessa.
Ma oggi tutti pensano che Dr. Google valga una laurea in medicina… La signora che sta facendo una terapia ormonale sostitutiva, se ha l’utero e sta assumendo estrogeni, deve assumere anche il progesterone (o i progestinici). Questi ormoni sono indispensabili per proteggere l’endometrio, che è lo strato interno dell’utero. Se modifica la terapia “perché pensa che sia meglio così”, e continua ad assumere per anni solo estrogeni non bilanciati dal progesterone, rischia di farsi venire un tumore all’endometrio!
La signora settantenne che assume una dose tre volte superiore a quella adeguata alla sua età può causarsi seri effetti collaterali. Le molte donne che non fanno controlli per anni e continuano la terapia ormonale “perché tanto stanno benissimo” possono non accorgersi di problemi anche seri che presenteranno un conto salato in salute.
Non si tratta solo di ormoni (ne parlo di più dato che sono ginecologa) ma di tutti i farmaci, che hanno un doppio volto, come tutte le cose. Giustamente gli antichi Greci qualificavano sempre un farmaco con l’aggettivo “buono” o “cattivo”. Per indicare che era l’uso, in quel dato paziente e per quella patologia, che poteva qualificare uno stesso farmaco in modo opposto. Fu poi Paracelso, che nel 1500 precisò come sia la dose a fare di uno stesso farmaco un rimedio, oppure un veleno. Ecco perché la dose va prescritta dal medico, verificata e ottimizzata insieme al paziente, ma mai autogestita, per i rischi altrimenti di un sottodosaggio, terapeuticamente inefficace, o di un sovradosaggio pericoloso. E’ il medico che attraverso un’anamnesi accurata dovrebbe riconoscere controindicazioni anche lontane nel tempo, dimenticate dal paziente.
Ricordo lo shock quando, neolaureata, stavo frequentando il reparto di chirurgia. Dal pronto soccorso fu mandato d’urgenza in sala operatoria un uomo grande e robusto, sui sessant’anni, con un’emorragia gastrica massiva da aspirina. L’aveva presa dimenticandosi di avere avuto un’ulcera gastrica trent’anni prima. Fu fatta la gastrectomia, ma anche l’esofago cominciò a sanguinare massicciamente. Inutili l’intervento e le trasfusioni. L’uomo morì, per quell’unica aspirina. Grande attenzione quindi, all’autoprescrizione dei farmaci: può essere fatale.

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