«Migliaia di persone stressate, in crisi di nervi, iper-urbanizzate, hanno cominciato a capire che andare sulle montagne è tornare a casa. Che i boschi intatti sono una necessità dell’anima. Che i parchi sulle montagne e le riserve naturali non sono solo fonti di legname e di fiumi per irrigare. Sono le fonti della vita stessa», sostiene John Muir, naturalista scozzese.
Condivido, ancor di più dopo aver assaporato una splendida settimana a cavallo sui Carpazi, tra foreste dall’energia intensa e magnetica e vallate in fiore, tra colline vestite di boschi a perdita d’occhio e montagne in sequenze sfumate fino all’orizzonte, ciascuna con i suoi misteri. Senza vedere una casa e senza incontrare un turista per giorni interi. Solo pochi montanari locali, in qualche pendio più basso, con ripidi appezzamenti di terra, che ancora tagliano il fieno con la falce e lo raccolgono con rastrelli di legno, accumulandolo per l’inverno in piccoli fienili, con un duro lavoro di pura sopravvivenza. Con piccole case, una stalla di legno, due conigli, una mucca, tre pecore, un cavallo da tiro, e un piccolo frutteto con vecchi alberi di mele piccole e dolci. Che ti regalano contenti e gentili una manciata di prugne, raccolte per te, solo perché hai salutato con un sorriso. Intorno il profumo struggente d’erba tagliata, denso di essenze e di aromi, si diffonde nell’aria tersa, ti rapisce la mente e calma il cuore, come succedeva sulle nostre montagne, allora intatte, tanti anni fa. Profumo d’infanzia felice, quando si andava in montagna per funghi con papà, con i picnic stuzzicosi preparati dalla mamma, ed era sempre un’avventura e una gioia trovare il porcino più bello o il posto delle fragole piccole, dolci e profumate.
Come salvare boschi e monti dallo sfruttamento e dalla distruzione selvaggia, che ormai ha lasciato poche aree davvero intatte in Europa? Il mondo ha bisogno di idealisti-pragmatici, di sognatori con il raro talento della concretezza generosa, capace di trasformare una visione di bellezza naturale in un progetto che può cambiare la realtà. Barbara e Christoph Promberger, due tedeschi innamorati dei Carpazi, dieci anni fa hanno deciso di trasformare il loro amore per questa splendida terra di Romania in un progetto di conservazione e valorizzazione, prima che lo sfruttamento selvaggio dei boschi distrugga le ultime foreste vergini d’Europa. Il “Foundation Conservation Carpathia”, che sembrava il sogno di una notte di mezza estate, in pochi anni è riuscito a realizzare una grande area protetta sulle montagne Fagaras. Con duro lavoro, tra rischi e minacce perché corruzione e interessi privati dilagano, ha acquistato più di 21.000 ettari di foreste per la protezione di tutto l’ecosistema, dagli alberi agli animali che vi abitano, tra cui l’orso, i lupi, le linci. Ha ripristinato boschi in aree degradate dal disboscamento selvaggio, piantando più di un milione e mezzo di alberi dell’ecosistema originale, grazie al supporto di chi crede nel progetto. Protegge la vita selvatica e garantisce un’area di altri 36.000 ettari “hunting free”, con divieto di caccia.
Sì, la Romania è terra di estremi. Se si guardano i dati economici, il Paese è in fondo a quasi tutte le statistiche d’Europa, il che spiega anche la massiccia emigrazione verso occidente. Tuttavia, e questa è la parte stupenda della storia, se si guardano le statistiche riguardanti l’ambiente, la Romania si trova ai primi posti. Ha il primato della maggiore estensione di foreste vergini: sei milioni di ettari, con la più ampia popolazione di grandi carnivori, tra cui lupi e linci, la più alta biodiversità con oltre 3.700 specie diverse di piante, le più ampie distese di foreste non frammentate dell’intera Unione Europea (200.000 ettari) e più di 3.500 specie animali.
Finalmente anche il governo della Romania, dopo anni di disinteresse verso la distruzione del patrimonio di boschi in molte regioni, ha compreso l’importanza di un vero Parco nazionale, che protegga la grande ricchezza verde del Paese, e diventi in parallelo una risorsa di lavoro e di vita migliore per le comunità locali, anche attraverso un turismo nuovo, più rispettoso e consapevole. Con l’obiettivo di diventare il Paese più verde d’Europa, con un cuore attento e generoso. Diceva Albert Einstein: «Quello che facciamo per noi stessi muore con noi. Quello che facciamo per la natura, resta». Quando osservo gli orsi giocare liberi all’imbrunire, acquattata in silenzio nella piccola capanna nel bosco, benedico i sognatori che salvano i boschi e la vita.
Condivido, ancor di più dopo aver assaporato una splendida settimana a cavallo sui Carpazi, tra foreste dall’energia intensa e magnetica e vallate in fiore, tra colline vestite di boschi a perdita d’occhio e montagne in sequenze sfumate fino all’orizzonte, ciascuna con i suoi misteri. Senza vedere una casa e senza incontrare un turista per giorni interi. Solo pochi montanari locali, in qualche pendio più basso, con ripidi appezzamenti di terra, che ancora tagliano il fieno con la falce e lo raccolgono con rastrelli di legno, accumulandolo per l’inverno in piccoli fienili, con un duro lavoro di pura sopravvivenza. Con piccole case, una stalla di legno, due conigli, una mucca, tre pecore, un cavallo da tiro, e un piccolo frutteto con vecchi alberi di mele piccole e dolci. Che ti regalano contenti e gentili una manciata di prugne, raccolte per te, solo perché hai salutato con un sorriso. Intorno il profumo struggente d’erba tagliata, denso di essenze e di aromi, si diffonde nell’aria tersa, ti rapisce la mente e calma il cuore, come succedeva sulle nostre montagne, allora intatte, tanti anni fa. Profumo d’infanzia felice, quando si andava in montagna per funghi con papà, con i picnic stuzzicosi preparati dalla mamma, ed era sempre un’avventura e una gioia trovare il porcino più bello o il posto delle fragole piccole, dolci e profumate.
Come salvare boschi e monti dallo sfruttamento e dalla distruzione selvaggia, che ormai ha lasciato poche aree davvero intatte in Europa? Il mondo ha bisogno di idealisti-pragmatici, di sognatori con il raro talento della concretezza generosa, capace di trasformare una visione di bellezza naturale in un progetto che può cambiare la realtà. Barbara e Christoph Promberger, due tedeschi innamorati dei Carpazi, dieci anni fa hanno deciso di trasformare il loro amore per questa splendida terra di Romania in un progetto di conservazione e valorizzazione, prima che lo sfruttamento selvaggio dei boschi distrugga le ultime foreste vergini d’Europa. Il “Foundation Conservation Carpathia”, che sembrava il sogno di una notte di mezza estate, in pochi anni è riuscito a realizzare una grande area protetta sulle montagne Fagaras. Con duro lavoro, tra rischi e minacce perché corruzione e interessi privati dilagano, ha acquistato più di 21.000 ettari di foreste per la protezione di tutto l’ecosistema, dagli alberi agli animali che vi abitano, tra cui l’orso, i lupi, le linci. Ha ripristinato boschi in aree degradate dal disboscamento selvaggio, piantando più di un milione e mezzo di alberi dell’ecosistema originale, grazie al supporto di chi crede nel progetto. Protegge la vita selvatica e garantisce un’area di altri 36.000 ettari “hunting free”, con divieto di caccia.
Sì, la Romania è terra di estremi. Se si guardano i dati economici, il Paese è in fondo a quasi tutte le statistiche d’Europa, il che spiega anche la massiccia emigrazione verso occidente. Tuttavia, e questa è la parte stupenda della storia, se si guardano le statistiche riguardanti l’ambiente, la Romania si trova ai primi posti. Ha il primato della maggiore estensione di foreste vergini: sei milioni di ettari, con la più ampia popolazione di grandi carnivori, tra cui lupi e linci, la più alta biodiversità con oltre 3.700 specie diverse di piante, le più ampie distese di foreste non frammentate dell’intera Unione Europea (200.000 ettari) e più di 3.500 specie animali.
Finalmente anche il governo della Romania, dopo anni di disinteresse verso la distruzione del patrimonio di boschi in molte regioni, ha compreso l’importanza di un vero Parco nazionale, che protegga la grande ricchezza verde del Paese, e diventi in parallelo una risorsa di lavoro e di vita migliore per le comunità locali, anche attraverso un turismo nuovo, più rispettoso e consapevole. Con l’obiettivo di diventare il Paese più verde d’Europa, con un cuore attento e generoso. Diceva Albert Einstein: «Quello che facciamo per noi stessi muore con noi. Quello che facciamo per la natura, resta». Quando osservo gli orsi giocare liberi all’imbrunire, acquattata in silenzio nella piccola capanna nel bosco, benedico i sognatori che salvano i boschi e la vita.
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