La prima è l’età del “why”: perché? Va dalla nascita ai 5 anni, quando il bimbo esplora il mondo che lo circonda, chiedendosi tanti più “perché” quanto più è sveglio e quanti più adulti intelligenti, interattivi e empaticamente attenti ha vicino. La seconda è l’età del “why not”: perché no? E’ l’unica età veramente creativa dell’uomo, sosteneva De Bono (quando i bambini non erano ancora narcotizzati dall’overdose di telefonini), perché il piccolo continua a interrogarsi con gusto e gioia sulle possibili soluzioni alternative a qualsiasi difficoltà o sfida, piccola o grande, si trovi ad affrontare. Dai 10 anni poi, diceva, è l’inizio della fine, quando il bambino comincia a ripetere, imitando gli adulti, “because”: il perché asseverativo che spiega e ribadisce che «si è sempre fatto così».
Dal punto di vista cerebrale, le tre tipologie di atteggiamento mentale verso la realtà e se stessi corrispondono a stati anatomo-funzionali e mentali diversi, che ci possono stimolare a scegliere comportamenti e stili di pensiero potentemente anti-age. Immaginiamo il cervello del neonato (ma già del bimbo in utero) come un immenso paese, fatto di tante piccole e grandi città, ognuna con migliaia di casette: ciascuna è una cellula nervosa. La prima fase della vita è finalizzata ad andare ad abitare i più diversi quartieri della mente. Il quartiere motorio, che governa le azioni: evviva il gioco libero, gli sport, i piccoli bricolage o le costruzioni, il giocare con la sabbia o la terra, o il piantare insieme semi e bulbi, anche sui vasi del balcone, ora che è autunno. Il quartiere della parola e del pensiero: leggere a voce alta, raccontare fiabe, scrivere pensierini, conversare, disegnare. Il quartiere delle emozioni: fatto di stimoli affettuosi, di presenza, tenerezza, ascolto e amore, da parte degli adulti, ma anche di regole che aiutino a governare con serena fermezza la collera e la rabbia, a comprendere le emozioni negative per aiutarle ad abitare la mente in modo costruttivo, e non autodistruttivo. Il quartiere della musica, linguaggio potente del cuore, del corpo e dell’anima: bene il canto, il teatro, il gioco di ballo, l’iniziare uno strumento se il bimbo mostra una predilezione.
Ben connessi, i quartieri formano città cerebrali super-efficienti dove abitano i pensieri più creativi, ma anche i più felici. Perché, da millenni, lo sperimentarsi nel fare (non nel guardare!) è una delle sorgenti più fresche e sane della gioia di vivere. Ogni “perché?” accende di luce e vita nuove casette, le collega meglio, crea strade e autostrade dove le informazioni girano rapide. Si formano così percorsi tanto più vivaci, quanto più duttili a considerare possibilità inesplorate, aprendo orizzonti innovativi. Che perdita se questa meravigliosa potenzialità viene amputata dal passare ore e ore allo smartphone! Un bambino di due o più, a cui si dia il telefonino, odierna baby sitter, per giocare, smarrisce poco per volta la sua intelligenza. E’ un bambino a cui stiamo amputando importanti potenzialità, perché troppe aree della sua mente non verranno esplorate e abitate. Disabitate, le casette formate dalle cellule nervose vanno in rovina. Quel quartiere, quella città cerebrale imploderanno, e resteranno solo macerie, ombra di un cervello che avrebbe potuto essere magnifico, ma è stato avvelenato dall’incuria, dalla disattenzione, dalla narcosi digitale.
Se invece, dopo una prima età felice, curiosa di sé e della vita, il bambino esplora con altrettanto gusto il territorio del “perché no?”, il cervello fa un poderoso salto di qualità: ogni neurone, ogni centro nervoso ben abitato, si connette sempre meglio con gli altri, creando percorsi nuovi e sorprendenti. Ed è questo il miglior antidoto all’invecchiamento cerebrale, che comincia presto, quando ci si annoia. Da questa prospettiva, penso che dovremmo avere classi non solo inclusive per i meno dotati, ma anche capaci di selezionare e valorizzare i più dotati, unendoli e stimolandoli in modo adeguato, per non farli morire di noia. Un cervello-ferrari non può sempre stare al passo di un cervello-cinquecento: rischia di ingolfarsi e di spegnersi, a volte per sempre. E comunque non vive la misura che merita: anche questa è una pesante discriminazione, dei talenti e dei dotati.
Come strategia anti-age, è essenziale mantenere per sempre un po’ di quell’età mentale fra i 5 e i 10 anni: nella vita, nella professione, negli sport, negli hobby. Fare del “perché no?” la stella polare di ogni riflessione e di ogni scelta mantiene vive le città della mente, regala freschezza di pensiero, di spirito e di azioni, a dispetto dell’anagrafe. E’ la prima linfa del gusto di vivere, a ogni età.
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