“Dal dolore alla gioia di vivere: la grande sfida dopo un tumore”: questo il tema di un eccellente corso di formazione per medici e psicologi, e di uno stimolante incontro serale con le donne affette da tumori. Entrambi sono stati organizzati a Cagliari, sabato 30 aprile, dall’Associazione “Mai più sole contro il tumore ovarico”, grazie ad Alba Chiara Bergamini, presidente, e dalla psicoterapeuta Nadia Brusasca, in collaborazione con la Fondazione Graziottin per la cura del dolore nella donna onlus.
Quali i messaggi cardinali, utili per tutti noi? Antitutto, stress cronico e depressione sono cofattori primari nella genesi dei tumori, nella loro progressione, nella tendenza a recidivare aggressivi anche dopo ottime cure, perché causano l’attivazione persistente del sistema di allarme, con incremento di adrenalina e cortisolo, e dell’infiammazione patologica, il micro-incendio cronico che distrugge i tessuti e li predispone all’emergere e al moltiplicarsi di cellule tumorali. L’infiammazione che si estende al cervello causa ulteriore neuroinfiammazione e peggiora ansia e depressione, che vanno contrastati perché riducono la prognosi.
Se la donna scopre il tumore quando è giovane, lo choc della diagnosi si accompagna all’altra grave ferita: il non poter aver figli. I criteri per poterla preservare, salvando gli ovociti, o frammenti di ovaio, con crioconservazione includono: età inferiore ai 40 anni, buona prognosi, una futura gravidanza compatibile con la salute della donna, un alto rischio di infertilità e il fatto che la preservazione della fertilità comporti un basso rischio per la salute. L’ovaio deve avere una sufficiente riserva di ovociti di buona qualità da poter utilizzare con successo nella procreazione medico-assistita. Si valuta con due criteri obiettivi: il livello dell’ormone follicolostimolante, che promuove la maturazione dei follicoli e deve essere inferiore a 15 mUI/ml; e il livello di antigene anti-mulleriano (AMH), che indica la riserva ovarica e deve essere superiore a 0,5 ng/ml. Essenziale è non averla già ridotta a causa del fumo!
E’ necessario differenziare i protocolli, a seconda che la donna abbia un tumore ormono-dipendente, alla mammella o all’endometrio, o meno. Gli stili di vita sani sono la strada regia per potenziare gli effetti benefici delle terapie antitumorali, per ridurne gli effetti collaterali, per migliorare la sopravvivenza e ridurre i rischi di recidive. Una camminata quotidiana di almeno 45 minuti, veloce e mattutina, all’aria aperta, può abbassare l’infiammazione sistemica fino al 30%. Consente di ridurre lo stress e l’iperattivazione del sistema di allarme, perché scarica le tensioni negative nel modo più fisiologico e protettivo per la salute. Migliora i bioritmi e aumenta la grinta. Aumenta la produzione di endorfine, le molecole della gioia, di serotonina e di dopamina, che migliorano umore ed energia e alzano la soglia del dolore, riducendone quindi la percezione, perché agiscono da analgesici interni. L’attività aerobica migliora l’utilizzo periferico dell’insulina, riduce il rischio di diabete e obesità, potenti fattori che predispongono a infiammazione e tumori (oltre a ipertensione e infarto). Scegliere cibi più sani da assaporare come premio aiuta a migliorare l’efficacia alleata del nostro microbiota. Vitamina D e integratori ben scelti potenziano ulteriormente le difese.
Aprire con curiosità il cassetto dei sogni aiuta a ridare scopi nuovi ai propri giorni. Il gusto di realizzarli aumenta la motivazione a reagire. E diventa uno scudo condiviso ed efficace per sentirsi più forti e capaci di farcela. Mai più sole, ma insieme.
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