Luigi (Udine)
E' vero che i suicidi fra gli adolescenti sono in aumento?
Anche lo “Youth Suicide Prevention Program” (Washington State, USA) afferma che i casi di suicidio – dopo un’allarmante impennata registrata negli anni Settanta e Ottanta – sono da tempo in costante riduzione: e sottolinea come la percezione di un loro aumento sia in realtà determinata dal fatto che oggi se ne parla molto più che in passato. Ciò non toglie che, come ricorda il “Suicide Prevention Project”, del Virginia Department of Health (USA), milioni di persone tentino il suicidio ogni anno in tutto il mondo: numeri drammatici che non consentono alcuna banalizzazione del fenomeno e devono spingerci a sviluppare strategie preventive sempre più efficaci.
Che cosa spinge un giovane al suicidio?
Qual è il denominatore comune di questi fattori?
Da dove nasce questa ferita?
Certo, i cambiamenti economici e sociali in atto non aiutano a migliorare la situazione perché, da un lato, obbligano entrambi i genitori a lavorare per far quadrare il bilancio familiare e, dall’altro, diffondono un individualismo e una sostanziale mancanza di valori che fanno sentire – anzi, rendono obiettivamente – più soli, soprattutto nell’età dell’adolescenza. Le conseguenze sono poi rese a volte ancora più drammatiche dall’uso di alcol o droga, sostanze che in apparenza leniscono il “male di vivere” ma che, in realtà, indeboliscono ulteriormente la capacità di reazione alle avversità.
E' vero che certi adolescenti arrivano ad ammirare i coetanei che si suicidano?
E' possibile sventare il suicidio di un figlio o un amico in difficoltà?
Il fatto che qualcuno che ci è caro possa suicidarsi ci sembra impossibile, un’eventuale del tutto marginale e che si verifica solo nella vita di altri. Non solo: è un pensiero disturbante che eliminiamo quasi automaticamente prima che si affacci alla coscienza. In realtà è meglio tenere sempre vigili le “antenne” del cuore: perché non sappiamo quanto a fondo la disperazione possa colpire, quanto la sfiducia nel futuro possa destabilizzare anche persone fino a quel momento apparentemente serene.
Che cosa si può fare in concreto?
Perché la religione è così poco comprensiva sul tema del suicidio?
Ci troviamo quindi di fronte, molto più che in passato, a una severità sfumata dalla speranza: sono sempre più frequenti, per esempio, i casi in cui al suicida non viene più negato il funerale religioso. Ma l’apertura, per così dire, è ancora molto prudente e il testo del catechismo riflette un’evoluzione del pensiero canonico che in futuro potrebbe portare a definizioni più nettamente ispirate dalla misericordia. In questo senso, e da laica, io vado oltre, e credo che quella povera donna sia ora nella pace, nell’abbraccio del figlio e di quel Dio d’amore in cui ha creduto per tutta la vita.
E sul piano generale?
I centri di prevenzione: una risorsa preziosa in tutto il mondo
Una delle iniziative più importanti a livello extraeuropeo è lo “Youth Suicide Prevention Program”, con sede nello stato di Washington, USA, il cui sito è ricchissimo di indicazioni e consigli sulla prevenzione (www.yspp.org).
In Italia questi centri specializzati sono meno diffusi. Meritano di essere segnalati il Dipartimento di Salute Mentale di Pordenone (www.ass6.sanita.fvg.it) e il “Centro per lo studio e la prevenzione dei disturbi dell’umore e del suicidio”, gestito dal “Dipartimento di neuroscienze, salute mentale e organi di senso” (NESMOS) dell’Università La Sapienza di Roma (www.prevenireilsuicidio.it).