Donne acrobate? Sì, oggi più di ieri, la gestione di sé e del proprio tempo, della propria capacità di lavoro e di reddito ma anche della famiglia e della casa, tra aspirazioni personali e frigo da riempire, richiede un pragmatismo efficace e strategico. Ne parla un libro, “Acrobate” per l’appunto (Intermedia Editore, Brescia), in cui venti donne di fama e successo, ma anche realizzate senza notorietà, raccontano che cosa abbia significato per loro la sfida di affermarsi professionalmente cercando di conciliare affetti e ambizioni. Dietro lo scintillìo della ribalta, o comunque di posizioni professionali indiscutibilmente di livello, emergono sacrifici, conflitti, rinunce, anche pesanti, di cui la più importante è la maternità. D’altra parte, anche negli USA i due terzi delle donne “high-achievers”, che hanno raggiunto altissimi livelli professionali, sono senza figli. La metà dichiara di esserlo non per scelta, ma perché l’attesa del momento perfetto ha portato a rimandare fino a quando l’età e/o la mancanza di un partner motivato hanno imposto il loro prezzo doloroso di infertilità definitiva. Venti racconti-intervista, con riflessioni stimolanti e acute su che cosa abbiano rappresentato, per le donne italiane, cinquant’anni di pillola contraccettiva, quarant’anni dal ’68, trent’anni dalla legge 194 sull’interruzione di gravidanza. Venti storie in cui molte donne si ritroveranno. Anche perché, se molto è stato fatto, moltissimo resta da fare: in più, nell’emergenza attuale, molte donne hanno già capito che bisogna serrare i ranghi, e subito.
I dati americani ci dicono che la crisi occupazionale sul fonte finanziario, automobilistico e delle costruzioni sta colpendo molto di più i lavoratori maschi che non le donne, tradizionalmente più occupate in professioni “di supporto”, spesso statali e quindi più stabili: insegnanti, impiegate nel pubblico impiego, infermiere o medici. In effetti, l´82% dei posti persi finora negli USA riguarda i maschi e presto la maggioranza della manodopera sarà femminile. Al punto che è nettamente cresciuto, negli USA, il numero di famiglie in cui lui è licenziato e lei è diventata di necessità capofamiglia, unica fonte di reddito sicuro. E da noi? Le donne costituiscono il 70% della forza lavoro nei servizi (istruzione, sanità, assistenza sociale) e solo il 25% dell’industria: in tempi di grave crisi economica le italiane, che operano in settori per ora più garantiti, rappresentano spesso la sola garanzia di stipendio in famiglia. Questo anche se il precariato colpisce più le donne (il Italia il 19% dell'occupazione femminile, contro l’11% dei maschi) e queste, a parità di qualifica, guadagnano mediamente il 16% in meno.
Un’emergenza con crisi di nervi? No, non sembra proprio. Da millenni la maggioranza delle donne tira fuori il meglio di sé in tempi difficili. Che si tratti di malattia personale, di gravi problemi familiari, dalla malattia seria di un figlio o del marito, o di fattori sociali più generali, come l’attuale crisi economica, non c’è dubbio che nell’emergenza l’allenamento millenario ad affrontare le difficoltà con coraggio, determinazione e spirito di sacrificio porta moltissime donne a tirar fuori una grinta costruttiva, tenace ed efficace. Abbandonate velocemente tutte le piccole futilità, il cuore delle donne DOC torna a vibrare sui fondamentali, anche con un ritrovato gusto di sentirsi davvero preziose.
D’accordo, l’Italia ancora tiene grazie alla riduzione negli investimenti azionari iniziata nel 2000, che ha determinato una minore vulnerabilità degli italiani ai drastici cali del mercato; allo scarsissimo indebitamento privato, diversamente dagli americani che comprando (quasi) tutto a credito si trovano oggi con l’acqua alla gola; ad un tessuto sociale di piccole e medie imprese, di artigiani e agricoltori che riescono a far quadrare ancora i bilanci aziendali e familiari; ad un pragmatismo di gestione delle spese personali e familiari, su cui le donne hanno in genere la voce più autorevole, e che riesce a modulare con ragionevole saggezza la contrazione attuale del potere d’acquisto senza (ancora) far sentire alla famiglia il senso preoccupante della recessione in corso.
L’ultimo studio Censis conferma che al momento gli italiani sono ancora senza panico, grazie soprattutto al risparmio personale e alla più oculata gestione delle spese, su più fronti contemporaneamente: il 48,2% dichiara che taglierà drasticamente i viaggi, il 35% i pasti fuori casa, il 33,8% l’acquisto di un nuovo veicolo, e, nel 32,9%, di abbigliamento e calzature. Il 25% taglierà in modo netto i prodotti elettronici, il 19,3% gli articoli per la casa, ma anche (17,9%) il cinema e i libri (ahinoi). Il 16,1% rinuncerà anche a massaggi e cure estetiche. Naturalmente, dato lo spiccato gusto per la qualità della vita che contraddistingue gli italiani, che tipo di scelte faranno per mantenere la gioia di vivere migliore possibile? Ecco che le donne possono dare una gran mano: intanto riscoprendo l’ospitalità in casa, non più impegnativa come una volta, bensì leggera e condivisa. Ognuna porta qualcosa di fatto con le proprie mani e chi ospita prepara qualcosa in forno, perché si sa che il “profumo di casa” mette tutti subito di ottimo umore. E sono naturalmente benvenuti gli uomini amanti della cucina che vogliano contribuire a questa convivialità ritrovata, a basso costo e felicità magari pure maggiore. I figli crescono e ogni anno hanno bisogno di abiti nuovi? Il “vintage”, la riscoperta degli abiti usati, sta diventando la regola per tutto il vestiario dei bimbi, culle e carrozzine comprese. Con un po’ di colore e di talento è possibile rinnovare col “fai da te” camerette e lettini, a costo quasi zero. Grandissima attenzione alle spese, tagliando tutto l’inessenziale che ci era diventato necessario. Un Feng-shui degli acquisti che prelude ad una maggiore essenzialità nella vita e nella casa, dove magari, viaggiando meno, si trova il tempo di curare due fiori sul balcone e viaggiare con l’anima, leggendo un libro in più.
Maggiore sobrietà, frenata drastica sul consumismo, minore accumulo di detriti e di immondizia, minore spreco di oggetti ancora utilizzabili. Certo, questo va contro l’invito a comprare che sosterrebbe l’economia. E tuttavia, in questo mondo intossicato dallo spreco, una maggiore sobrietà dei consumi – unita a una riduzione reale delle tasse – potrebbe rivelarsi preziosa anche per il nostro equilibrio psichico. A orientare le scelte, le donne più solide: quelle che credono ancora al valore del lavoro e dell’impegno, al senso di responsabilità personale, all’impegno etico e alla solidarietà (quella vera e non di facciata). Che amano la loro famiglia e sanno che senza sacrifici e senza costanza non si va da nessuna parte. Che sanno tenere il vento della fiducia e del coraggio, che sanno lavorare sodo e scegliere il meglio per la famiglia, senza manifesti e senza ostentazioni. Tutte quelle donne silenziose e operose, base strutturale millenaria di questa nostra Italia, che in tempi recenti di veline e narcisismi, vivevano nell’ombra e sembravano addirittura essere perdenti. Donne acrobate della vita vera, donne silenziose e grandi, che da millenni ci aiutano a tenere il mare degli eventi avversi, quando i venti forti spaventano anche gli uomini gagliardi. Donne toste, che già si stanno preparando ad affrontare tempi più duri, con quell’intuizione della vita che sa, vichianamente, che da sempre le crisi succedono al benessere, con l’alternanza del respiro.
I dati americani ci dicono che la crisi occupazionale sul fonte finanziario, automobilistico e delle costruzioni sta colpendo molto di più i lavoratori maschi che non le donne, tradizionalmente più occupate in professioni “di supporto”, spesso statali e quindi più stabili: insegnanti, impiegate nel pubblico impiego, infermiere o medici. In effetti, l´82% dei posti persi finora negli USA riguarda i maschi e presto la maggioranza della manodopera sarà femminile. Al punto che è nettamente cresciuto, negli USA, il numero di famiglie in cui lui è licenziato e lei è diventata di necessità capofamiglia, unica fonte di reddito sicuro. E da noi? Le donne costituiscono il 70% della forza lavoro nei servizi (istruzione, sanità, assistenza sociale) e solo il 25% dell’industria: in tempi di grave crisi economica le italiane, che operano in settori per ora più garantiti, rappresentano spesso la sola garanzia di stipendio in famiglia. Questo anche se il precariato colpisce più le donne (il Italia il 19% dell'occupazione femminile, contro l’11% dei maschi) e queste, a parità di qualifica, guadagnano mediamente il 16% in meno.
Un’emergenza con crisi di nervi? No, non sembra proprio. Da millenni la maggioranza delle donne tira fuori il meglio di sé in tempi difficili. Che si tratti di malattia personale, di gravi problemi familiari, dalla malattia seria di un figlio o del marito, o di fattori sociali più generali, come l’attuale crisi economica, non c’è dubbio che nell’emergenza l’allenamento millenario ad affrontare le difficoltà con coraggio, determinazione e spirito di sacrificio porta moltissime donne a tirar fuori una grinta costruttiva, tenace ed efficace. Abbandonate velocemente tutte le piccole futilità, il cuore delle donne DOC torna a vibrare sui fondamentali, anche con un ritrovato gusto di sentirsi davvero preziose.
D’accordo, l’Italia ancora tiene grazie alla riduzione negli investimenti azionari iniziata nel 2000, che ha determinato una minore vulnerabilità degli italiani ai drastici cali del mercato; allo scarsissimo indebitamento privato, diversamente dagli americani che comprando (quasi) tutto a credito si trovano oggi con l’acqua alla gola; ad un tessuto sociale di piccole e medie imprese, di artigiani e agricoltori che riescono a far quadrare ancora i bilanci aziendali e familiari; ad un pragmatismo di gestione delle spese personali e familiari, su cui le donne hanno in genere la voce più autorevole, e che riesce a modulare con ragionevole saggezza la contrazione attuale del potere d’acquisto senza (ancora) far sentire alla famiglia il senso preoccupante della recessione in corso.
L’ultimo studio Censis conferma che al momento gli italiani sono ancora senza panico, grazie soprattutto al risparmio personale e alla più oculata gestione delle spese, su più fronti contemporaneamente: il 48,2% dichiara che taglierà drasticamente i viaggi, il 35% i pasti fuori casa, il 33,8% l’acquisto di un nuovo veicolo, e, nel 32,9%, di abbigliamento e calzature. Il 25% taglierà in modo netto i prodotti elettronici, il 19,3% gli articoli per la casa, ma anche (17,9%) il cinema e i libri (ahinoi). Il 16,1% rinuncerà anche a massaggi e cure estetiche. Naturalmente, dato lo spiccato gusto per la qualità della vita che contraddistingue gli italiani, che tipo di scelte faranno per mantenere la gioia di vivere migliore possibile? Ecco che le donne possono dare una gran mano: intanto riscoprendo l’ospitalità in casa, non più impegnativa come una volta, bensì leggera e condivisa. Ognuna porta qualcosa di fatto con le proprie mani e chi ospita prepara qualcosa in forno, perché si sa che il “profumo di casa” mette tutti subito di ottimo umore. E sono naturalmente benvenuti gli uomini amanti della cucina che vogliano contribuire a questa convivialità ritrovata, a basso costo e felicità magari pure maggiore. I figli crescono e ogni anno hanno bisogno di abiti nuovi? Il “vintage”, la riscoperta degli abiti usati, sta diventando la regola per tutto il vestiario dei bimbi, culle e carrozzine comprese. Con un po’ di colore e di talento è possibile rinnovare col “fai da te” camerette e lettini, a costo quasi zero. Grandissima attenzione alle spese, tagliando tutto l’inessenziale che ci era diventato necessario. Un Feng-shui degli acquisti che prelude ad una maggiore essenzialità nella vita e nella casa, dove magari, viaggiando meno, si trova il tempo di curare due fiori sul balcone e viaggiare con l’anima, leggendo un libro in più.
Maggiore sobrietà, frenata drastica sul consumismo, minore accumulo di detriti e di immondizia, minore spreco di oggetti ancora utilizzabili. Certo, questo va contro l’invito a comprare che sosterrebbe l’economia. E tuttavia, in questo mondo intossicato dallo spreco, una maggiore sobrietà dei consumi – unita a una riduzione reale delle tasse – potrebbe rivelarsi preziosa anche per il nostro equilibrio psichico. A orientare le scelte, le donne più solide: quelle che credono ancora al valore del lavoro e dell’impegno, al senso di responsabilità personale, all’impegno etico e alla solidarietà (quella vera e non di facciata). Che amano la loro famiglia e sanno che senza sacrifici e senza costanza non si va da nessuna parte. Che sanno tenere il vento della fiducia e del coraggio, che sanno lavorare sodo e scegliere il meglio per la famiglia, senza manifesti e senza ostentazioni. Tutte quelle donne silenziose e operose, base strutturale millenaria di questa nostra Italia, che in tempi recenti di veline e narcisismi, vivevano nell’ombra e sembravano addirittura essere perdenti. Donne acrobate della vita vera, donne silenziose e grandi, che da millenni ci aiutano a tenere il mare degli eventi avversi, quando i venti forti spaventano anche gli uomini gagliardi. Donne toste, che già si stanno preparando ad affrontare tempi più duri, con quell’intuizione della vita che sa, vichianamente, che da sempre le crisi succedono al benessere, con l’alternanza del respiro.
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