Si torna ai fondamentali: dopo anni di elogio dei single, o, al più, di due capanne e un cuore (ognuno a casa sua, meno stress e più libertà), ecco che molteplici studi evidenziano la bontà del matrimonio (o di una convivenza stabile) per gustarsi una migliore salute, a tutte le età ma soprattutto dopo i cinquant’anni.
Dai “sapientum templa serena”, dai templi sereni dei sapienti, come diceva Lucrezio nel “De Rerum Natura”, emergono dati molto confortanti a favore della stabilità affettiva. Il buon senso, peraltro, lo aveva già compreso da sé che la solitudine, al di là delle dichiarazione orgogliose e bellicose, può portare un mare di guai, anche per la salute, se non è alleviata almeno da un’ottima rete di affetti extradomestici, amicali e familiari, arte in cui le donne hanno molta più capacità degli uomini. Tuttavia, in tempi in cui senza evidenza scientifica non si possono più fare affermazioni degne di ascolto, ecco che questa mole di dati favorevoli merita di essere analizzata, compresa e condivisa.
In sintesi, la vita matrimoniale (almeno serena, si capisce) riduce il rischio di malattie mentali, in particolare di depressione e Alzheimer, ridotto del 50%. Riduce il rischio di malattie dismetaboliche: diabete, ipertensione, dislipidemie, o comunque ne aiuta un miglior controllo, anche farmacologico, con progressione di malattia più lenta, migliore qualità di vita e maggiore longevità: cinque anni in più per lei e ben dieci in più per lui, se sposati, rispetto ai single (che il maschio guadagni in salute dal matrimonio è cosa nota, ma addirittura il doppio di lei, questo non era ancora emerso così chiaramente!). Miglior controllo pressorio, miglior sistema cardiovascolare, significa anche meno infarti e ictus, che comunque compaiono più tardivamente rispetto ai single. Per lui, soprattutto se mantiene una discreta vita sessuale coniugale, anche meno tumori alla prostata. E, per entrambi, maggiore competenza immunitaria, meno malattie infiammatorie e minore suscettibilità alle infezioni virali, anche banali, come le influenze stagionali.
Ci sono denominatori comuni, in un buon matrimonio, che possano spiegare effetti positivi così apparentemente diversi per la salute? Certamente. Il primo riguarda gli stili di vita. In un matrimonio decente i ritmi quotidiani sono scanditi in modo molto più regolare che nella vita dei single. Colazione, pranzo o, almeno, la cena sono condivisi e, in genere, preparati con discreta cura. La qualità dei cibi, soprattutto in Italia, è molto valorizzata (e infatti siamo uno dei Paesi più longevi del mondo, insieme al Giappone). Frutta, verdura, legumi, cereali e carboidrati sono più presenti in un pasto domestico familiare che non nei pasti da single (basti guardare i carrelli della spesa dei single verso gli sposati). Questo si traduce in minor livello medio di colesterolo, miglior profilo glicemico, minori rischi dismetabolici, anche se su questo fronte possiamo tutti migliorare ancora molto, con minori rischi non solo cardiovascolari ma anche cerebrali. La demenza, infatti, riconosce l’accumulo di una sostanza tossica come l’amiloide (che causa la vera demenza di Alzheimer) nel 50% dei casi. Nei rimanenti, la causa principale di demenza è aterosclerotica, ossia vascolare: ecco perché migliorare gli indici vascolari può ridurre quella parte delle malattie neurodegenerative più legata agli stili di vita che non alla genetica. Il sonno, questo grande custode della salute, è più regolare, per quantità di ore e per qualità, nelle coppie stabili. Gli sposati, rispetto ai single, sono meno vulnerabili all’abuso di alcool, droghe e fumo. Sono mediamente più sereni, meno depressi e, di conseguenza, hanno meno bisogno di “compensare” le loro frustrazioni e solitudini con l’assunzione di sostanze variamente psicoattive. Anche se il matrimonio non è proprio fantastico, la famiglia può essere un grande centro di affetti grazie ai figli, al legame con le famiglie di origine, alle maggiori occasioni di feste condivise. Nelle difficoltà e nelle malattie, la famiglia ha più probabilità di fare quadrato e di sostenere affettivamente il malato, da cui invece (quasi) tutti fuggono se è single. Verità triste e terribile. Sul fronte oncologico, il dato più chiaro riguarda la minore incidenza di cancro alla prostata, come si diceva, negli sposati rispetto ai single: una delle ipotesi è che una vita sessuale regolare, consentendo una più costante eliminazione delle secrezioni prostatiche, favorisca anche l’eliminazione di possibili cancerogeni. In parallelo il miglior stato affettivo ottimizzerebbe anche la qualità della risposta immunitaria, essenziale in ogni tipo di tumore per rallentare progressione e rischio di recidive.
Sul fronte affettivo, la convivenza serena appaga il bisogno più fondamentale: quello di attaccamento affettivo, di amare e di sentirci amati. Anche senza dichiarazioni d’amore sperticate, ci fanno stare meglio il profumo di casa, gli odori e i sapori condivisi, le voci care. Ci confortano le luci accese quando si torna a casa, la sera, soprattutto d’inverno, quando è più forte il bisogno di tana, le piccole e grandi conversazioni, sui figli, gli amici o i vicini. Ci fa stare meglio una cena seduti, insieme, invece che in piedi, al volo, sbocconcellando cose prese a caso dal frigo, come fanno molti single. Ci fa stare meglio il dormire insieme a qualcuno, soprattutto se l’affetto sereno rende cara la buonanotte, il respiro dell’altro nel buio, il calore della pelle, della sua presenza, che fa calare ogni tensione, ancor meglio se si fa l’amore di gusto e soddisfatti. Per la salute, più che i furori della passione (che non a caso, nell’etimo, ricorda il patire), conta la certezza degli affetti, grande stabilizzatrice di tutti i bioritmi che regolano i pilastri fondamentali della nostra salute, fisica e mentale. In tempi come questi, in cui le Borse tremano, l’incertezza economica aumenta, il rischio di licenziamento diventa concreto, la solitudine dei single può diventare ancora più dolorosa e pericolosa per la salute: non a caso sono già aumentati le depressioni e il rischio di suicidio, soprattutto, per il momento, nelle città americane più colpite dalle crisi delle grandi banche.
E allora? Dopo anni di separazioni al primo litigio e alla prima difficoltà, è il caso di ripensare seriamente alla propria vita. Prima di sposarsi (“è proprio la persona giusta per me?”) ,ma anche prima di separarsi (“abbiamo fatto davvero tutto per valorizzare il buono che c’era quando ci siamo innamorati?”), soprattutto se ci sono figli piccoli.
Dalla crisi incombente ci viene una lezione di pragmatismo, di concretezza, che invita a una maggiore assunzione di responsabilità verso la propria vita. Finito il tempo delle cicale, in un periodo che sarà comunque difficile per tutti, ricompattarci intorno al cuore degli affetti ci aiuterà ad essere un po’ più sani, forse più sereni, e certo più capaci di speranza, dentro e fuori casa.
Dai “sapientum templa serena”, dai templi sereni dei sapienti, come diceva Lucrezio nel “De Rerum Natura”, emergono dati molto confortanti a favore della stabilità affettiva. Il buon senso, peraltro, lo aveva già compreso da sé che la solitudine, al di là delle dichiarazione orgogliose e bellicose, può portare un mare di guai, anche per la salute, se non è alleviata almeno da un’ottima rete di affetti extradomestici, amicali e familiari, arte in cui le donne hanno molta più capacità degli uomini. Tuttavia, in tempi in cui senza evidenza scientifica non si possono più fare affermazioni degne di ascolto, ecco che questa mole di dati favorevoli merita di essere analizzata, compresa e condivisa.
In sintesi, la vita matrimoniale (almeno serena, si capisce) riduce il rischio di malattie mentali, in particolare di depressione e Alzheimer, ridotto del 50%. Riduce il rischio di malattie dismetaboliche: diabete, ipertensione, dislipidemie, o comunque ne aiuta un miglior controllo, anche farmacologico, con progressione di malattia più lenta, migliore qualità di vita e maggiore longevità: cinque anni in più per lei e ben dieci in più per lui, se sposati, rispetto ai single (che il maschio guadagni in salute dal matrimonio è cosa nota, ma addirittura il doppio di lei, questo non era ancora emerso così chiaramente!). Miglior controllo pressorio, miglior sistema cardiovascolare, significa anche meno infarti e ictus, che comunque compaiono più tardivamente rispetto ai single. Per lui, soprattutto se mantiene una discreta vita sessuale coniugale, anche meno tumori alla prostata. E, per entrambi, maggiore competenza immunitaria, meno malattie infiammatorie e minore suscettibilità alle infezioni virali, anche banali, come le influenze stagionali.
Ci sono denominatori comuni, in un buon matrimonio, che possano spiegare effetti positivi così apparentemente diversi per la salute? Certamente. Il primo riguarda gli stili di vita. In un matrimonio decente i ritmi quotidiani sono scanditi in modo molto più regolare che nella vita dei single. Colazione, pranzo o, almeno, la cena sono condivisi e, in genere, preparati con discreta cura. La qualità dei cibi, soprattutto in Italia, è molto valorizzata (e infatti siamo uno dei Paesi più longevi del mondo, insieme al Giappone). Frutta, verdura, legumi, cereali e carboidrati sono più presenti in un pasto domestico familiare che non nei pasti da single (basti guardare i carrelli della spesa dei single verso gli sposati). Questo si traduce in minor livello medio di colesterolo, miglior profilo glicemico, minori rischi dismetabolici, anche se su questo fronte possiamo tutti migliorare ancora molto, con minori rischi non solo cardiovascolari ma anche cerebrali. La demenza, infatti, riconosce l’accumulo di una sostanza tossica come l’amiloide (che causa la vera demenza di Alzheimer) nel 50% dei casi. Nei rimanenti, la causa principale di demenza è aterosclerotica, ossia vascolare: ecco perché migliorare gli indici vascolari può ridurre quella parte delle malattie neurodegenerative più legata agli stili di vita che non alla genetica. Il sonno, questo grande custode della salute, è più regolare, per quantità di ore e per qualità, nelle coppie stabili. Gli sposati, rispetto ai single, sono meno vulnerabili all’abuso di alcool, droghe e fumo. Sono mediamente più sereni, meno depressi e, di conseguenza, hanno meno bisogno di “compensare” le loro frustrazioni e solitudini con l’assunzione di sostanze variamente psicoattive. Anche se il matrimonio non è proprio fantastico, la famiglia può essere un grande centro di affetti grazie ai figli, al legame con le famiglie di origine, alle maggiori occasioni di feste condivise. Nelle difficoltà e nelle malattie, la famiglia ha più probabilità di fare quadrato e di sostenere affettivamente il malato, da cui invece (quasi) tutti fuggono se è single. Verità triste e terribile. Sul fronte oncologico, il dato più chiaro riguarda la minore incidenza di cancro alla prostata, come si diceva, negli sposati rispetto ai single: una delle ipotesi è che una vita sessuale regolare, consentendo una più costante eliminazione delle secrezioni prostatiche, favorisca anche l’eliminazione di possibili cancerogeni. In parallelo il miglior stato affettivo ottimizzerebbe anche la qualità della risposta immunitaria, essenziale in ogni tipo di tumore per rallentare progressione e rischio di recidive.
Sul fronte affettivo, la convivenza serena appaga il bisogno più fondamentale: quello di attaccamento affettivo, di amare e di sentirci amati. Anche senza dichiarazioni d’amore sperticate, ci fanno stare meglio il profumo di casa, gli odori e i sapori condivisi, le voci care. Ci confortano le luci accese quando si torna a casa, la sera, soprattutto d’inverno, quando è più forte il bisogno di tana, le piccole e grandi conversazioni, sui figli, gli amici o i vicini. Ci fa stare meglio una cena seduti, insieme, invece che in piedi, al volo, sbocconcellando cose prese a caso dal frigo, come fanno molti single. Ci fa stare meglio il dormire insieme a qualcuno, soprattutto se l’affetto sereno rende cara la buonanotte, il respiro dell’altro nel buio, il calore della pelle, della sua presenza, che fa calare ogni tensione, ancor meglio se si fa l’amore di gusto e soddisfatti. Per la salute, più che i furori della passione (che non a caso, nell’etimo, ricorda il patire), conta la certezza degli affetti, grande stabilizzatrice di tutti i bioritmi che regolano i pilastri fondamentali della nostra salute, fisica e mentale. In tempi come questi, in cui le Borse tremano, l’incertezza economica aumenta, il rischio di licenziamento diventa concreto, la solitudine dei single può diventare ancora più dolorosa e pericolosa per la salute: non a caso sono già aumentati le depressioni e il rischio di suicidio, soprattutto, per il momento, nelle città americane più colpite dalle crisi delle grandi banche.
E allora? Dopo anni di separazioni al primo litigio e alla prima difficoltà, è il caso di ripensare seriamente alla propria vita. Prima di sposarsi (“è proprio la persona giusta per me?”) ,ma anche prima di separarsi (“abbiamo fatto davvero tutto per valorizzare il buono che c’era quando ci siamo innamorati?”), soprattutto se ci sono figli piccoli.
Dalla crisi incombente ci viene una lezione di pragmatismo, di concretezza, che invita a una maggiore assunzione di responsabilità verso la propria vita. Finito il tempo delle cicale, in un periodo che sarà comunque difficile per tutti, ricompattarci intorno al cuore degli affetti ci aiuterà ad essere un po’ più sani, forse più sereni, e certo più capaci di speranza, dentro e fuori casa.