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Elogio delle antiche virtù perdute

22/08/2005

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

L’alta montagna ispira. In effetti, passeggiando con passo di farfalla su alti sentieri sotto il possente Cervino, qualche suggestione è arrivata. Leggera come le nuvole che danzano nel sole con la cima di questo monte, così misteriosamente e splendidamente maschio. Forse l’ha portata il vento, a folate dolci e capricciose: “Che cos’hanno perduto le nostre donne, oggi? Lo sai, tu?”.
Curioso, questo vento. Impercettibilmente, camminando su sentieri di impervia poesia, la mente comincia a giocare con immagini di donne, di ieri e di oggi, e ricordi. E allora, ci sono qualità smarrite, di cui si sente un po’ di nostalgia, e che potremmo ritrovare? E che, contrariamente al comune sentire, non sono affatto incompatibili con la vita contemporanea, né con la felicità, anzi?
Sì, ci sono, eccome. E allora perché non condividere, con estiva lievità, un elogio delle qualità perdute? La grazia: ecco la prima deliziosa virtù antica che oggi, tra le donne, sembra smarrita. O comunque in caduta libera nell’ordine dei valori. Virtù che declino in senso laico, anche se vi possono essere sovrapposizioni con una prospettiva  religiosa.
Che cos’è la grazia, in una donna? Mi sembra sia l’epifania, la manifestazione visibile, di una profonda gentilezza d’animo, che include sensibilità, delicatezza, capacità di empatia, ossia di immedesimarsi col cuore nei sentimenti degli altri, ed educazione.
E come si esprime, esattamente, questo tratto antico? Lo si può riconoscere facilmente, quando c’è. E’ un modo armonioso di muoversi, di abitare lo spazio, di sorridere, di commentare appena con le mani un’emozione o l’affacciarsi di un pensiero. E’ una voce musicale, morbida ed educata, che accarezza i pensieri e le parole, e trasmette un’emozione dolce, anche quando esprime un dissenso, e perfino quando rimprovera. E’ uno sguardo capace di osservare accogliendo, capace di riconoscere profondamente, senza far sentire giudicati. E’ un saper essere eleganti con semplicità, e sensuali in modo sussurrato.
Presente ancora in molte bambine, naturalmente aggraziate, questo tratto fondante della femminilità tende a scomparire alla pubertà. Che cosa uccide la grazia, alle soglie dell’adolescenza? Che cosa la fa ritenere anacronistica, inopportuna, obsoleta, o addirittura un disvalore, che smussa o incrina l’aggressività ritenuta oggi essenziale, anche nelle donne?
Forse alcune considerazioni che la fanno a torto percepire come un tratto da perdenti. Per esempio, il ritenere che la grazia implichi debolezza. In realtà è sorella gemella della forza interiore, cui dà voce. Anche se può succedere che la gentilezza d’animo possa essere temporaneamente disturbata dalla protervia aggressiva così celebrata oggi. Oppure il temere che la grazia comporti una minore capacità di essere assertivi, nel senso di saper imporre il proprio punto di vista. Al contrario: la ragione parla, il torto urla. In effetti, la grazia può essere ben coniugata con la forza d’animo e il coraggio: un’educazione adeguata può aiutare la bambina e la giovane donna a coltivare la propria forza, e a saperla abitare così bene, da potersi permettere il lusso della gentilezza di tratto e della grazia di comportamento. Con incredibile – e sfortunatamente poco usata – efficacia comunicativa e persuasiva, annoto per inciso. Conosco giovani donne che hanno avuto la fortuna di un’educazione di qualità, che ha valorizzato una grazia indubbiamente innata, e che oggi sono non solo professioniste di notevolissimo successo, ma anche donne di straordinaria piacevolezza, anche in ambito amicale e familiare, oltre che lavorativo. E mi danno una gioia singolare e profonda, a tutte le età, le donne che hanno grazia nell’esprimersi. Infine, la grazia uccide l’erotismo? No, una donna può essere dolcemente riservata nell’atteggiamento esteriore – “retenue”, come dicono i francesi con termine delizioso – e appassionata nell’intimità, con un senso oggi perduto di esclusività e dedizione.
E allora perché tra le donne, specie giovani, imperano la volgarità, l’aggressività, l’esibizione di una sessualità sfacciata, sfrenata e strumentale, il tono alto, la voce sferzante, lo sguardo diretto e penetrante, la parola graffiante, l’atteggiamento corporeo provocante e perfino violento? Siamo sicuri che questo modello di femminilità “vincente” sia davvero tale? Attenzione: è un vincente effimero. Proprio i “tempi” dei media dimostrano quanto questi “modelli” emergano e scompaiano nello spazio di giorni o mesi. Non marginale, questo modello gridato – così proposto dai media – aiuta le donne a essere più felici?  O le rende solo più scaltre, avide, dirette nell’ottenere ciò che sembra essenziale al “successo”, quale che sia? E gli uomini, le amano davvero? O in questo crescendo di violenza espressiva e comunicativa, è aumentata solo la solitudine, quella vera e dolorosa, quella profonda, dell’anima?
Certo, ci vuole coraggio oggi, ad educare una figlia con grazia, trasmettendole il senso di questo profumo antico di femminilità gentile e morbida. Coraggio, perché è come far crescere una bimba con i capelli verdi. Eppure, se insieme alla grazia coltiveremo la sua forza e la sua capacità di fiducia in sé e nella propria appassionante e misurata differenza, questa bambina potrà assaporare una delle possibilità di gioia più profonde e intime cui si possa attingere, in tutto l’arco della vita: l’essere stupendamente donna.

Educazione Riflessioni di vita Virtù

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