Perché su Eluana Englaro si è scatenato questo furore, emotivo prima che ideologico, che ha spaccato in due il Paese? Non solo per il tema essenziale, il diritto o meno all’autodeterminazione a sospendere le cure in fase terminale. Ma per una ragione più profonda, che è stata poco analizzata.
Per mesi e mesi, su giornali, Internet e TV ci sono state proposte ogni giorno, in martellante sequenza, migliaia di foto di Eluana giovane, com’era 17 anni fa o più. Sorridente, intensa, l’immagine della gioia di vivere vestita da donna. Quell’immagine è entrata profondamente nel cuore di tutti, nell’immaginario collettivo, come paradigma della vita stessa e del suo diritto a continuare in eterno. Ed erano e sono state quelle immagini suggestive, piene di energia, a catalizzare e potenziare in gran parte della popolazione una sorta di adesione emozionale viscerale al concetto di diritto alla vita.
Purtroppo quelle immagini così dense di energia vitale sono tutte tragicamente anacronistiche. Peggio, e purtroppo, sono e sono state del tutto fuorvianti, dal punto di vista della discussione sul diritto alla sospensione della nutrizione con il sondino. Sono e sono state tragicamente ingannevoli, perché in nulla corrispondevano alla verità della condizione di Eluana negli ultimi 17 anni. Quelle foto magnifiche hanno catalizzato emozioni intense di speranza, di solidarietà, di voglia di vedere continuare quel sogno di vita intensa che vibrava sul suo volto prima dell’incidente. Purtroppo la realtà era tutt’altra. E se le foto diffuse fossero state quelle vere, quelle attuali, molto del clamore si sarebbe spento in un silenzio imbarazzato, dolente, partecipe, certo più riflessivo e più pacato.
In quelle foto avremmo visto la devastazione di 17 anni di immobilità, anche se seguita con le cure più amorevoli. Avremmo visto l’assoluta irreversibilità umana di una condizione biologica già da tempo arrivata al capolinea, altro che possibilità di gravidanze! Avremmo visto l’accanirsi impietoso del tempo su un corpo immobile da anni, l’atrofia estrema dei muscoli, la rigidità delle articolazioni, il corpo consunto fino ad essere l’ombra di se stesso, la pelle sottile, il volto scavato con gli occhi infossati, il respiro affannoso per le frequenti bronchiti “ab ingestis”, quando quantità anche minime di saliva finiscono nel polmone: Eluana non era nemmeno in grado di deglutire la sua stessa saliva. Avremmo visto che quella vita che tanto ci colpiva nelle foto pre-incidente l’aveva già abbandonata da anni. Che della vita le era rimasta solo un’eco lontana, senza coscienza, senza emozioni, forse solo con lievi movimenti riflessi. Non era una Bella addormentata, in attesa di essere risvegliata da un ultimo ritrovato farmacologico, come le foto, in buona fede, facevano credere. Era un corpo ombra, trattenuto a forza in una finzione di vita, quando avrebbe da tempo voluto riposare in pace.
Il signor Englaro ha detto che sua figlia non avrebbe mai voluto essere vista in queste condizioni. E per questo non ha mai autorizzato la diffusione di foto attuali. Rispetto profondamente quest’uomo coraggioso, per la battaglia civile che ha condotto in questi anni, e gli sono vicina nel dolore e nello strazio titanico che ha affrontato e che sopporta ogni giorno, con compostezza rara. E tuttavia la discussione sul tema centrale della sospensione delle cure sarebbe stata più essenziale, e meno emotivamente distorta, meno suggestionata, se fosse stata condotta senza foto. Se, per rispetto al desiderio della figlia, non dovevano girare foto vere, coerenti con la devastata condizione finale, mi sembra non avrebbero dovuto girare nemmeno le altre. Il silenzio “visivo” sarebbe stato più appropriato per una discussione di merito, più pacata e attenta alla verità della situazione in esame.
Certo, dal punto di vista mediatico, l’immagine è tutto e una ragazza così straordinariamente vitale ha una potenza comunicativa e catalizzatrice immensa, come si è visto dal seguito che la sua storia drammatica ha scatenato. Ma un’immagine che illude su una vita in realtà già perduta da 17 anni è davvero ingannevole e fuorviante. E può contribuire, perfino dopo la morte di Eluana, a questo accanimento violento fino alla denuncia per omicidio nei confronti del padre stesso, dei medici e delle infermiere che l’hanno accompagnata con dolcezza e dedizione, e in punta di piedi, negli ultimi giorni.
La foto ravviva la memoria, certo, ma distorce le emozioni e la nostra capacità di giudizio, spaventosamente. Soprattutto quando un’immagine incarna potente il nostro sogno di vita, e la nostra illusione di poterla conservare per sempre nella sua giovinezza e pienezza, oltre ogni evidenza biologica e medica, e oltre ogni umana possibilità.
Per un approfondimento spirituale del tema, consigliamo la lettura di:
Bioetica e scontro politico: i giorni cattivi del caso Englaro (Enzo Bianchi) - Fondazione Alessandra Graziottin
Per mesi e mesi, su giornali, Internet e TV ci sono state proposte ogni giorno, in martellante sequenza, migliaia di foto di Eluana giovane, com’era 17 anni fa o più. Sorridente, intensa, l’immagine della gioia di vivere vestita da donna. Quell’immagine è entrata profondamente nel cuore di tutti, nell’immaginario collettivo, come paradigma della vita stessa e del suo diritto a continuare in eterno. Ed erano e sono state quelle immagini suggestive, piene di energia, a catalizzare e potenziare in gran parte della popolazione una sorta di adesione emozionale viscerale al concetto di diritto alla vita.
Purtroppo quelle immagini così dense di energia vitale sono tutte tragicamente anacronistiche. Peggio, e purtroppo, sono e sono state del tutto fuorvianti, dal punto di vista della discussione sul diritto alla sospensione della nutrizione con il sondino. Sono e sono state tragicamente ingannevoli, perché in nulla corrispondevano alla verità della condizione di Eluana negli ultimi 17 anni. Quelle foto magnifiche hanno catalizzato emozioni intense di speranza, di solidarietà, di voglia di vedere continuare quel sogno di vita intensa che vibrava sul suo volto prima dell’incidente. Purtroppo la realtà era tutt’altra. E se le foto diffuse fossero state quelle vere, quelle attuali, molto del clamore si sarebbe spento in un silenzio imbarazzato, dolente, partecipe, certo più riflessivo e più pacato.
In quelle foto avremmo visto la devastazione di 17 anni di immobilità, anche se seguita con le cure più amorevoli. Avremmo visto l’assoluta irreversibilità umana di una condizione biologica già da tempo arrivata al capolinea, altro che possibilità di gravidanze! Avremmo visto l’accanirsi impietoso del tempo su un corpo immobile da anni, l’atrofia estrema dei muscoli, la rigidità delle articolazioni, il corpo consunto fino ad essere l’ombra di se stesso, la pelle sottile, il volto scavato con gli occhi infossati, il respiro affannoso per le frequenti bronchiti “ab ingestis”, quando quantità anche minime di saliva finiscono nel polmone: Eluana non era nemmeno in grado di deglutire la sua stessa saliva. Avremmo visto che quella vita che tanto ci colpiva nelle foto pre-incidente l’aveva già abbandonata da anni. Che della vita le era rimasta solo un’eco lontana, senza coscienza, senza emozioni, forse solo con lievi movimenti riflessi. Non era una Bella addormentata, in attesa di essere risvegliata da un ultimo ritrovato farmacologico, come le foto, in buona fede, facevano credere. Era un corpo ombra, trattenuto a forza in una finzione di vita, quando avrebbe da tempo voluto riposare in pace.
Il signor Englaro ha detto che sua figlia non avrebbe mai voluto essere vista in queste condizioni. E per questo non ha mai autorizzato la diffusione di foto attuali. Rispetto profondamente quest’uomo coraggioso, per la battaglia civile che ha condotto in questi anni, e gli sono vicina nel dolore e nello strazio titanico che ha affrontato e che sopporta ogni giorno, con compostezza rara. E tuttavia la discussione sul tema centrale della sospensione delle cure sarebbe stata più essenziale, e meno emotivamente distorta, meno suggestionata, se fosse stata condotta senza foto. Se, per rispetto al desiderio della figlia, non dovevano girare foto vere, coerenti con la devastata condizione finale, mi sembra non avrebbero dovuto girare nemmeno le altre. Il silenzio “visivo” sarebbe stato più appropriato per una discussione di merito, più pacata e attenta alla verità della situazione in esame.
Certo, dal punto di vista mediatico, l’immagine è tutto e una ragazza così straordinariamente vitale ha una potenza comunicativa e catalizzatrice immensa, come si è visto dal seguito che la sua storia drammatica ha scatenato. Ma un’immagine che illude su una vita in realtà già perduta da 17 anni è davvero ingannevole e fuorviante. E può contribuire, perfino dopo la morte di Eluana, a questo accanimento violento fino alla denuncia per omicidio nei confronti del padre stesso, dei medici e delle infermiere che l’hanno accompagnata con dolcezza e dedizione, e in punta di piedi, negli ultimi giorni.
La foto ravviva la memoria, certo, ma distorce le emozioni e la nostra capacità di giudizio, spaventosamente. Soprattutto quando un’immagine incarna potente il nostro sogno di vita, e la nostra illusione di poterla conservare per sempre nella sua giovinezza e pienezza, oltre ogni evidenza biologica e medica, e oltre ogni umana possibilità.
Per un approfondimento spirituale del tema, consigliamo la lettura di:
Bioetica e scontro politico: i giorni cattivi del caso Englaro (Enzo Bianchi) - Fondazione Alessandra Graziottin
Accanimento terapeutico Etica e bioetica Rianimazione e cure intensive Riflessioni di vita