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Endometriosi: sintomi, comorbilità, terapie

11/03/2011

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

“Gentile professoressa, mia moglie ha 32 anni e soffre di fortissimi dolori mestruali. Sinora ha cercato di arginare il problema con gli antidolorifici, ma secondo me non può andare avanti così tutta la vita! Qualche settimana fa, una nostra amica che si occupa di comunicazione medica ha avanzato l’ipotesi che si tratti di endometriosi. Lei che cosa ne dice? E se si tratta proprio di endometriosi, quali sono le cure e le prospettive di guarigione?”.
Vincenzo (Pavia)
Gentile signor Vincenzo, un dolore mestruale di questa intensità può effettivamente far pensare all’endometriosi, una malattia che colpisce il 7-10% delle donne in età fertile, ma purtroppo ancora poco compresa nelle sue cause e soprattutto poco diagnosticata. Al punto che il ritardo medio dall’inizio dei sintomi alla diagnosi è di oltre 9 anni: quasi cinque spesi dalla donna prima di ammettere che quel dolore non è affatto normale, e i restanti impiegati dai medici per identificare la malattia! Rispondo quindi molto volentieri alla sua lettera, perché è importante diffondere il più possibile una conoscenza corretta della patologia e delle sue terapie. Per una trattazione più approfondita, le consiglio però di leggere le schede mediche pubblicate sul sito della mia Fondazione, e segnalate in fondo a questo articolo.

Che cos'è l'endometriosi?

E’ una malattia caratterizzata dalla presenza di frammenti di endometrio (lo strato interno dell’utero) “ectopico”, ossia al di fuori della sua sede naturale. Il tessuto può trovarsi sull’ovaio, sulla tuba, sul setto retto vaginale, sui legamenti utero-sacrali, sul peritoneo, ma anche in altri organi pelvici, come l’intestino, la vescica o il retto, e persino in organi extra-addominali, come il polmone. Il dolore nasce dal fatto che questo tessuto ectopico risponde agli stimoli ormonali tipici dell’ovulazione, esattamente come il normale endometrio: cresce in altezza durante la prima metà del ciclo, si arricchisce di sostanze nutritive durante la seconda, ma poi si sfalda nel peritoneo o nelle altre strutture che lo ospitano, causando infiammazione cronica e forte dolore. Alla fase acuta dell’infiammazione subentra poi la cicatrizzazione, con la formazione di aderenze che concorrono a peggiorare la sintomatologia.

Come si manifesta?

Il sintomo principale è la dismenorrea, ossia un dolore mestruale intenso e invalidante che tende ad accentuarsi verso la fine del flusso. Attenzione: questo dolore è spesso sottovalutato perché considerato “normale”, e invece deve essere seriamente preso in considerazione. Altri sintomi sono il dolore ovulatorio, che può comparire tra il 10° e il 16° giorno del ciclo, in un ciclo di circa 28 giorni; la dispareunia profonda, ossia il dolore alla penetrazione completa; la defecazione difficile e/o dolorosa (dischezia), soprattutto in fase mestruale. L’iniziale dolore mestruale causato dall’endometriosi si trasforma poi in un forte dolore pelvico che, per la sua costanza, diventa “cronico” e di portata tale da compromettere la qualità della vita quotidiana.

A quali altri sintomi si associa l'endometriosi?

In relazione agli organi colpiti, la donna può soffrire anche di astenia, depressione, sintomi gastrointestinali (sindrome da colon irritabile, crampi, gonfiore), disturbi del tratto urinario (disuria, ematuria, urgenza e frequenza), dolore ipogastrico, dolore lombare, sciatalgie, nausea, cefalea, e persino allergie e intolleranze alimentari.
Un’ulteriore, grave conseguenza dell’endometriosi – forse la più temuta dalle giovani donne – è infine la riduzione della fertilità.

Per quale motivo?

Per molteplici ragioni biologiche e psicosessuali. Le cause biologiche includono:
a) le aderenze che l’infiammazione cronica comporta e che allontanano la parte terminale della tuba dall’ovaio, rendendo difficile l’aspirazione dell’ovocita da parte delle fimbriae delle tube, e quindi la fecondazione e l’annidamento;
b) la soppressione iatrogena della fertilità, quando l’ovaio venga messo a riposo con contraccettivi ormonali, progestinici in continua o GnRH-analoghi;
c) le alterazioni dell’ovaio e la riduzione dei follicoli provocate dall’asportazione chirurgica di cisti ovariche di natura endometriosica.
Le cause psicosessuali sono:
a) la ridotta frequenza di rapporti, a causa del dolore alla penetrazione e del conseguente scarso desiderio, che rende meno probabile il concepimento;
b) la mancanza di orgasmo coitale, che riduce ulteriormente la probabilità della fecondazione: l’orgasmo si associa infatti a contrazioni uterine che “aspirano” gli spermatozoi, facilitandone la risalita verso il terzo esterno della tuba dove normalmente avviene l’incontro con l’ovocita.

Da che cosa è provocata l'endometriosi?

Le cause di questa malattia sono ancora sconosciute e questo, come vedremo, ha importanti ripercussioni sulla terapia. Sono state formulate varie teorie, ma nessuna di esse riesce a spiegare tutti i casi clinici osservati. Le ipotesi più accreditate includono la migrazione retrograda del sangue mestruale attraverso le tube, con conseguente disseminazione e impianto di cellule endometriali nel peritoneo; la presenza nell’organismo di cellule totipotenti, ossia indifferenziate e quindi capaci di dare origine a qualsiasi tipo di tessuto, che tardivamente – e per cause che non conosciamo – si differenziano in cellule dell’endometrio; alterazioni del sistema immunitario; l’esposizione prolungata a sostanze tossiche. Sono tutte ipotesi interessanti ma, ripeto, nessuna di esse è pienamente soddisfacente.

Come si cura?

Quando le cause di una malattia non sono chiare, non esistono trattamenti terapeutici univoci e risolutivi: e questo purtroppo vale anche per l’endometriosi. Quello che si può fare è monitorare l’evoluzione della malattia per prevenire danni più ampi e agire sui sintomi per ridurli il più possibile. Il dolore può essere anche completamente eliminato, ma è indispensabile che la diagnosi sia precoce, specialmente nelle donne giovani e giovanissime. Ecco perché è così importante favorire la conoscenza del disturbo, sia fra le donne sia fra i medici!
Per la complessità e le comorbilità che spesso la caratterizzano, l’endometriosi richiede un approccio terapeutico multidisciplinare che includa terapie ormonali e farmacologiche, terapie antalgiche e un adeguato sostegno psicologico e sessuologico. Il ricorso alla chirurgia va limitato a casi ben precisi, e non è mai la strategia di prima scelta.

Sul piano farmacologico quali sono le opzioni principali?

Il trattamento medico è soprattutto sintomatico. Inoltre, fatta eccezione per i comuni antinfiammatori non steroidei, tutti i farmaci che abbiamo a disposizione inibiscono l’ovulazione e sono quindi proponibili solo alle donne che non desiderino un figlio. La terapia farmacologica, infine, deve essere impostata secondo una logica di lungo termine: non si possono attendere effetti immediati, e nemmeno abbandonare la cura ai primi segni di miglioramento.
Le opzioni farmacologiche fondamentali sono tre:
- antinfiammatori non steroidei (FANS): possono arginare il dolore, ma nella maggior parte dei casi hanno un effetto limitato;
- terapie ormonali (progestinici o estroprogestinici in continua): mirano a garantire la minima stimolazione dell’endometrio ectopico, pur mantenendo livelli di estrogeni ottimali per nutrire gli organi e i tessuti del corpo;
- GnRH-analoghi: mettono a riposo l’ovaio, riducendo quindi la produzione di estrogeni. Questo determina la scomparsa reversibile delle mestruazioni e una condizione simile alla menopausa: i sintomi sono anch’essi reversibili, ma pesanti, e quindi questo tipo di terapia può essere applicato soltanto per tempi limitati.
In molti centri, i GnRH-analoghi vengono somministrati in associazione con il tibolone, un ormone che consente di attenuare o eliminare tutti i sintomi della menopausa, e di mantenere un buon trofismo degli organi, pur non stimolando l’endometrio. Il limite di questa soluzione sta nel costo elevato dei farmaci.

Quali sono invece le possibilità di intervento chirurgico?

La chirurgia è consigliata quando sia stata diagnosticata una massa ovarica (endometrioma); quando la terapia farmacologica ha fallito o non è più sufficiente a controllare il dolore; quando la donna ha gravi complicanze renali o una grave occlusione intestinale; e quando l’atto chirurgico non presenta rischi superiori a quelli che vorrebbe scongiurare. E’ invece controindicata quando la donna non ha dolore; quando la terapia medica funziona e dà un buon controllo dei sintomi; quando non ci sono grosse masse ovariche; quando la situazione anatomica è molto compromessa dalla malattia e il rischio di complicanze operatorie è più elevato rispetto al quadro clinico che si vorrebbe migliorare.

Dolore ai rapporti / Dispareunia Dolore mestruale / Dismenorrea Endometriosi / Adenomiosi

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