«Gli uomini e le donne maturi sono arrivati a un’età meravigliosa nella quale iniziano il cammino del disapprendere. Ci hanno cresciuti col mito che saremmo dovuti essere i migliori in tutto: i migliori studenti, i migliori mariti e mogli, i migliori professionisti, i migliori genitori. Di dover essere. Di dover fare. E’ arrivata l’ora di dire “no” in molte occasioni, di smetterla con obblighi, impegni e responsabilità. Adesso ci diverte star soli, conversare sereni con gente che non ci insulta, a cui non importa o non dispiace se la pensiamo in modo differente […]. E’ passata l’epoca dei ruoli. Quello che siamo stati, siamo stati. Ora dobbiamo esistere per noi stessi, senza dover più rendere conto a nessuno. I più continueranno il loro cammino di responsabilità e affanni, di preoccupazioni e nervosismo. Noi siamo oltre. Ora che assistiamo con più frequenza a funerali, cominciamo a renderci conto che si avvicina anche il nostro […]. La vita adesso è una profonda esperienza interiore. E’ il tempo di iniziare una lunga conversazione con se stessi. E di mandare a quel paese la gente tossica, che ci molesta con la sua negatività. Saremo liberi finalmente, se non temiamo né la vita, né la morte».
Un inno alla libertà dell’essere, lasciando alle spalle obblighi e doveri: un giro di boa critico che per molti può coincidere con i sessant’anni, o meglio ancora con il momento della pensione, almeno per chi ha un lavoro extra-domestico. Un passaggio epocale: per chi lo colloca a sessant’anni, si apre una stagione di ben venticinque anni per le donne e poco meno per gli uomini, almeno in Italia, vista l’età media. M’inquieta tuttavia identificare questo passaggio con l’inizio del disapprendere. Piuttosto, mi sembra più stimolante pensare a questo passaggio come l’età delle scelte. Da un lato ci si arrende, si accetta l’inizio del declino, di cui il disapprendere, più o meno subìto o scelto, fa parte. Dall’altro la grande sfida è scegliere una nuova fase della vita su un solido principio di realtà. Per vivere da protagonisti un lungo viaggio di almeno venticinque anni è indispensabile un bilancio sui mezzi con cui affrontarlo.
Il primo quesito riguarda il profilo di salute: più è solido, più opzioni di qualità si aprono. Utile un check-up generale, fatto non solo di esami, ma di valutazione dello stile di vita e di quanto si è disposti a impegnarsi quotidianamente per modificarlo e migliorarlo. Cominciando dall’attività aerobica quotidiana, almeno una camminata veloce mattutina per attivare il metabolismo e il cervello, iniziando la giornata con brio. Poi esercizi per la postura: il futuro va guardato in faccia, a testa alta, spalle aperte e scese, schiena dritta, glutei in spinta, baricentro piazzato e dinamico. Cibi scelti, cura del sonno, riduzione drastica dell’alcol e abolizione di fumo e droghe. Con il corpo più sano e il cervello più in forma, le scelte hanno una chance di realizzazione in più.
Il secondo quesito cardinale riguarda gli aspetti della vita attuale da tenere e quelli da lasciare. Una poderosa ristrutturazione, in cui gli aspetti scelti in modo congeniale nella giovinezza, siano essi professione, famiglia, luogo in cui vivere, tipo di interessi o relazioni, possano trovare nuova energia, tempi diversi e nuovo slancio. E quelli da lasciare alle spalle, perché sono cerchi conclusi, perché li abbiamo subìti per dovere, opportunità o opportunismo, perché sono maschere e ruoli indossati per troppo tempo, in cui non ci riconosciamo più.
Il terzo quesito è il più qualitativo: quali parti di me vorrei sviluppare, che cosa mi piacerebbe apprendere, quali talenti vorrei coltivare, che dimensione etica vorrei dare alla mia vita, in questi lunghi anni di libertà che mi attendono? Ancora meglio se ci si prepara per tempo, già dai cinquant’anni. Con gli occhi brillanti, il cervello acceso e il coraggio di credere che si può apprendere a vivere con maggiore intensità quando si è imparato a scegliere chi essere e come esistere. Un sogno realizzabile.
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