Gli atleti sono i custodi dei sogni di una nazione. Sono il suo fiore all’occhiello, il suo biglietto da visita. La dimostrazione di fronte al mondo che il Paese è giovane, sano, ardente, pieno di risorse e di opportunità, di sanissimo orgoglio e di capacità di fatica, di rigore e disciplina, di ambizioni e di determinazione per realizzarle. La graduatoria nel medagliere olimpico dice molto sullo stato morale ed economico di una nazione. Ma anche della sua fame di futuro e della sua voglia di esserne protagonista. Siamo ancora nel G8 delle nazioni, ma non ci resteremo se non cambieremo la politica dello sport in Italia. Da ora: è urgente, per molte ragioni.
Gli atleti sono il paradigma di come la potenza della giovinezza e dei talenti, opportunamente coltivati, possa davvero portare alle stelle, in ogni campo. Investire nello sport significa allora investire sul futuro, sulla salute fisica, economica e morale di una nazione. Non solo in vista di una vittoria olimpica, ma anche della realizzazione personale e della soddisfazione nella vita, per ogni cittadino. L’atleta può diventare il modello di uno stile, di un metodo, di un’etica che diventano fermenti preziosi per tutta la società. Davvero custodi di sogni: sogni di eccellenza nella competenza, di bellezza nella potenza, di capacità di preparazione e programmazione, per essere pronti nel giorno che conta, di rispetto delle regole, di merito nei risultati (quando non ci si mettono i giudici, la cui parzialità è il difetto più vistoso della categoria, in tutti i campi: lato oscuro dello sport e della legge).
Investire nello sport subito, dunque. Iniziando dal rilanciare i Giochi della gioventù, a torto cancellati. Per dare ad ogni bambino dagli otto anni in su, ad ogni adolescente, la possibilità di provarsi in discipline diverse. Di entusiasmarsi, di investire la splendida energia della pubertà in progetti e in sogni concreti. Per i piccoli più dotati, che mostrano talenti superiori alla media, intelligenza emotiva e motoria, e voglia di vincere, perché non pensare a borse di studio che premino l’impegno nello studio e nello sport? Di valore proporzionato all’età e alla scuola, così da portarli al diploma superiore o ad una laurea, se desiderata, mentre crescono anche dal punto di vista sportivo. E perché non pensare a un’accademia regionale dello sport, per riunire con allenatori di eccellenza i ragazzi migliori, indipendentemente dal censo e dal Paese di provenienza? Perché non investire (anche) sui figli degli immigrati? Geneticamente potenti, con fame di vita e di successo, sono vulnerabili, forse più dei nostri figli, allo spreco dei talenti e al rischio di strade deviate. Perché non coinvolgerli nello sport fin da piccoli?
Ecco perché parlo di Giochi della gioventù. E’ la scuola stessa che dovrebbe dare le prime opportunità. E poi l’assessorato allo sport dei singoli Comuni, investendo in strutture e progetti sportivi. Un ragazzino di qualunque razza e colore che eccella nello sport guadagna subito il rispetto dei coetanei e degli adulti. Lo sport diventerebbe allora il mezzo più solido per la migliore delle integrazioni sociali: fa dell’adolescente un giovane atleta orgoglioso di provarsi con le sfide della vita. Domani ne farà un cittadino che si è conquistato il rispetto sociale e un posto al sole. Per l’Italia e gli italiani, una risorsa formidabile in cui credere, invece di una presenza insidiosa da temere.
Se aspettiamo Roma, passeranno altri anni. Perché non partire dal Veneto, dalla nostra terra, per farne un modello nazionale di politica sportiva, di eccellenza nell’integrazione, di investimenti umani lungimiranti? La prima ricchezza di un Paese sono i suoi giovani. Credo nello sport come strumento principe di formazione del carattere, di focalizzazione dell’energia vitale, di modulazione delle vulnerabilità, di conoscenza di sé, dei propri limiti ma soprattutto delle proprie potenzialità. Che non vanno sprecate. Sport come palestra di vita. Ma anche come fermento di salute, fino a tarda età, per tenere vivo il fuoco olimpico, dentro. Se la Regione Veneto vuole investire nel progetto dello Sport come scintilla di vita e di futuro per tutti i nostri giovani, io ci sono.
Gli atleti sono il paradigma di come la potenza della giovinezza e dei talenti, opportunamente coltivati, possa davvero portare alle stelle, in ogni campo. Investire nello sport significa allora investire sul futuro, sulla salute fisica, economica e morale di una nazione. Non solo in vista di una vittoria olimpica, ma anche della realizzazione personale e della soddisfazione nella vita, per ogni cittadino. L’atleta può diventare il modello di uno stile, di un metodo, di un’etica che diventano fermenti preziosi per tutta la società. Davvero custodi di sogni: sogni di eccellenza nella competenza, di bellezza nella potenza, di capacità di preparazione e programmazione, per essere pronti nel giorno che conta, di rispetto delle regole, di merito nei risultati (quando non ci si mettono i giudici, la cui parzialità è il difetto più vistoso della categoria, in tutti i campi: lato oscuro dello sport e della legge).
Investire nello sport subito, dunque. Iniziando dal rilanciare i Giochi della gioventù, a torto cancellati. Per dare ad ogni bambino dagli otto anni in su, ad ogni adolescente, la possibilità di provarsi in discipline diverse. Di entusiasmarsi, di investire la splendida energia della pubertà in progetti e in sogni concreti. Per i piccoli più dotati, che mostrano talenti superiori alla media, intelligenza emotiva e motoria, e voglia di vincere, perché non pensare a borse di studio che premino l’impegno nello studio e nello sport? Di valore proporzionato all’età e alla scuola, così da portarli al diploma superiore o ad una laurea, se desiderata, mentre crescono anche dal punto di vista sportivo. E perché non pensare a un’accademia regionale dello sport, per riunire con allenatori di eccellenza i ragazzi migliori, indipendentemente dal censo e dal Paese di provenienza? Perché non investire (anche) sui figli degli immigrati? Geneticamente potenti, con fame di vita e di successo, sono vulnerabili, forse più dei nostri figli, allo spreco dei talenti e al rischio di strade deviate. Perché non coinvolgerli nello sport fin da piccoli?
Ecco perché parlo di Giochi della gioventù. E’ la scuola stessa che dovrebbe dare le prime opportunità. E poi l’assessorato allo sport dei singoli Comuni, investendo in strutture e progetti sportivi. Un ragazzino di qualunque razza e colore che eccella nello sport guadagna subito il rispetto dei coetanei e degli adulti. Lo sport diventerebbe allora il mezzo più solido per la migliore delle integrazioni sociali: fa dell’adolescente un giovane atleta orgoglioso di provarsi con le sfide della vita. Domani ne farà un cittadino che si è conquistato il rispetto sociale e un posto al sole. Per l’Italia e gli italiani, una risorsa formidabile in cui credere, invece di una presenza insidiosa da temere.
Se aspettiamo Roma, passeranno altri anni. Perché non partire dal Veneto, dalla nostra terra, per farne un modello nazionale di politica sportiva, di eccellenza nell’integrazione, di investimenti umani lungimiranti? La prima ricchezza di un Paese sono i suoi giovani. Credo nello sport come strumento principe di formazione del carattere, di focalizzazione dell’energia vitale, di modulazione delle vulnerabilità, di conoscenza di sé, dei propri limiti ma soprattutto delle proprie potenzialità. Che non vanno sprecate. Sport come palestra di vita. Ma anche come fermento di salute, fino a tarda età, per tenere vivo il fuoco olimpico, dentro. Se la Regione Veneto vuole investire nel progetto dello Sport come scintilla di vita e di futuro per tutti i nostri giovani, io ci sono.
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