«Gli italiani? Un popolo di bugiardi: più di un miliardo di balle l’anno». Per la verità, un miliardo e 400 milioni (quasi tre milioni e 800mila al giorno, 2.600 al minuto, 43 al secondo!), dette dai soli adulti. Ho ricercato questo articolo che ricordavo, pubblicato su “La Repubblica” nel 9 luglio 2005, perché mi sembra uno spunto perfetto in questi tempi di insidiose menzogne cosmiche: dalle fake news, alle opinioni senza contenuto, dalle manipolazioni social alle rischiosissime autocertificazioni, sui vaccini ma anche sui curriculum vitae, ad ogni livello. Tanto vero che forse invece che di PIL (Prodotto Interno Lordo) è forse più appropriato parlare di BIL (Balle Interne Lorde, con cui si tenta non solo di far politica seducendo ma anche di far quadrare bilanci inquadrabili e promesse elettorali senza copertura…).
Si dirà: ma è del 2005! Non mi risulta che nel frattempo la vocazione alla sincerità sia migliorata tra gli italiani, anzi. Può invece essere utile riconfrontarci con le 10 top-ten delle bugie e vedere non solo che cosa risponderemmo ma con quale atteggiamento e quale giudizio. Lo studio originale “Gli italiani e le bugie”, era basato su una ricerca realizzata da Astra/Demoskopea su un campione rappresentativo di italiani, in occasione della 23sima edizione della Biennale internazionale dell'umorismo nell'arte, di Tolentino, che per quell’edizione aveva voluto proporre il tema “L'altra faccia della verità: bugie, bugiardi, sbugiardati”. Il 45% degli uomini italiani confessa di dire bugie abitualmente, soprattutto quelle “piccole e veniali”, per vivere meglio la propria vita quotidiana. E i sinceri? Il 17% sostiene di non avere detto bugie nell’ultimo anno, e il 38% di non dirle mai. Quindi il 55% degli italiani si dichiara sincero. Ma il 45% no, e non sono percentuali da poco. Se le applicassimo alle autocertificazioni per i vaccini, significherebbero epidemie sicure. Altro che “immunità di gregge”. Qui sarebbero le balle di gregge a farla da padrone.
Su che cosa si mentiva di più? E su cosa e come, oggi, mentiremmo (se non siamo del gruppo super virtuoso…)? Al primo posto la ricerca indicava le menzogne per trar profitto in ambito lavorativo (con i superiori, i colleghi, i clienti). E oggi? Lo scollamento tra competenze descritte nei curriculum e la realtà, spesso drammatica, dell’incompetenza reale mostra come le menzogne in quest’ambito siano ancora più diffuse e “normalizzate” che in passato. Seguivano, al secondo posto, le piccole bugie per viver meglio la propria vita quotidiana: un “savoir vivre” per navigare sereni tra il disappunto quotidiano. Con minimo distinguo, al terzo posto stanno le bugie dette a fin di bene, per non dare dispiaceri (meraviglia) e per evitare di far del male. Le bugie per evitare critiche o responsabilità (con le autorità, i superiori, i genitori) stanno al quarto posto. Al quinto stanno quelle volte a difendere la propria “privacy”, al sesto le bugie necessarie a evitare conflitti, quando si frequentano persone di nascosto (amante, ma anche amici non apprezzati in famiglia) (“La verità ti fa male, lo so…, come cantava Caterina Caselli) Al settimo, le menzogne per la pace in famiglia. Chiudono la top-ten le bugie scolastiche (ottavo), quelle sugli acquisti e i loro costi (nono) e i complimenti falsi, per oliare la vita e le relazioni (decimo). Non vengono neanche considerate bugie le scuse inventate per giustificare un ritardo, per farsi ubbidire o per coprire qualcuno (figli e amici) (“bugie ufficiose”). Super bugiardi sono considerati i politici, secondo il 72,3 per cento degli italiani intervistati allora.
Secondo Paul Ekman (1989) la bugia è “un atto comunicativo consapevole e deliberato di trasmettere una conoscenza non vera ad un altro, in modo che quest’ultimo assuma credenze false sulla realtà dei fatti”. Quindi è una menzogna caratterizzata da falsità del contenuto, consapevolezza del contenuto falso, intenzionalità di ingannare l’interlocutore. Gli psicologi dicono che la bugia «indica un rapporto alterato con la realtà e che causa una riduzione dell’autostima». Ma gli italiani intervistati sembrano “autoassolversi” con un sorriso, perché la metà delle bugie son dette “a fin di bene”, per la pax domestica, nelle sue varie declinazioni. E’ proprio l’autoassoluzione sorridente il tratto che oggi troveremmo ancora più diffuso e consolidato. Cosa ne pensano i lettori?
Si dirà: ma è del 2005! Non mi risulta che nel frattempo la vocazione alla sincerità sia migliorata tra gli italiani, anzi. Può invece essere utile riconfrontarci con le 10 top-ten delle bugie e vedere non solo che cosa risponderemmo ma con quale atteggiamento e quale giudizio. Lo studio originale “Gli italiani e le bugie”, era basato su una ricerca realizzata da Astra/Demoskopea su un campione rappresentativo di italiani, in occasione della 23sima edizione della Biennale internazionale dell'umorismo nell'arte, di Tolentino, che per quell’edizione aveva voluto proporre il tema “L'altra faccia della verità: bugie, bugiardi, sbugiardati”. Il 45% degli uomini italiani confessa di dire bugie abitualmente, soprattutto quelle “piccole e veniali”, per vivere meglio la propria vita quotidiana. E i sinceri? Il 17% sostiene di non avere detto bugie nell’ultimo anno, e il 38% di non dirle mai. Quindi il 55% degli italiani si dichiara sincero. Ma il 45% no, e non sono percentuali da poco. Se le applicassimo alle autocertificazioni per i vaccini, significherebbero epidemie sicure. Altro che “immunità di gregge”. Qui sarebbero le balle di gregge a farla da padrone.
Su che cosa si mentiva di più? E su cosa e come, oggi, mentiremmo (se non siamo del gruppo super virtuoso…)? Al primo posto la ricerca indicava le menzogne per trar profitto in ambito lavorativo (con i superiori, i colleghi, i clienti). E oggi? Lo scollamento tra competenze descritte nei curriculum e la realtà, spesso drammatica, dell’incompetenza reale mostra come le menzogne in quest’ambito siano ancora più diffuse e “normalizzate” che in passato. Seguivano, al secondo posto, le piccole bugie per viver meglio la propria vita quotidiana: un “savoir vivre” per navigare sereni tra il disappunto quotidiano. Con minimo distinguo, al terzo posto stanno le bugie dette a fin di bene, per non dare dispiaceri (meraviglia) e per evitare di far del male. Le bugie per evitare critiche o responsabilità (con le autorità, i superiori, i genitori) stanno al quarto posto. Al quinto stanno quelle volte a difendere la propria “privacy”, al sesto le bugie necessarie a evitare conflitti, quando si frequentano persone di nascosto (amante, ma anche amici non apprezzati in famiglia) (“La verità ti fa male, lo so…, come cantava Caterina Caselli) Al settimo, le menzogne per la pace in famiglia. Chiudono la top-ten le bugie scolastiche (ottavo), quelle sugli acquisti e i loro costi (nono) e i complimenti falsi, per oliare la vita e le relazioni (decimo). Non vengono neanche considerate bugie le scuse inventate per giustificare un ritardo, per farsi ubbidire o per coprire qualcuno (figli e amici) (“bugie ufficiose”). Super bugiardi sono considerati i politici, secondo il 72,3 per cento degli italiani intervistati allora.
Secondo Paul Ekman (1989) la bugia è “un atto comunicativo consapevole e deliberato di trasmettere una conoscenza non vera ad un altro, in modo che quest’ultimo assuma credenze false sulla realtà dei fatti”. Quindi è una menzogna caratterizzata da falsità del contenuto, consapevolezza del contenuto falso, intenzionalità di ingannare l’interlocutore. Gli psicologi dicono che la bugia «indica un rapporto alterato con la realtà e che causa una riduzione dell’autostima». Ma gli italiani intervistati sembrano “autoassolversi” con un sorriso, perché la metà delle bugie son dette “a fin di bene”, per la pax domestica, nelle sue varie declinazioni. E’ proprio l’autoassoluzione sorridente il tratto che oggi troveremmo ancora più diffuso e consolidato. Cosa ne pensano i lettori?
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