EN

Gravidanza: il bambino ci ascolta già prima di nascere

Gravidanza: il bambino ci ascolta già prima di nascere
02/11/2021

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

“La mia amica migliore amica, ora al sesto mese della seconda gravidanza, sostiene che i bambini ascoltano già dentro l’utero. Che sentono la musica e imparano ad amarla prima di nascere. A casa sua c’è sempre bella musica di sottofondo. La sua primogenita, che ora ha cinque anni, ha un notevole senso musicale. Ha già cominciato a suonare il pianoforte. Sia la mia amica sia il marito sono musicisti. Quanto del talento musicale di un bambino è genetico e quanto dipende dall’apprendimento? E quando comincia ad imparare un bambino? Dopo la nascita o già da prima, come sostiene la mia amica?”.
Fiorella G. (Mantova)
Quando comincia a imparare un bambino? Questa è la domanda cardinale, gentile signora. Sto studiando l’affascinante mondo della vita prenatale, soprattutto dal punto di vista dello sviluppo del cervello. E’ un mondo meraviglioso. Ha ragione la sua sensibile amica: il feto ci ascolta fin dall’utero, in modo più evidente dalla 22a settimana di gravidanza, ossia dal quinto mese circa in poi. Il feto può cominciare a sentire quando sono maturate le strutture anatomiche dell’orecchio interno, che consentono la trasmissione delle onde sonore al cervello; quando, in parallelo, cominciano a maturare le vie nervose dell’udito, a livello del sistema nervoso centrale; e quando, interessantissimo, cominciano a maturare anche le vie neuromotorie che coordinano la capacità di emettere suoni e, più avanti, di parlare e di cantare. Come possiamo affermarlo?

Le ragioni del corpo

Studi rivoluzionari hanno dimostrato, per esempio, che i neonati cinesi si esprimono con un pianto che imita le tonalità della lingua cinese della mamma. I neonati francesi piangono esprimendo toni crescenti, e i tedeschi invece toni calanti, rispecchiando le modalità sonore delle lingue delle rispettive mamme. L’apprendimento della lingua materna, dei suoni tipici che la caratterizzano, quella che parliamo con più disinvoltura e appropriatezza, che ci appartiene nel profondo e in cui ci riconosciamo, inizia già dal quinto mese di gravidanza. Non è straordinario?
L’apprendimento prenatale dei suoni non è peraltro limitato alla nostra specie. E’ stato ben dimostrato, per esempio, negli uccelli canterini (Box 1), che ci fanno riflettere molto su quanto la misteriosa vita prima della nascita, perfino di un pulcino, sia fortemente condizionata da quello che succede nell’ambiente circostante e, in particolare, dal comportamento della mamma. L’orecchio è un organo prezioso, già in utero (Box 2) per connetterci al mondo e iniziare ad abitarlo, prima di nascere.
Per il feto del mammiferi, quali siamo, la mamma è la prima casa. L’utero materno è la prima culla, la prima cameretta, la prima scuola. Dovremmo avere molta più attenzione e consapevolezza di quanto la vita emotiva, ma anche le potenzialità di apprendimento dei nostri bambini, inizino ben prima della nascita, già dentro l’utero. In quella cameretta notturna, l’embrioncino e poi il feto hanno un’intensa vita fisica ed emotiva, che cresce con il progredire della gravidanza. Il dialogo che il piccolo intrattiene con la mamma, e, attraverso di lei con il mondo esterno, mostra una straordinaria complessità.

Box 1. I segreti dell'usignolo

Le uova di uccelli canterini covate da uccelli che non cantano danno origine a uccelli privi della capacità di cantare: la voce della mamma è indispensabile per far cantare i piccoli, ossia per sviluppare la loro capacità mentale e fisica di eseguire gorgheggi. Sentir cantare o meno cambia la struttura del cervello e persino alcune sue funzioni modificabili, fin dalla fase embrionale, dentro l’uovo.
Alfred Tomatis, brillante otorinolaringoiatra francese, è il pioniere dello studio sulla fase prenatale dell’apprendimento musicale: perché le uccelline canterine cinguettano mentre covano?, si è chiesto. Che informazioni danno ai loro piccoli? Che cosa si perde se manca questo prezioso “imprinting” prenatale? E che cosa succede tra la mamma e il suo bambino in utero? Che cosa sente il bambino? Quanto sente? A che cosa gli serve sentire, quando è ancora dentro il suo piccolo paradiso?
Quesiti preziosi per tutti noi, per capire meglio il ruolo della voce e della musica sia nella crescita dei bambini, sia in tutta la nostra vita.

La ragioni del cuore

Il bambino ascolta. Ci ascolta. Che toni di voce usiamo? Gentili, affettuosi, o violenti? Quali parole, e quali musiche abitano le nostre case? E quali suoni, o rumori ambientali? I segnali, anche uditivi, che giungono al bambino attraverso la parete addominale, la parete uterina e il liquido amniotico, modificano il suo sviluppo cerebrale, fisico ed emozionale: la cosiddetta neuroplasticità.
Già nelle prime 20 settimane di gravidanza, la velocità di proliferazione delle cellule nervose varia tra 2000 e 3000 neuroni al secondo (!). Questo dipende sia dalla genetica, sia dall’andamento della gravidanza (Box 2 e 3). Quanto si connettano fra loro queste cellule nervose e le diverse aree del cervello in cui migrano dipende sia da come procede la gravidanza dal punto di vista medico, sia dagli stimoli che il bambino riceve. Stimoli positivi, che ne aumentano benessere e serenità, lo aiutano a raggiungere il momento della nascita in forma ottimale. Il bambino sogna in sincronia con le fasi di sogno della mamma (sonno REM, da rapid eyes movements, i rapidi movimenti oculari con cui il cervello segue i sogni, i film misteriosi che animano le nostre notti). Mamma e bimbo sognano insieme.
Interessante: il futuro bambino, soprattutto dalla 22a settimana di gestazione in poi, ha una speciale sensibilità per le melodie. Grazie all’orecchio interno, il suo cervello viene modificato dall’ascolto della melodia del linguaggio della mamma. E sarà in grado di riprodurlo nel pianto già dalla prima settimana di vita. Il feto apprende: impara a discriminare caratteristiche acustiche come frequenze, durata, tempo, ritmo e flussi musicali.
Come si fa a dimostrarlo? Registrando i battiti del suo cuore, che variano in modo significativo a seconda del tipo di musica, se l’ha già percepita più volte mentre era in utero, e i movimenti. Grazie a questa sensibilità, il bambino che nella vita prenatale ha sentito melodie dolci, ritmate, rasserenanti, che ha sentito la mamma canticchiare o parlare con voce calma, è facilitato nell’acquisizione del linguaggio. E, ancora più importante, ha appreso le prime basi del benessere psicoemotivo. Ogni impulso sonoro, rumore o musica, voce o canto, a seconda della tipologia ma anche del volume, e della intensità, evoca cambiamenti nel sistema neurovegetativo, che regola tutti i processi “automatici”, involontari, essenziali alla vita dell’organismo: variazioni del battito del cuore, dei ritmi del sonno, dei neurotrasmettitori; rilascio di ormoni del benessere, come l’ossitocina, o dell’ansia e della paura, come l’adrenalina, come succede agli adulti.

Box 2. Le preziose funzioni dell'orecchio

L’orecchio ha tre funzioni:
- energetica, perché attraverso il suono si attivano miliardi di neuroni che risvegliano tutta la corteccia cerebrale: ecco perché leggere a voce alta, cantare e suonare sono potenti attivatori del cervello a tutte le età;
- uditiva, che decodifica i suoni ma anche la loro tonalità emozionale. Serve a imparare i fondamenti della musica delle parole, la “prosodia” del linguaggio: intonazione, ritmo, durata e accento;
- equilibrante, attraverso i nuclei vestibolari, che regolano la statica e la cinetica del corpo.

Le coccole cominciano presto

Il feto viene già coccolato in utero, se gli giungono suoni dolci, parole dette con tono gentile, musica classica, o moderna ma a volumi contenuti. Viene stressato se in famiglia si urla, si insulta, si impreca. Lo stress che arriva al bambino è allora doppio: gli arriva direttamente, attraverso le vibrazioni negative delle voci irate, e indirettamente, dallo stress della mamma. L’aumento di adrenalina e cortisolo fa contrarre la parete dell’utero e riduce il flusso sanguigno. Il battito accelerato del cuore della mamma stressa il bambino, che si calma invece al battito lento e tranquillo del cuore di lei, quando è serena. I bambini piccoli amano stare in braccio non solo per il profumo di mamma e per l’effetto delle braccia avvolgenti che ridanno loro il senso di protezione delle pareti dell’utero, ma perché si tranquillizzano nell’ascolto dei battiti quieti del cuore. Per questo amano stare di più sul braccio sinistro.
I sensi che maturano per primi in utero sono il tatto e l’udito: una prima implicazione pratica per tutti noi è che il bimbo è già presenza viva, che ascolta e crea i primi legami d’amore con la propria famiglia attraverso i suoni, le voci, la musica che gli arriva. I bambini figli di musicisti hanno una prima scuola straordinaria quando sono ancora in utero, sentendo la mamma o il papà suonare. In parallelo, è quello che succede agli uccellini ancora nell’uovo quando la mamma cinguetta e canta. L’epigenetica è proprio la modificazione della genetica attraverso influssi ambientali, fra cui musica e voci sono essenziali.
In utero il bambino fa le prove generali della scuola di sopravvivenza, della scuola di paura oppure di gioia, quando stimolazioni positive attivano i suoi sistemi di ricompensa (“reward”) e piacere.
In sintesi, gentile signora, ha davvero ragione la sua sensibile amica: la qualità della gravidanza e degli stimoli, anche uditivi, che il feto riceve condizionano la salute fisica ed emotiva del futuro bambino. Per questo sono necessari più consapevolezza, tenerezza e rispetto della sua presenza viva. Voci dolci, musiche rilassanti e melodie sono le invisibili, preziose carezze che raggiungono il piccolo ancora in utero e lo aiutano a nascere con più fiducia nella vita e maggiori potenzialità di felicità. Canticchiare una ninna nanna alla sera, già prima della nascita, lo sensibilizzerà alla dolcezza della voce della mamma che lo accompagnerà nell’addormentarsi, quando sarà venuto al mondo. Il benvenuto comincia ben prima del fiocco rosa o azzurro sulla porta di casa.

Box 3. Gli amici e i nemici dello sviluppo del cervello del feto

In positivo, influiscono molto gli stili di vita sani della mamma, una buona alimentazione, un saggio e attento uso di integratori, contenenti mattoni preziosi per la costruzione delle cellule nervose. Fra questi, gli oligoelementi e le vitamine, tra cui ferro e acido folico, ma anche iodio. L’ipotiroidismo da carenza cronica di iodio è dannosissimo per il cervello fetale: in passato causava il cretinismo congenito! Fino alla 20a settimana di gravidanza gli ormoni tiroidei sono forniti al piccolo dalla tiroide della mamma, che quindi lavora quasi il doppio. Dopo la 20a settimana, la tiroide fetale comincia a lavorare e a produrre in proprio, per così dire, gli ormoni tiroidei: ma se lo iodio nella dieta è scarso le conseguenze sono pesanti. In molte aree d’Italia lo iodio scarseggia! Una sana e tempestiva integrazione, su consiglio del ginecologo-ostetrico curante, aiuta il cervello del bambino a crescere bene, già dalla gravidanza.
Insieme ai fattori fisici, sono preziosi i nutrimenti emotivi: la serenità della mamma, la sua gioia, le attenzioni e le tenerezze di un papà affettuoso verso la mamma creano emozioni positive che diventano segnali chimici, rasserenanti anche per il bambino e per il suo cervello, e grandi facilitatori di apprendimento, prima e dopo la nascita!
In negativo, patologie della gravidanza, tra cui il diabete gestazionale, l’insufficienza placentare, l’ipertensione, l’eccessiva infiammazione da sovrappeso od obesità della mamma, l’inattività fisica, infezioni e cure antibiotiche, alcol, fumo e droghe (da evitare assolutamente!), ma anche la nascita prematura, alterano la crescita del cervello e delle connessioni neuronali, ne modificano la micro-architettura e ne riducono le potenzialità.
Oltre a colpire i neuroni, questi fattori agiscono sugli oligodendrociti, cellule che avvolgendosi attorno agli assoni, i rami lunghi dei neuroni che trasmettono i comandi fino alla periferia del corpo (pensiamo per esempio agli impulsi motori), costituiscono la mielina.
La quantità di mielina condiziona a sua volta la salute degli assoni, la velocità di conduzione e l’efficacia di trasmissione di informazioni e comandi, da cui dipende la competenza motoria.
Interessante: i neuroni motori sono essenziali anche per coordinare tutti i movimenti respiratori, laringei, faringei e buccali che sottendono la capacità di parlare, ma anche di cantare e suonare, per esempio con strumenti a fiato.

Per saperne di più

Enrico Granieri, Da Alfred Tomatis a oggi: i suoni e l’intrauterino, la musica in gravidanza. In Gian Carlo Di Renzo e Manuela Marchi (a cura di), Udite, udite!, Franco Angeli Editore, 2020

La prima testimonianza dell'udito del bambino in utero

«In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo» (Luca 1, 39-41).

Ambiente, natura e animali Apprendimento Ascolto Epigenetica Gravidanza Integratori alimentari Neuroni e glia - Neuroplasticità Rapporto mamma-bambino Rischi ostetrici e fetali Stili di vita Stress Vita prenatale Voce

Iscriviti alla newsletter

Rimani aggiornato su questo e altri temi di salute e benessere con la nostra newsletter quindicinale

Iscriviti alla newsletter