EN

I chiaroscuri della fecondazione eterologa - Per la donna

12/10/2015

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

L’esperienza della fecondazione eterologa è molto diversa a seconda che la donna riceva un ovocita, che verrà fecondato con lo sperma del partner, o riceva invece da donatore lo sperma che feconderà il suo ovocita.
Nell’ovodonazione la donna concepisce con un gamete “estraneo a lei”, dal punto di vita genetico, perché donato da un’altra donna, che viene fecondato in vitro dallo sperma del compagno. Ma poi questo embrione le cresce in grembo. Lo sente muovere, “leggero come il battito d’ali di una farfalla”, quando ne avverte i primi timidi movimenti. Un bimbo con geni estranei, vero, la cui espressione è però molto modulata dall’ambiente biochimico, emotivo e affettivo della donna. Se noi trapiantassimo nell’utero di dieci donne diverse dieci embrioni clonati, e quindi uguali tra loro dal punto di vista genetico, nei bimbi avremmo sì lo stesso colore di occhi (perché si tratta di una caratteristica genetica dominante), ma il carattere, la vulnerabilità alle malattie, e anche il peso e l’altezza, potrebbero essere diversi tra loro, perché l’espressione dei geni del piccolo è molto condizionata, nel bene e nel male, dall’ambiente materno: dal suo stato di salute; dall’alimentazione e da eventuali carenze di vitamine e oligoelementi; dal fatto di bere, fumare o assumere droghe; dall’essere stressata o serena; dall’aver avuto malattie intercorrenti o complicanze della gravidanza stessa; dall’essere single o in coppia. In più, la donna partorisce il bambino ed è “programmata” ad amarlo dai suoi stessi neurormoni, l’ossitocina e la vasopressina, che aumentano in gravidanza, nel parto e ad ogni poppata. Se lo allatta, il legame tra lei e il piccolo diventa ancora più profondo: «E’ proprio mio/a», pensano il suo corpo e il suo cuore, prima ancora che la sua mente.
Diversamente dalla donazione di sperma, l’ovodonazione coinvolge profondamente donna e bambino proprio su quel fronte biologico, carnale, che scrive la basi più forti del codice d’amore intrafamiliare. Se il bambino è sano, fisicamente ed emotivamente, e ancor più se è bello (ah, la bellezza, quanto conta nell’amore, anche dei genitori!), il legame può essere forte e soddisfacente per entrambi. Se il bimbo invece è variamente imperfetto, la vocina maligna dell’estraneità genetica può insinuarsi velenosa, rendendo molto più difficili l’accudimento, la cura, la tenerezza, la pazienza, e meno disponibile la capacità di dedizione e sacrificio. Sino al rifiuto.
Nel concepimento con donazione di sperma, l’impatto emotivo dipende da quanto la donna abbia desiderato fisicamente di avere un figlio “suo” e di quanto abbia condiviso questa scelta con il marito azoospermico. Il concepimento con lo sperma da sconosciuto può essere del tutto minimizzato («Non si vede mica», mi ha detto una signora), se il desiderio della donna è forte e la visione della scelta molto semplice: «E’ facile, funziona e io adesso sono contentissima di questo bambino che è stupendo. Problemi per me? Manco uno! Guardi che meraviglia: tutti mi fanno i complimenti!». Mi mostra la foto con un bimbo di due anni pieno di energia, biondo, con gli occhi blu e un sorriso irresistibile: «Guardi: è ancora più bello di come lo sognavo!». «Difficoltà? Una sola: che mio marito prima era contento e adesso è geloso perso! Se va avanti così lo lascio. Ma del bambino sono proprio felice!!! E’ la decisione più bella della mia vita». «Ne avete parlato con qualcuno?». «No. Avevamo deciso di no, e penso che continuerò così. Il bambino è mio. Che m’importa raccontare del donatore? Mi ha fatto un gran regalo. E buonanotte».
Altre volte, rare, la donazione di sperma, scelta con la ragione, viene rifiutata a livello emotivo. Fino al caso estremo di una signora che dopo l’inseminazione cominciò ad avere nausea e vomito furiosi: «E’ il mio corpo che non lo vuole», diceva. Alla fine, decise per l’interruzione volontaria di gravidanza. Nel mezzo di queste due risposte estreme, tutte le sfumature di una scelta, sensibile alle variabili illustrate anche per il padre anagrafico. Scelta che ha comunque potenti risvolti simbolici. Perché c’è sempre un terzo, il donatore, che ha lasciato solida traccia di sé (il 50 per cento del patrimonio genetico del figlio) scritta nel corpo, nel volto e, in parte, nel comportamento del bimbo di oggi e dell’adulto di domani. Una sorpresa genetica, e un segreto più o meno condiviso, modulati dai sentimenti e dai comportamenti della donna, del suo partner, delle famiglie e dell’ambiente.

Attaccamento affettivo Donazione di sperma Fecondazione assistita Fecondazione eterologa Gravidanza Ovodonazione Rapporto mamma-bambino Riflessioni di vita

Iscriviti alla newsletter

Rimani aggiornato su questo e altri temi di salute e benessere con la nostra newsletter quindicinale

Iscriviti alla newsletter