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Identità fluide negli adolescenti, tra sperimentazioni e rischi

Identità fluide negli adolescenti, tra sperimentazioni e rischi
09/10/2017

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

I due terzi degli adolescenti inglesi hanno un’“identità sessuale fluida”, secondo un recente sondaggio. Un dato medio più realistico indica in Europa percentuali tra il 20 e il 30 per cento, comunque molto più alte rispetto a soli 20 anni fa. Che cosa significa “identità sessuale fluida?”. Per spiegarlo bene è necessario definire quali siano i tre pilastri contemporanei dell’identità sessuale. L’identità di genere, che si basa sul sesso biologico, maschile o femminile, è il primo modo con cui definiamo noi stessi e gli altri, fin dalla nascita: «E’ un maschietto», «E’ una femminuccia», «E’ un uomo», «E’ una donna». Tutto bene se la percezione interiore è coerente con l’identità biologica: «Sono felice di sentirmi donna nel mio corpo di donna», o «Sono felice di sentirmi uomo nel mio corpo di uomo». Tuttavia si può arrivare all’estremo percettivo opposto: «Sono una donna intrappolata in un corpo d’uomo» o, viceversa, «Sono un uomo intrappolato in un corpo di donna», che sono la sostanza del transessualismo, quando la percezione e il vissuto sono dissonanti rispetto al genere biologico.
L’identità di ruolo, indica tutto quello che la persona fa e dice per esprimere il proprio ruolo nel mondo. Oggi sono possibili professioni tradizionalmente maschili per le donne, tra cui ingegneria, finanza, chirurgia, carriera militare, e femminili per i maschi, tra cui il cuoco o il parrucchiere. Un ruolo forte e, soprattutto, il successo professionale, sono potenti supporti dell’identità di ognuno di noi e del suo valore come persona “sociale”.
Il terzo è l’identità di méta sessuale, in cui la percezione di sé viene definita dal sesso e dalle caratteristiche dell’oggetto di desiderio sessuale. «Mi sento (ancora) più maschio se ho una donna bella e sexy». «Mi sento (ancora) più femmina se ho un uomo bello, potente e ardente».
Dov’è la fluidità? Innanzitutto, nel modo di rapportarsi ai/alle partner: per un numero crescente di adolescenti è “normale” avere esperienze sessuali sia con ragazzi, sia con ragazze: «Non mi interessa se è maschio o femmina, mi interessa la persona». Alcuni ricercatori hanno seguito nel tempo ragazze che avevano indifferentemente esperienze eterosessuali, omosessuali e bisessuali: crescendo, un terzo circa si orientava in senso eterosessuale, un terzo omosessuale e un terzo continuava a fluttuare tra “oggetti di desiderio” di sesso diverso. Il vantaggio della fluidità? La possibilità di una sperimentazione di sé utile a comprendere meglio la propria verità, senza sentirsi costretti in ruolo o definizioni sentite come coercitive. Come tutte le sperimentazioni, ha un suo tempo ottimale oltre il quale può diventare un boomerang. I rischi? Diversi e su più fronti: medico, perché una promiscuità non protetta con costanza dal profilattico si traduce in un aumento di malattie sessualmente trasmesse e, nelle donne, di gravidanze non desiderate, e perché questi adolescenti sono più esposti all’abuso di alcol e droghe. Psicologico, per due ragioni almeno. Da un lato la sperimentazione sessuale “scissa” dall’affettività rischia di far perdere la parte affettivo-amorosa e soggettivo/esclusiva della relazione. Dall’altro, il “lasciarsi vivere” anche sul fronte psicosessuale rischia di sconfinare nelle paludi della passività e dell’apatia. Cognitivo, perché molti di questi adolescenti vanno male a scuola, con minori possibilità poi di avere lavori e redditi soddisfacenti, e crisi dell’identità di ruolo. Molti NEET (adolescenti Not (engaged) in Education, Employment or Training) hanno alle spalle un passato “fluido” finito in palude esistenziale. Molteplici le cause: da famiglie che hanno abdicato il ruolo normativo, per la crescente incapacità di coniugare l’amore con la fermezza, a scuole amputate del ruolo formativo e normativo, dall’eccesso di vita virtuale rispetto a quella reale, alla sessualizzazione precoce della prima adolescenza, con la complicità dei media. Come tutti gli aspetti della vita, anche la fluidità dell’identità ha lati luminosi e lati oscuri. Sta a noi adulti vigilare sui percorsi con affettuosa (e coraggiosa!) fermezza, senza aprire il cassetto delle sberle. Per farlo dobbiamo vigilare su noi stessi, con un’attenzione dinamica, una sana autocritica e quella morbidezza interiore che aiuta a far riflettere a fondo un figlio, anche con una carezza.

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