#EXPO2015. Perché in Italia, nonostante le difficoltà, la famiglia regge bene e più che all’estero? Perché, anche dopo una separazione, le famiglie allargate sono capaci di ritrovarsi, qui più che altrove? E dove si ritrovano? Intorno ad un tavolo, per pranzare o cenare insieme. Il cibo preparato con cura è uno dei più potenti fattori di riunione, di gratificazione affettiva, emotiva e perfino estetica, oltre che di delizia del palato. Ed è uno straordinario fattore di coesione, di identità, di continuità tra le generazioni.
In Giappone, appartamenti sempre più piccoli non hanno più la cucina: sono ridotti ormai a spazi dormitorio. In Usa, molte famiglie di colleghi e conoscenti a New York hanno sì la cucina, ma ridotta a un piccolo locale quasi inutilizzato. Il cibo viene acquistato pronto, oppure si mangia fuori. Ma non basta “mangiare”. E non ci si può nemmeno limitare a contare nutrienti e calorie, in un’ossessione nutrizionistica più attenta ai numeri che al valore emotivo del cibo, come amore reso visibile, come prendersi cura delle persone amate attraverso il più potente dei segnali. Fin dalla nascita, mangiamo “con” qualcuno, addirittura ci nutriamo “di” qualcuno. Il bambino allattato al seno sperimenta la bellezza, la gioia, la potenza rassicurante e consolante del latte che entra in bocca in un abbraccio multisensoriale inimitabile. Il calore della pelle, il profumo e i feromoni della mamma, il suo sguardo, la sua voce, il suo respiro, il suo sorriso, il suo abbraccio, scrivono un alfabeto dell’amore che veste il cibo di gioia, con impennate di assoluta e beata felicità, quando il rapporto tra la mamma e il piccino è intenso e sereno. Il “ti mangerei di baci” nasce lì. La capacità di amare, abbracciare, accarezzare, essere teneri ed empatici, ma anche essere carnalmente appassionati, nasce in quell’essere nutriti al seno con amore. Quel latte amoroso diventa nutrimento anche dell’anima, della serenità emotiva e dell’equilibrio psichico.
Ecco, se vogliamo essere e rendere più felici le persone che amiamo, dovremmo cercare di mantenere quell’abbraccio affettuoso nella liturgia del cibo almeno a colazione e a cena, se anche i bambini a scuola hanno il tempo pieno. Una piccola tovaglia da colazione allegra, magari con punte di rosso che dia vitalità e buonumore, il profumo del caffellatte, tazze colorate, marmellata, yoghurt, cereali o frutta, sono una colazione energizzante, fisica ed affettiva. Il papà può preparare tavola e cibo, se la mamma intanto segue i bambini perché siano pronti in tempo. O viceversa. Si può predisporre tovaglia e tazze la sera, perché al mattino il buongiorno sia già pronto, e basta preparare le bevande calde, invece di spararsi fuori come proiettili isterici, per un veloce cappuccino al bar.
Condividere la preparazione del cibo e della tavola con i bambini, fin da piccoli, è un altro aspetto essenziale dell’educazione familiare. Dove la mamma mantiene una centralità di significato, ma la fatica del preparare il pranzo o la cena, spreparare e lavare i piatti, o metterli in lavastoviglie, vanno condivisi con i figli, che saranno i genitori del futuro, in proporzione all’età. Un’educazione al saper cucinare, divertendosi, che diventa l’abc del saper prendersi cura degli altri, amici o familiari che siano. Un adolescente può preparare perfettamente la tavola e fare una buona pasta, cosicché anche i genitori, quando rientrano dal lavoro, abbiano il piacere di mettersi a tavola e sentirsi accolti, almeno una, due sere fisse la settimana. Un principio di reciprocità, essenziale nell’amore che cura e impara a prendersi cura. Da mettere in pratica per non allevare i figli come sultani esigenti e ingrati.
Più si impara da piccoli, più si diventa veloci, efficaci, competenti e ordinati, anche nella preparazione del cibo. Un sapere utile nella vita, indipendentemente dal sesso, dal livello culturale, dal reddito e dalla professione. Perché significa saper parlare d’amore con il più antico e universale dei codici: il buon cibo, condiviso attorno a un tavolo preparato con cura. A casa nostra c’erano sempre porzioni in più per gli amici dei figli che arrivavano all’ultimo momento. Un modo di dire “benvenuti” nel più concreto e gradito dei modi.
#Amarenutrendo è un antico e raffinato sapere italiano. Da custodire e valorizzare, in primis in famiglia.
In Giappone, appartamenti sempre più piccoli non hanno più la cucina: sono ridotti ormai a spazi dormitorio. In Usa, molte famiglie di colleghi e conoscenti a New York hanno sì la cucina, ma ridotta a un piccolo locale quasi inutilizzato. Il cibo viene acquistato pronto, oppure si mangia fuori. Ma non basta “mangiare”. E non ci si può nemmeno limitare a contare nutrienti e calorie, in un’ossessione nutrizionistica più attenta ai numeri che al valore emotivo del cibo, come amore reso visibile, come prendersi cura delle persone amate attraverso il più potente dei segnali. Fin dalla nascita, mangiamo “con” qualcuno, addirittura ci nutriamo “di” qualcuno. Il bambino allattato al seno sperimenta la bellezza, la gioia, la potenza rassicurante e consolante del latte che entra in bocca in un abbraccio multisensoriale inimitabile. Il calore della pelle, il profumo e i feromoni della mamma, il suo sguardo, la sua voce, il suo respiro, il suo sorriso, il suo abbraccio, scrivono un alfabeto dell’amore che veste il cibo di gioia, con impennate di assoluta e beata felicità, quando il rapporto tra la mamma e il piccino è intenso e sereno. Il “ti mangerei di baci” nasce lì. La capacità di amare, abbracciare, accarezzare, essere teneri ed empatici, ma anche essere carnalmente appassionati, nasce in quell’essere nutriti al seno con amore. Quel latte amoroso diventa nutrimento anche dell’anima, della serenità emotiva e dell’equilibrio psichico.
Ecco, se vogliamo essere e rendere più felici le persone che amiamo, dovremmo cercare di mantenere quell’abbraccio affettuoso nella liturgia del cibo almeno a colazione e a cena, se anche i bambini a scuola hanno il tempo pieno. Una piccola tovaglia da colazione allegra, magari con punte di rosso che dia vitalità e buonumore, il profumo del caffellatte, tazze colorate, marmellata, yoghurt, cereali o frutta, sono una colazione energizzante, fisica ed affettiva. Il papà può preparare tavola e cibo, se la mamma intanto segue i bambini perché siano pronti in tempo. O viceversa. Si può predisporre tovaglia e tazze la sera, perché al mattino il buongiorno sia già pronto, e basta preparare le bevande calde, invece di spararsi fuori come proiettili isterici, per un veloce cappuccino al bar.
Condividere la preparazione del cibo e della tavola con i bambini, fin da piccoli, è un altro aspetto essenziale dell’educazione familiare. Dove la mamma mantiene una centralità di significato, ma la fatica del preparare il pranzo o la cena, spreparare e lavare i piatti, o metterli in lavastoviglie, vanno condivisi con i figli, che saranno i genitori del futuro, in proporzione all’età. Un’educazione al saper cucinare, divertendosi, che diventa l’abc del saper prendersi cura degli altri, amici o familiari che siano. Un adolescente può preparare perfettamente la tavola e fare una buona pasta, cosicché anche i genitori, quando rientrano dal lavoro, abbiano il piacere di mettersi a tavola e sentirsi accolti, almeno una, due sere fisse la settimana. Un principio di reciprocità, essenziale nell’amore che cura e impara a prendersi cura. Da mettere in pratica per non allevare i figli come sultani esigenti e ingrati.
Più si impara da piccoli, più si diventa veloci, efficaci, competenti e ordinati, anche nella preparazione del cibo. Un sapere utile nella vita, indipendentemente dal sesso, dal livello culturale, dal reddito e dalla professione. Perché significa saper parlare d’amore con il più antico e universale dei codici: il buon cibo, condiviso attorno a un tavolo preparato con cura. A casa nostra c’erano sempre porzioni in più per gli amici dei figli che arrivavano all’ultimo momento. Un modo di dire “benvenuti” nel più concreto e gradito dei modi.
#Amarenutrendo è un antico e raffinato sapere italiano. Da custodire e valorizzare, in primis in famiglia.
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