La fame nera in Madagascar, dopo una siccità pesante che ha devastato i pochi raccolti, lascia interi villaggi alla morte per indigenza. In molti Paesi dell’Africa centrale, la violenza terroristica mostra un’escalation contro le scuole: l’istruzione va eliminata, con bambini rapiti per farne guerriglieri analfabeti e ragazze da violentare e portare con sé, perché abbiano figli e basta. Anche in Afganistan il terrorismo ha preso di mira le scuole femminili.
E’ possibile che brutalità e violenza siano oggi solo più evidenti perché rese rapidamente tangibili per via mediatica? Nelle emittenti con maggiore attenzione al panorama internazionale, come France 24 o la CNN, la sensazione è che ci sia un aumento reale di dolore fisico, emotivo, spirituale, esistenziale. La pandemia di dolore ha cause che solo in parte coincidono con la pandemia virale, che ha semmai fatto da detonatore a una frustrazione sociale trasversale, già pronta ad esplodere. Se si ascoltano le parole chiave più usate che descrivono il sentire di popoli diversissimi, a Hong-Kong come in Colombia, a Gaza come in Israele, in Congo come in Tunisia, una balza in testa a tutte: collera. Collera per i diritti umani calpestati, collera contro classi dirigenti inadeguate e corrotte, collera contro concittadini diversi per razza o cultura, collera per la perdita del lavoro, della casa, di ogni minima certezza. L’ultimo incidente diventa la miccia per dar fuoco alle polveri della rabbia, della frustrazione, della voglia di vendetta, della disperazione.
E nel nostro Paese, molto più fortunato di altri, nonostante tutto? Prevale la collera o la voglia di tornare a vivere? La maggioranza dei ragazzi è felice di ritornare a scuola, in presenza, finalmente. Le ferite emozionali e culturali inferte da quest’anno di didattica a distanza e di segregazione in casa saranno lente a guarire, soprattutto nei più fragili. Tuttavia la felicità che scorgo nelle ragazze e nei ragazzi in bicicletta a Milano, mentre pedalano allegri verso la scuola, allarga il cuore. Sono aumentati, rispetto a un anno fa, anche grazie all’incremento delle piste ciclabili: questo è molto buono, perché l’attività fisica è un altro potente depuratore di energia negative, e un ricaricatore formidabile di energie pulite e luminose. Molti scaldano i motori per potersi rimettere a lavorare, partendo col turbo. In primis nell’ambito della ristorazione, dopo un anno di crisi. Il riassaporare il gusto di lavorare bene e con soddisfazione, di tornare a sorridere e a rendere felici i clienti con piatti gustosi, aiuta a ritrovare fiducia nel futuro. Per tutti noi, la convivialità, gli amici ritrovati, la liturgia del farsi belli per uscire, riaccendono emozioni positive. Attivano endorfine, serotonina e dopamina: i primi analgesici della fatica di vivere. Quando il cervello viscerale è felice, si stemperano molti malesseri.
Rimboccarsi le mani e ripartire, ciascuno nel proprio campo, può far lievitare le energie buone, le prime capaci di sciogliere la collera e la rabbia. I più attenti hanno (ri)scoperto l’importanza di assaporare ogni minuto di bellezza e di poesia, iniziando dalle piccole cose. Il fiore sul balcone, il volo delle rondini sopra il tetto di casa, una conversazione stimolante, un tramonto poetico. Coloro che vanno oltre il proprio orizzonte, si stanno interrogando su come rendere più efficace e duratura la voglia di aiutare i meno fortunati. Riscoprendo che la generosità può dare più senso e valore ai propri giorni. Tradurre il desiderio di aiutare in pragmatica quotidiana: questa è la sfida, esaltante ed etica, che ci aspetta.
Aggressività e violenza Autorealizzazione Collera Covid e long Covid Povertà Riflessioni di vita