Malala Yuosafzai, 16 anni, è un ragazza che ha coraggio, forza e aspirazioni straordinari. E’ la giovane pachistana che il 9 ottobre del 2012 subì un attentato potenzialmente mortale, quando fu colpita alla tempia da un commando talebano, per il suo attivismo a favore dell’istruzione. E’ riuscita non solo a sopravvivere a gravissime lesioni neurologiche, ma a recuperare intatti il suo sogno e la sua determinazione di fare qualcosa di concreto per le giovani donne analfabete del suo Paese e del mondo. E’ meritatamente la più giovane candidata al Nobel per la pace. Lei ce l’ha fatta. Un mese fa ben 14 studentesse pachistane sono state uccise in un unico, tragico attentato suicida. Molte altre muoiono o sono brutalizzate senza che ne giunga eco in Occidente.
La cosa più triste è vedere che, mentre 57 milioni di bambini nel mondo non hanno accesso all’istruzione, e molti muoiono pur di averla, un numero crescente dei nostri figli la butta via. Disprezzando l’opportunità più straordinaria per pensare, per scegliere, per essere interiormente liberi e contribuire a cambiare in meglio il mondo. Malala è stata educata fin da piccola ad amare la lettura, ad appassionarsi ad avere un’istruzione che nutrisse la sua voglia di conoscere e la sua non comune intelligenza. Suo padre Ziauddin, ex insegnante e fondatore di una scuola per ragazze, l’ha educata non solo a pensare, ma a scegliere come modelli di pensiero e di etica persone della statura del Mahatma Ghandi, di Martin Luther King, di Madre Teresa, e figure religiose diverse come Maometto, Gesù Cristo e Buddha. Il loro denominatore comune? Una straordinaria capacità di compassione e di perdono, unita all’impegno di dedicare totalmente se stessi a migliorare davvero la vita – reale, ma anche spirituale – del loro popolo.
A 11 anni Malala scriveva già un blog, sotto pseudonimo, per il sito della TV inglese BBC. Lo usava per denunciare il divieto di andare a scuola imposto nel 2009 dai talebani alle bambine e alle ragazze della valle di Swat, nel nord del Pakistan. A 15 subisce l’attentato sul bus che la porta a scuola. A 16 parla all’ONU. Non molla. I talebani giurano che prima o poi la metteranno a tacere per sempre. Dice Malala: «Realizziamo l’importanza della nostra voce quando ci mettono a tacere. Abbiamo realizzato l’importanza delle penne e dei libri quando abbiamo visto i fucili (…). Gli estremisti hanno paura dei libri e delle penne. Il potere dell’istruzione li spaventa. Hanno paura delle donne e del potere della loro voce (…). Prendiamo in mano le nostre penne e i nostri libri. Sono più potenti delle armi…».
Perché in Occidente, e in Italia in particolare, culla di una cultura unica nel mondo, c’è invece questa crescente negligenza, se non franco disprezzo, nei confronti dell’istruzione? Certo, la scuola ha conosciuto un degrado sconfortante, con qualche isola felice, dovuta a insegnanti appassionati che amano educare al conoscere e al sapere, nonostante contesti scoraggianti. Tuttavia è la famiglia che oggi ha il ruolo più importante, persino più di ieri, proprio perché la scuola sta perdendo la sua capacità di dare un’istruzione che superi le barriere di origine sociale. Ieri era in grado di farlo, oggi non più. Lo vedo già in bambini piccolissimi: la precocità e qualità del linguaggio, la correttezza dei suoni, la proprietà e varietà di parole dipendono dai dialoghi ascoltati in famiglia. Questa qualità aumenta nettamente quando i genitori, o altre persone significative, leggono ai bambini fiabe e racconti fin da piccoli. La lettura non è surrogabile parcheggiando i bambini a guardare i cartoon per ore, anzi. La lettura affettuosa e dedicata di un adulto dà un premio di emozione, di tenerezza, di dedizione, che avvolge di calore il rito del leggere insieme, e scrive nella mente del piccolo che leggere è una cosa bellissima e apre mondi meravigliosi.
Io spero e prego che le forze del male non riescano a prevalere e a zittire Malala, questa ragazzina coraggiosissima che, a rischio della propria vita, testimonia e ci ricorda quanto siano preziosi e imperdibili il piacere dell’istruzione e la sua potenza trasformativa.
La cosa più triste è vedere che, mentre 57 milioni di bambini nel mondo non hanno accesso all’istruzione, e molti muoiono pur di averla, un numero crescente dei nostri figli la butta via. Disprezzando l’opportunità più straordinaria per pensare, per scegliere, per essere interiormente liberi e contribuire a cambiare in meglio il mondo. Malala è stata educata fin da piccola ad amare la lettura, ad appassionarsi ad avere un’istruzione che nutrisse la sua voglia di conoscere e la sua non comune intelligenza. Suo padre Ziauddin, ex insegnante e fondatore di una scuola per ragazze, l’ha educata non solo a pensare, ma a scegliere come modelli di pensiero e di etica persone della statura del Mahatma Ghandi, di Martin Luther King, di Madre Teresa, e figure religiose diverse come Maometto, Gesù Cristo e Buddha. Il loro denominatore comune? Una straordinaria capacità di compassione e di perdono, unita all’impegno di dedicare totalmente se stessi a migliorare davvero la vita – reale, ma anche spirituale – del loro popolo.
A 11 anni Malala scriveva già un blog, sotto pseudonimo, per il sito della TV inglese BBC. Lo usava per denunciare il divieto di andare a scuola imposto nel 2009 dai talebani alle bambine e alle ragazze della valle di Swat, nel nord del Pakistan. A 15 subisce l’attentato sul bus che la porta a scuola. A 16 parla all’ONU. Non molla. I talebani giurano che prima o poi la metteranno a tacere per sempre. Dice Malala: «Realizziamo l’importanza della nostra voce quando ci mettono a tacere. Abbiamo realizzato l’importanza delle penne e dei libri quando abbiamo visto i fucili (…). Gli estremisti hanno paura dei libri e delle penne. Il potere dell’istruzione li spaventa. Hanno paura delle donne e del potere della loro voce (…). Prendiamo in mano le nostre penne e i nostri libri. Sono più potenti delle armi…».
Perché in Occidente, e in Italia in particolare, culla di una cultura unica nel mondo, c’è invece questa crescente negligenza, se non franco disprezzo, nei confronti dell’istruzione? Certo, la scuola ha conosciuto un degrado sconfortante, con qualche isola felice, dovuta a insegnanti appassionati che amano educare al conoscere e al sapere, nonostante contesti scoraggianti. Tuttavia è la famiglia che oggi ha il ruolo più importante, persino più di ieri, proprio perché la scuola sta perdendo la sua capacità di dare un’istruzione che superi le barriere di origine sociale. Ieri era in grado di farlo, oggi non più. Lo vedo già in bambini piccolissimi: la precocità e qualità del linguaggio, la correttezza dei suoni, la proprietà e varietà di parole dipendono dai dialoghi ascoltati in famiglia. Questa qualità aumenta nettamente quando i genitori, o altre persone significative, leggono ai bambini fiabe e racconti fin da piccoli. La lettura non è surrogabile parcheggiando i bambini a guardare i cartoon per ore, anzi. La lettura affettuosa e dedicata di un adulto dà un premio di emozione, di tenerezza, di dedizione, che avvolge di calore il rito del leggere insieme, e scrive nella mente del piccolo che leggere è una cosa bellissima e apre mondi meravigliosi.
Io spero e prego che le forze del male non riescano a prevalere e a zittire Malala, questa ragazzina coraggiosissima che, a rischio della propria vita, testimonia e ci ricorda quanto siano preziosi e imperdibili il piacere dell’istruzione e la sua potenza trasformativa.
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