«Perché facciamo quello che facciamo nella vita e nel lavoro?». “The power of habit” (Il potere dell’abitudine), il best seller di Charles Duhigg, giornalista investigativo e scientifico del New York Times, indaga nei meccanismi mentali, cerebrali, e quindi profondamente biologici, che ci affondano nelle paludi di abitudini perniciose. O che, di converso, ci rinnovano e ci rendono vincenti potenziando le nostre capacità grazie ad una o più abitudini virtuose.
La forza del libro sta anzitutto nell’idea base: declinare il fondamentale “conosci te stesso” con una prospettiva molto particolare, ossia l’analisi accurata delle nostre abitudini e delle motivazioni, più o meno consapevoli, che le sottendono. Leggersi attraverso le abitudini ci porta a scrivere una mappa dell’Io e dei suoi comportamenti molto peculiare: quella degli automatismi biologici (radicati nei gangli basali del cervello), e non solo comportamentali, che abbiamo acquisito e privilegiato perché ne acquisiamo una “ricompensa” emotiva e fisica, conscia o inconscia. O perché cambiare ci costerebbe un investimento di energia che non possiamo o vogliamo fare.
Non è una prospettiva minimalista, anzi. L’abitudine dice moltissimo di noi: chi siamo, qual è la nostra educazione, quali le nostre qualità, i talenti, ma anche i limiti, le debolezze, le incapacità, le vulnerabilità. Più le abitudini sono sottilmente suadenti e intrinsecamente rigide, più siamo intrappolati, come recita un antico proverbio inglese: «The chains of habits are too week to be felt, until they’re too strong to be broken» (le catene delle abitudini sono troppo deboli per essere avvertite finché non diventano troppo forti per essere spezzate). Riconoscerle presto, ci consente di modificarle. Ecco il secondo punto di forza: a parità di talenti, nello sport come nella vita vince (anche su se stesso) chi sa sfruttare meglio la forza positiva dell’abitudine. In italiano non suona benissimo, forse è più esplicativo parlare di forza della ripetizione volontaria e sistematica di un comportamento finché ci diventa talmente connaturato e “facile” da essere eseguito alla perfezione anche nelle condizioni di maggiore pressione al risultato, quale può essere per un atleta una finale olimpica o per un musicista una performance nei migliori teatri del mondo.
Duhigg studia per esempio Michael Phelps, leggendario vincitore di 22 medaglie olimpiche, che è riuscito a battere in quattro edizioni avversari a volte di pari potenza ma di minor disciplina e sistematicità nella creazione di “abitudini” atletiche di altissimo profilo. Non si tratta solo di esercizio fisico, atletico o musicale. «Train your mind», allena la tua mente, è il corrispettivo necessario del gesto fisico: quella consapevolezza, quella calma allenata migliaia di volte che consente di fare una finale olimpica vincente perché impeccabile, di tirare un rigore a freddo, senza sentire (quasi) l’emozione della responsabilità, o di eseguire una suite come se ci si trovasse nel proprio studio, e non al Metropolitan di New York.
L’allenamento, la ripetizione sistematica nello sport, nella danza, nella musica, nella scrittura, nel lavoro, di un comportamento e di uno stile di concentrazione devono essere praticati fino ad ottenere un’esecuzione perfetta… nel quotidiano. Così che il delta tra la performance di allenamento e quella del momento eccezionale, la performance della vita, resti minimo. Con lo stesso metodo è possibile uscire anche da abitudini devastanti come le scommesse, l’alcolismo, o mille altre. Ma anche conquistare un mercato, conoscendo le abitudini dei consumatori. Tutto solido e ben argomentato.
La sfida? Far capire a genitori e figli che questi principi valgono nella vita di tutti noi, indipendentemente dal mirare ad essere campioni sportivi o star planetarie. Non è possibile combinare nulla se si vive da sdraiati. Non si impara a parlare bene se non si legge molto, se non si ripete a voce alta, se non si impara a memoria, se non si gusta il piacere di argomentare in modo convincente e non attraverso urla, parolacce o aggressività. Se non si ha una vita con sane abitudini che ne tengano ordinata la trama, incluso il rispetto delle otto ore di sonno (bruciate dagli adolescenti) e che sono invece il grande custode di quel potere della mente – di concentrarsi, di esprimersi al meglio – che è alla base di ogni risultato di qualità.
La forza del libro sta anzitutto nell’idea base: declinare il fondamentale “conosci te stesso” con una prospettiva molto particolare, ossia l’analisi accurata delle nostre abitudini e delle motivazioni, più o meno consapevoli, che le sottendono. Leggersi attraverso le abitudini ci porta a scrivere una mappa dell’Io e dei suoi comportamenti molto peculiare: quella degli automatismi biologici (radicati nei gangli basali del cervello), e non solo comportamentali, che abbiamo acquisito e privilegiato perché ne acquisiamo una “ricompensa” emotiva e fisica, conscia o inconscia. O perché cambiare ci costerebbe un investimento di energia che non possiamo o vogliamo fare.
Non è una prospettiva minimalista, anzi. L’abitudine dice moltissimo di noi: chi siamo, qual è la nostra educazione, quali le nostre qualità, i talenti, ma anche i limiti, le debolezze, le incapacità, le vulnerabilità. Più le abitudini sono sottilmente suadenti e intrinsecamente rigide, più siamo intrappolati, come recita un antico proverbio inglese: «The chains of habits are too week to be felt, until they’re too strong to be broken» (le catene delle abitudini sono troppo deboli per essere avvertite finché non diventano troppo forti per essere spezzate). Riconoscerle presto, ci consente di modificarle. Ecco il secondo punto di forza: a parità di talenti, nello sport come nella vita vince (anche su se stesso) chi sa sfruttare meglio la forza positiva dell’abitudine. In italiano non suona benissimo, forse è più esplicativo parlare di forza della ripetizione volontaria e sistematica di un comportamento finché ci diventa talmente connaturato e “facile” da essere eseguito alla perfezione anche nelle condizioni di maggiore pressione al risultato, quale può essere per un atleta una finale olimpica o per un musicista una performance nei migliori teatri del mondo.
Duhigg studia per esempio Michael Phelps, leggendario vincitore di 22 medaglie olimpiche, che è riuscito a battere in quattro edizioni avversari a volte di pari potenza ma di minor disciplina e sistematicità nella creazione di “abitudini” atletiche di altissimo profilo. Non si tratta solo di esercizio fisico, atletico o musicale. «Train your mind», allena la tua mente, è il corrispettivo necessario del gesto fisico: quella consapevolezza, quella calma allenata migliaia di volte che consente di fare una finale olimpica vincente perché impeccabile, di tirare un rigore a freddo, senza sentire (quasi) l’emozione della responsabilità, o di eseguire una suite come se ci si trovasse nel proprio studio, e non al Metropolitan di New York.
L’allenamento, la ripetizione sistematica nello sport, nella danza, nella musica, nella scrittura, nel lavoro, di un comportamento e di uno stile di concentrazione devono essere praticati fino ad ottenere un’esecuzione perfetta… nel quotidiano. Così che il delta tra la performance di allenamento e quella del momento eccezionale, la performance della vita, resti minimo. Con lo stesso metodo è possibile uscire anche da abitudini devastanti come le scommesse, l’alcolismo, o mille altre. Ma anche conquistare un mercato, conoscendo le abitudini dei consumatori. Tutto solido e ben argomentato.
La sfida? Far capire a genitori e figli che questi principi valgono nella vita di tutti noi, indipendentemente dal mirare ad essere campioni sportivi o star planetarie. Non è possibile combinare nulla se si vive da sdraiati. Non si impara a parlare bene se non si legge molto, se non si ripete a voce alta, se non si impara a memoria, se non si gusta il piacere di argomentare in modo convincente e non attraverso urla, parolacce o aggressività. Se non si ha una vita con sane abitudini che ne tengano ordinata la trama, incluso il rispetto delle otto ore di sonno (bruciate dagli adolescenti) e che sono invece il grande custode di quel potere della mente – di concentrarsi, di esprimersi al meglio – che è alla base di ogni risultato di qualità.
Abitudine Apprendimento Autorealizzazione Educazione Riflessioni di vita