Fermatevi un minuto: chi vi ha trasmesso di più nella vita? La mamma, il papà, un nonno molto amato, una zia carissima, un amico, un insegnante speciale? Chi ricordate per questo con più gratitudine, e perché? Quali messaggi sono arrivati con gioia alla vostra mente e al vostro cuore? Quali vi sembra meritino di essere trasmessi ai vostri figli? O ai vostri nipotini? E vi sembra di riuscirci?
Un piccolo libro prezioso, “L’arte di trasmettere” di Nathalie Sarthou-Lajus (Sympathetika, Qiqajon Edizioni), ci aiuta a riflettere su quanto “insegnare” e “trasmettere” possano in parte sovrapporsi, ma quanto, nell’essenza, siano diversi: nei modi della comunicazione, nella profondità dell’impatto emozionale, prima ancora che cognitivo, nella capacità di durare e, soprattutto, di modificarci. Aiutandoci a far emergere le parti più vitali, e spesso migliori, del nostro carattere.
L’autrice, a lungo insegnante di filosofia ai licei, dal 2007 è vicedirettrice della rivista di cultura e spiritualità “Etudes”, curata dai gesuiti di Francia, il gruppo più colto tra i religiosi cattolici. Ha un’esperienza e un’affiliazione che l’hanno posta di fronte alla sfida di una comunicazione del sapere il più efficace possibile. Tutti coloro che hanno interlocutori più giovani – in famiglia, a scuola, sul lavoro – dovrebbero cercare di migliorare il proprio “indice di trasmissione efficace”, affinché la comunicazione sia feconda e quindi “trasformativa”, un lievito profondo che aiuti a far sbocciare i talenti migliori.
Insegnare è più facile, perché ha caratteristiche strutturate. Avviene in luoghi precisi, con orari scanditi, secondo metodi consolidati, con una procedura razionale la cui efficacia è (o dovrebbe essere) verificabile. Il dominio della “trasmissione” è invece privo di appiglio oggettivo. Il suo luogo privilegiato è la “soglia”, in senso sia letterale sia metaforico: dove gli antichi significati cedono il passo e i nuovi attendono di essere scoperti o inventati. E’ soffermandosi sulla soglia dell’aula, mentre il resto della classe è già uscito, che il ragazzo fa all’insegnante “la” domanda cruciale, quella che trasformerà l’insegnamento del mattino in trasmissione emozionante, significativa e durevole. Quella che parla al cervello destro, dove abitano le emozioni unite a una forma speciale di memoria narrativa ed esperienziale, e non solo all’emisfero sinistro, dove abita la parte cognitiva più strutturata, ma anche più vulnerabile all’oblio quando la nozione non ha significato e risonanze interiori.
E’ sulla soglia dello studio che la paziente, mentre sta uscendo, dice l’associazione più importante per la diagnosi: «Ah, volevo anche dirle che...». E’ sulla soglia di casa, mentre sta uscendo, che il bambino si sofferma per dire qualcosa di vitale, che nella fretta del mattino quasi nessun adulto ascolta… a volte perdendolo per sempre. E’ sulla soglia del cuore che oggi ci fermiamo sempre più impauriti. E scappiamo via, invece di attraversarla coraggiosi, perché lì sta il passaggio verso un altro livello di comprensione e di intimità, emotiva, affettiva, ma anche sensuale e sessuale.
«La nostra (vera) eredità non è preceduta da alcun testamento». Oggi è in crisi profonda l’insegnamento, narcotizzato da uno sterile nozionismo fine a stesso. Quanti insegnanti si interrogano sul senso e sul fine vero del loro insegnare? Qualcuno parla di nuova barbarie, per indicare la dilagante ignoranza su ogni fronte del sapere, la perdita progressiva dalla capacità di pensiero complesso e autonomo, il ritorno a un pensiero binario primitivo “bianco-nero”, “buono-cattivo”, dove le fake-news, dall’infettività epidemica e acefala, sono considerate la nuova cultura.
Purtroppo è in crisi ancora più profonda la trasmissione, che richiede fiducia profonda e credito interpersonale, che viaggiano sul riconoscersi su alcune intuizioni o visioni incompiute sul mondo, cui si cercano risposte persuasive. O domande più incoraggianti ancora sul perché meriti continuare a cercare. Con curiosità, gusto della scoperta e gioia. La trasmissione è fragile e vulnerabile. Ma può essere folgorante e indimenticabile. Può avvenire a sorpresa anche nelle relazioni turbolente o conflittuali, quando per percorsi misteriosi ci si ritrova sintonizzati e quel messaggio, quell’intuizione del mondo, “passano” all’altro/a e sono trasmessi per sempre. Chiediamoci: sto parlando al muro, sto insegnando o sto trasmettendo?
Un piccolo libro prezioso, “L’arte di trasmettere” di Nathalie Sarthou-Lajus (Sympathetika, Qiqajon Edizioni), ci aiuta a riflettere su quanto “insegnare” e “trasmettere” possano in parte sovrapporsi, ma quanto, nell’essenza, siano diversi: nei modi della comunicazione, nella profondità dell’impatto emozionale, prima ancora che cognitivo, nella capacità di durare e, soprattutto, di modificarci. Aiutandoci a far emergere le parti più vitali, e spesso migliori, del nostro carattere.
L’autrice, a lungo insegnante di filosofia ai licei, dal 2007 è vicedirettrice della rivista di cultura e spiritualità “Etudes”, curata dai gesuiti di Francia, il gruppo più colto tra i religiosi cattolici. Ha un’esperienza e un’affiliazione che l’hanno posta di fronte alla sfida di una comunicazione del sapere il più efficace possibile. Tutti coloro che hanno interlocutori più giovani – in famiglia, a scuola, sul lavoro – dovrebbero cercare di migliorare il proprio “indice di trasmissione efficace”, affinché la comunicazione sia feconda e quindi “trasformativa”, un lievito profondo che aiuti a far sbocciare i talenti migliori.
Insegnare è più facile, perché ha caratteristiche strutturate. Avviene in luoghi precisi, con orari scanditi, secondo metodi consolidati, con una procedura razionale la cui efficacia è (o dovrebbe essere) verificabile. Il dominio della “trasmissione” è invece privo di appiglio oggettivo. Il suo luogo privilegiato è la “soglia”, in senso sia letterale sia metaforico: dove gli antichi significati cedono il passo e i nuovi attendono di essere scoperti o inventati. E’ soffermandosi sulla soglia dell’aula, mentre il resto della classe è già uscito, che il ragazzo fa all’insegnante “la” domanda cruciale, quella che trasformerà l’insegnamento del mattino in trasmissione emozionante, significativa e durevole. Quella che parla al cervello destro, dove abitano le emozioni unite a una forma speciale di memoria narrativa ed esperienziale, e non solo all’emisfero sinistro, dove abita la parte cognitiva più strutturata, ma anche più vulnerabile all’oblio quando la nozione non ha significato e risonanze interiori.
E’ sulla soglia dello studio che la paziente, mentre sta uscendo, dice l’associazione più importante per la diagnosi: «Ah, volevo anche dirle che...». E’ sulla soglia di casa, mentre sta uscendo, che il bambino si sofferma per dire qualcosa di vitale, che nella fretta del mattino quasi nessun adulto ascolta… a volte perdendolo per sempre. E’ sulla soglia del cuore che oggi ci fermiamo sempre più impauriti. E scappiamo via, invece di attraversarla coraggiosi, perché lì sta il passaggio verso un altro livello di comprensione e di intimità, emotiva, affettiva, ma anche sensuale e sessuale.
«La nostra (vera) eredità non è preceduta da alcun testamento». Oggi è in crisi profonda l’insegnamento, narcotizzato da uno sterile nozionismo fine a stesso. Quanti insegnanti si interrogano sul senso e sul fine vero del loro insegnare? Qualcuno parla di nuova barbarie, per indicare la dilagante ignoranza su ogni fronte del sapere, la perdita progressiva dalla capacità di pensiero complesso e autonomo, il ritorno a un pensiero binario primitivo “bianco-nero”, “buono-cattivo”, dove le fake-news, dall’infettività epidemica e acefala, sono considerate la nuova cultura.
Purtroppo è in crisi ancora più profonda la trasmissione, che richiede fiducia profonda e credito interpersonale, che viaggiano sul riconoscersi su alcune intuizioni o visioni incompiute sul mondo, cui si cercano risposte persuasive. O domande più incoraggianti ancora sul perché meriti continuare a cercare. Con curiosità, gusto della scoperta e gioia. La trasmissione è fragile e vulnerabile. Ma può essere folgorante e indimenticabile. Può avvenire a sorpresa anche nelle relazioni turbolente o conflittuali, quando per percorsi misteriosi ci si ritrova sintonizzati e quel messaggio, quell’intuizione del mondo, “passano” all’altro/a e sono trasmessi per sempre. Chiediamoci: sto parlando al muro, sto insegnando o sto trasmettendo?
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