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Internet: quando la vittima è lui

02/03/2007

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

"Ho 24 anni e fino a qualche mese fa ero un appassionato internauta. Del web mi piacevano la varietà, l’imprevedibilità, i mondi virtuali. Alla sera navigavo per ore, e dopo mi sentivo bene, come dopo un lungo viaggio in terre sconosciute. Uso il passato perché un brutto giorno, in chat, ho trovato una donna che mi ha letteralmente fatto perdere la testa: spiritosa, intelligente, sensuale, seduttiva. Abbiamo cominciato a trovarci in Rete ogni tanto, poi sempre più spesso, fino a quando io, imbecille che sono, non ce l’ho fatta più e le ho chiesto di vederci. A quel punto la signora ha scoperto le carte: diceva che mi amava e invece, di punto in bianco, ha staccato la spina. Evidentemente per lei ero solo un gioco, di me non gliene poteva importare di meno. Risultato? Da allora non sono più riuscito a legare con nessuna ragazza. Non mi fido più, sono stato troppo male. Come ho fatto a sbagliare in modo così clamoroso? E poi dicono che siamo solo noi maschi i vampiri, e che le vittime sono sempre le donne…".
Fabio (Roma)
Caro Fabio, Le devo purtroppo dare ragione. Non è vero che il “narciso vampiro”, un profilo di personalità tristemente noto in psichiatria, prosperi solo in campo maschile: oggi c’è un’autentica epidemia di donne, giovani e giovanissime, che fanno un uso strumentale della seduzione al solo scopo di sentirsi corteggiate e desiderate ben oltre i limiti di quel bisogno, sano e fisiologico, che tutti abbiamo di essere apprezzati. E strumenti come Internet, buoni o cattivi non in sé ma secondo l’uso che se ne fa, non fanno che moltiplicare – rispetto al passato – le occasioni di seduzione.

Cosa spinge una persona a comportarsi in questo modo?

L’abilità di sedurre e farsi desiderare, mantenendo però il pieno controllo della situazione e della relazione, può migliorare la percezione che una donna o un uomo hanno di sé, la loro autostima. E questo a partire da quadri psicologici molto diversi, addirittura opposti. A volte, infatti, si tratta di persone insicure, incapaci di percepire il proprio valore in modo equilibrato e oggettivo; altre volte, invece, ci troviamo di fronte a soggetti con un io sovradimensionato e un’autostima abnorme, assolutamente non giustificata dai fatti. In entrambi i casi, la finzione seduttiva colma un vuoto esistenziale che non si riesce a eliminare sul piano reale.

Perché Internet sembra favorire questo tipo di situazioni?

In Rete è infinitamente più facile assumere identità fittizie, attribuendosi doti e qualità inesistenti, e questo perché i segnali che inviamo agli altri non sono immediatamente verificabili attraverso i normali canali della comunicazione. Internet sembra offrire la possibilità di vivere esperienze reali e concrete, ma nella maggior parte dei casi questa è solo un’illusione: la distanza fisica, il medium tecnologico, le modalità comunicative – filtrate dalla tastiera o al massimo dalla webcam – rendono la situazione estremamente irreale e idealizzata. In mancanza di un valido ancoraggio alla realtà, la seduzione in Rete ci fa innamorare dell’amore, e della sua promessa di felicità, più che della persona che abbiamo “di fronte”. Si finisce per pensare che, grazie alla tecnologia, si possano consolidare velocemente quei sentimenti e quei legami che nei rapporti reali richiedono tempo, pazienza e reciproca dedizione. Ed è proprio su questa confusione di fondo che possono poi svilupparsi delusioni devastanti. La vittima crede alla verità di certe dichiarazioni, le sente sincere. Il narciso vampiro – maschio o femmina che sia – no. Ci gioca, si diverte, instaura più relazioni virtuali contemporaneamente, rilancia di continuo la posta in gioco. Fino a quando perde rapidamente interesse, a volte già nel mondo virtuale, a volte nella relazione reale che si sviluppa in seguito all’incontro.

Esistono persone più esposte di altre a queste disavventure?

Sì, Fabio, e l’indizio di una possibile predisposizione da parte sua sta in quell’essere un “internauta appassionato” di cui parla all’inizio della sua lettera. Quando c’è di mezzo la Rete, è infatti facile che la passione sfoci prima o poi in una vera e propria dipendenza. Oggi si parla di “disturbo da dipendenza da Internet” (o IAD, Internet Addiction Disorder), proprio per indicare la tendenza a passare una quantità spropositata di tempo on line, o l’incapacità di sviluppare relazioni sociali se non attraverso le chat, o ancora l’immersione così persistente in certi mondi virtuali da perdere ogni contatto con la realtà. Ora, è evidente che, ancora una volta, tutto dipende dall’uso che si fa dello strumento e quindi, in ultima analisi, dalle motivazioni per cui si va – tanto o poco – sul web. Ci si può andare per curiosità, per gioco, per sperimentarsi, pur avendo una vita reale soddisfacente: in questi casi la persona ha un buon equilibrio personale, è in grado di valutare la rischiosità di certe situazioni e prendere le opportune contromisure. Diversa è la situazione di chi sta vivendo un periodo di crisi, è depresso, ha una relazione conflittuale o deludente. In questi casi la motivazione a cercare un partner su Internet è spesso “difensiva” rispetto a sentimenti di ansia, delusione, frustrazione, disistima. In questo caso aumenta nettamente la vulnerabilità a comportamenti di tipo proiettivo, con il rischio di delusioni anche gravi.

Tutti gli amori che nascono in Rete sono destinati a finire?

Non proprio, anche se è vero che solo un’esigua minoranza sopravvive alla “prova di realtà” costituita dall’incontro nella vita. Da una recente indagine su 2000 donne inglesi navigatrici abituali (età media, 27 anni) emerge che il 64 per cento ha incontrato il proprio partner nella vita reale e solo il 24 per cento sul web. Un altro studio, relativo a 600 coppie australiane nate sul web, indica che il 70 per cento si è separato dopo pochi mesi, a conferma della grande vulnerabilità delle coppie nate con una forte componente proiettiva e di sogno. In Italia, l’80 per cento delle coppie formatesi in Rete si separa addirittura dopo il primo incontro, soprattutto per la sensazione di aver incontrato un “estraneo”: tutto il senso di intimità emotiva svanisce, in queste coppie, quando la realtà impone le sue ragioni rispetto ai sogni e al bisogno di innamorarsi.

Cosa si può fare dopo aver vissuto un'esperienza così traumatizzante?

Una delusione di questo tipo, quando la fiducia era alle stelle, può minare a fondo la possibilità di fidarsi ancora di chiunque. Tuttavia, anche da questa trappola di negatività si può uscire, imparando a dare fiducia con più gradualità, a mettersi in allerta di fronte a dichiarazioni esagerate, a preferire gli incontri della vita reale che, con la loro complessità e ricchezza di segnali, rendono meno probabile la resa totale a una seducente narcisa vampira.

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