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Istruzione o distruzione: l’ignoranza predice il fallimento

Istruzione o distruzione: l’ignoranza predice il fallimento
18/07/2022

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

Ignoranza pandemica tra i nostri studenti, con crescita infettiva più aggressiva al Sud e nelle isole. Uno studente di maturità su due non è solo “impreparato” dopo tredici (!) anni di scuola: è ignorante delle nozioni più elementari. Ignorante, nel senso di persona che ha trascurato la conoscenza di concetti e nozioni che si potrebbero e dovrebbero sapere, come ben dice l’etimo della parola.
L’italiano è ormai “lingua straniera”, senza che se ne conosca un’altra ufficiale, con un crescente analfabetismo “di andata”. La matematica elementare è un rebus. Sulle altre materie, stendiamo un velo. Per la diagnosi del disastro in corso nell’istruzione pubblica abbiamo un ente apposito, l’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema educativo di Istruzione e di formazione, di cui INVALSI è acronimo. E per la terapia? Nebbia fitta.
Il primo passo, non procrastinabile, è un’autocritica costruttiva, urgente e rigorosa: negli studenti in primis, ammesso che si rendano conto delle sabbie mobili in cui sono finiti, con corresponsabilità colpevole, in crescita con l’età. Basta parlarne come vittime degli adulti. Non si diventa maggiorenni e responsabili a diciotto anni per magia. La capacità di autonomia e di responsabilità dovrebbe crescere ben allenata fin da piccoli. Certo, con la guida di adulti responsabili e attenti, che pratichino e trasmettano il senso alto del dovere, e non solo dei diritti. Dell’impegno quotidiano e costante, invece di sterili nottate l’ultima settimana di scuola. Dello studiare con curiosità e gusto: privilegio e dovere, oltre che diritto. Del metodo necessario per ottenere un risultato: nella scuola, nello sport, nella vita, e invece tragicamente latitante. Della necessità di avere un’agenda della giornata, invece di ciondolare vegetando tra like ed emoticon. Un’agenda con almeno tre ore nel pomeriggio per studiare a telefonini e social spenti e un’ora di sport attivo (mens sana in corpore sano). Altro che multitask: la concentrazione assoluta su una cosa alla volta – studiare, nello specifico – è indispensabile per memorizzare con efficacia, a breve e lungo termine. Nessun atleta, nessun musicista va in gara o sul palco con un telefonino in tasca. L’attenzione frammentata e continuamente disturbata da incursioni social mina l’essenza dell’apprendere e del ricordare.
Autocritica severa nelle famiglie: che senso ha difendere figli indifendibili, col risultato “promossi (ignoranti) a scuola, falliti nella vita”? Autocritica severa fra insegnanti e presidi, e nel Ministero dell’istruzione. Autocritica nei partiti, a cui l’istruzione dovrebbe stare a cuore quanto la salute dei giovani. Invece molti politici sono stati complici attivi dell’assassinio del valore della competenza, di cui l’istruzione è gemella, per garantirsi la sopravvivenza. Perché per fare il concorso per collaboratore scolastico (il bidello di una volta) serve un diploma di scuola superiore, e abbiamo parlamentari con la terza media? L’antico “panem et circenses” (pane e spettacoli) per dominare le folle è oggi diventato “assegno di cittadinanza e social” per guadagnare facilmente consensi ipnotizzati e acritici. Istruzione, cultura e allenamento al pensiero critico e discriminante sono il sale della democrazia. Più le persone sono ignoranti, più sono plagiabili con slogan seduttivi e più sono manipolabili. L’ignoranza è il veleno più tossico per la democrazia. Ed è il virus più efficace per far penetrare nei cervelli le fake più assurde. L’ignoranza nutre arroganza, presunzione e chiusura a priori all’ascolto, al dubbio, all’aprirsi ad argomentazioni e prospettive diverse, motore primo di crescita e di riuscita nella vita.
In un Paese in cui la ricerca di alibi e di terzi da incolpare è lo sport più praticato, Covid e DAD sono stati comodi alibi per l’autoassoluzione. Di fatto, sono una colpevole narcosi delle coscienze, prima dell’assassinio finale dell’istruzione e della cultura nel nostro Paese.
Punto chiave: in un mondo così competitivo, senza istruzione muore la capacità di svolgere poi lavori e professioni gratificanti. Muore il futuro del Paese, assassinato dall’ignoranza dilagante, più perniciosa del calo della natalità.
In sintesi: ci rendiamo conto o no che per un ragazzo e una ragazza su due il futuro personale è già in rianimazione? E che la maggioranza di quei ragazzi appartiene alle classi sociali più svantaggiate? Ancor più per loro l’istruzione è ossigeno, è vita, è strumento di crescita e di riscatto. E allora ridiamo valore e priorità allo studio. Al bisogno di attenzione e concentrazione a social spenti, per apprendere bene. Al senso del dovere fin dalle elementari, all’impegno personale e all’autocritica costruttiva, per essere protagonisti felici della propria vita, oggi e domani.

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