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L'amore oggi: così effimero, così fragile

08/12/2015

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

«Una volta si diceva "per sempre". Ci si credeva, e ci si impegnava a restare insieme, nella buona e nella cattiva sorte. Io e mio marito siamo insieme da 52 anni, e ci vogliamo ancora molto bene. Ci siamo impegnati, abbiamo avuto le nostre difficoltà, ma le abbiamo superate con fiducia. Ora le coppie durano sempre meno. Entrambi i nostri figli sono separati, e due nostre nipoti, sposate da pochi anni e con bimbi piccoli, sono già in seria crisi. Perché l’amore dura sempre meno?».
Caterina e Franco, Treviso
Complimenti anzitutto, gentili Caterina e Franco, per il vostro felice matrimonio. Un messaggio di speranza, per tutti coloro che oggi vivono l’amore come un’emozione a termine, un contratto a rate, un’illusione condivisa che scompare al primo litigio, alla prima dissonanza. Sento anche, nelle vostre parole, la tristezza per non essere riusciti a trasmettere ai vostri figli il “segreto” grazie a cui l’amore nella coppia possa durare e mantenersi fresco, solido, forte e sereno.
Quanto dura l’amore? E’ vero: sempre meno. Il “per sempre” delle fiabe e dei sogni è molto raro nella vita reale. Più le coppie sono giovani, meno durano. E sono poche le coppie che, come voi, possano realmente festeggiare i trenta, quaranta, cinquant’anni di unione col sorriso sul volto e la gioia nel cuore. Aumentano le separazioni, i divorzi, le relazioni extraconiugali, anche se l’unione formalmente continua, mentre l’attrazione scompare e l’affetto si intiepidisce. Fino a vivere da separati in casa, a volte solo perché lasciarsi costa economicamente troppo o perché i bambini sono ancora piccoli. Perché l’amore è sempre più fragile ed effimero?

Le ragioni del cuore

L’amore di coppia è vulnerabile, e tende a morire rapidamente, innanzitutto perché sono cambiate le priorità: l’“io” è più importante del “noi”. Il diritto alla felicità è più forte dei doveri che il vivere in coppia comporta. E se “io” e “noi” sono in conflitto, ieri vinceva il noi, oggi vince l’io. Oggi la libertà, il piacere fisico, la felicità sessuale, la soddisfazione e la gratificazione personale sono più importanti del progetto di coppia e di famiglia con figli. L’unica certezza è l’Io, in una società dove aumentano esponenzialmente i single, sempre più connessi e sempre più soli, che s’incontrano a volte solo per far sesso. Il lato oscuro di questa polarizzazione sul piacere fisico è la frustrazione del bisogno di attaccamento e di amore, che attiva un senso profondo, e a volte devastante, di solitudine. Ne sono spia la crescente depressione, e l’uso crescente di droghe e forme diverse di dipendenza che vanno a surrogare un bisogno profondo di appartenenza, sempre più frustrato.
Oggi la ricerca dell’amore passione, sull’onda di un’attrazione fisica travolgente, è la priorità di chi è giovane e di chi si sente giovane. Ma anche di chi, stufo di una vita piatta, noiosa, prevedibile, frustrata e insoddisfatta, sente e vede l’innamoramento come la più piacevole “autoterapia” antidepressiva. A basso costo, anche, finché lo “sturm und drang” emotivo e gli sfaceli familiari che a volte ne conseguono non presentino conti vertiginosi, economici oltre che affettivi.
E’ cambiato il codice sociale: in società sempre più fluide, la famiglia ha assunto forme ameboidi. Entrare ed uscire da una famiglia è sempre più accettato come “normale”. Ma la rarefazione degli affetti, l’instabilità delle relazioni, il rischio che i figli vengano usati come armi improprie e come proiettili per ferire a fondo il partner separato rendono molto inquieta anche la “normalità” delle separazioni. Certo, molto dipende dalla qualità delle persone. Ci si può separare mantenendo relazioni civili ed educate, o ancora affettuose, ed essere genitori anche migliori, rispetto a quando si era insieme. Ma per molti figli la separazione crea cicatrici emotive permanenti, in cui si radica una sostanziale sfiducia nell’amore. Per cui, divenuti adolescenti e poi adulti, si preferisce avere relazioni di sesso, tenendo il cuore in frigorifero.
E’ venuta meno la grande forza stabilizzatrice delle famiglie che è stato il cattolicesimo, che nell’ottica della fede, del sacrificio (spesso più femminile), del perdono, della pazienza, della sopportazione e della prudenza ha aiutato molte coppie a superare crisi anche profonde dando un senso positivo e forte all’energia dedicata alla ricomposizione di piccole e grandi fratture affettive. Dall’economia del risparmio e del rammendo, anche affettivo, si è passati all’economia dello spreco, dell’usa e getta. Ieri i fattori di coesione più forti e duraturi erano la condivisione del progetto di coppia e di famiglia, la cura e la realizzazione dei figli; oggi dominano il piacere e la realizzazione personale. Ed è cambiato il senso del tempo: ieri si stava insieme “finché morte non ci separi”, oggi “finché dura”.

Il centro dell'amore romantico

Nella parte profonda del cervello c’è il “centro dell’amore romantico”, molto sviluppato nelle coppie che si amano felicemente per decenni. E’ collegato al centro che produce ossitocina, un neurormone che scrive nel nostro cervello chi ci ama e ci rende felici. Ed è vicino al centro che coordina l’attaccamento tra mamma e piccoli. Il segreto della capacità di amare a lungo, da adulti, sta (anche) nell’aver imparato e vissuto bene l’alfabeto dell’amore da bambini. Poi nella misteriosa alchimia di trovare la persona “giusta”. Basta l’ossitocina a legarci? No, ma è comunque utile, perché abbassa l’aggressività, la pressione, la tensione muscolare, il cortisolo, il battito cardiaco e ci fa stare bene. Piuttosto del valium, è di sicuro meglio un abbraccio!

Le ragioni del corpo

Anche la biologia sembra remare contro la stabilità delle relazioni. Il corpo, la felicità carnale, l’istinto, l’impulsività nel seguire l’attrazione fisica hanno oggi la priorità sulla componente romantica, affettiva, amicale, progettuale. Questione di odore e di pelle, questione di feromoni e di sistema immunitario. Ricerche condotte da C. Larson e collaboratori dell’Università di California hanno dimostrato che più piace l’odore di pelle, più i sistemi immunitari dei due partner sono diversi, maggiore è l’attrazione fisica e maggiore è la probabilità di avere figli più vitali. Di converso, più i geni compresi nel sistema immunitario (sistema maggiore di istocompatibilità, Major Histocompatibility Complex, MHC) sono simili tra i due partner della coppia, minore è l’attrazione di pelle (“ci vogliamo tanto bene ma io ho sempre poco desiderio, poca voglia di far l’amore”), più le donne mostrano una minore responsività sessuale nel tempo, un aumento di partner al di fuori della coppia stabile e, all’ovulazione, una maggiore attrazione verso uomini diversi dal partner abituale con cui si condividono troppe somiglianze genetiche. Interessante, no?
Se la questione è biologica e quindi millenaria, perché lo scenario dell’amore sta cambiando? Uomini e donne sentono entrambi la potenza del biologico. Ma nei millenni (e tutt’ora in molte realtà) il contesto sociale, religioso, economico e culturale ha consentito comportamenti molto polarizzati. Con uomini da sempre molto promiscui, e donne monogame o quasi per dipendenza economica, per feroce controllo sociale, con sanzioni, stigmatizzazioni e punizioni, fino alla morte, in caso di infedeltà. Nella donna, ci sono due criteri di scelta del partner: attrattività fisica da un lato, capacità di provvedere e aver cura della donna e dei figli dall’altro. La dipendenza economica della donna era un fattore formidabile di stabilità e di opzione per la scelta di partner protettivi, anche economicamente sicuri. Ora che la donna è indipendente, guadagna e ai figli può anche provvedere da sé domina sempre più anche in lei la scelta del partner in base all’attrattività sessuale, molto più potente ma anche effimera. Mia nonna diceva: «Una donna fa un uomo o lo disfa (sia il marito, o il figlio maschio, ma anche un fratello o un amico). Fa la famiglia (nel senso di essere la grande regista degli affetti e della capacità di ricomposizione) o la disfa». Quando la donna non media più, la famiglia è più vulnerabile. E sempre più spesso salta. E’ difficile tenere viva la relazione di coppia, se, in primis, non abbiamo cura di noi stessi e non ci impegniamo ogni giorno per una migliore longevità in salute: del corpo, del cuore e dell’anima.

Come stimolare il partner ad avere a cuore la coppia?

Il primo consiglio è incoraggiare i nostri uomini, fidanzati, compagni o mariti, ad aver cura di sé (ed averla noi stesse): fisicamente, emotivamente, culturalmente e spiritualmente. Condividendo con loro, se possibile, almeno l’attività fisica e una parte delle attività che mantengono vivi la mente e il cuore.
E’ difficile restare innamorati di una donna, se non si è del pari innamorati della vita. Se non prendiamo a cuore le piccole felicità quotidiane, proteggendole anche da noi stessi, dai nostri astratti furori, dalla nostra distratta indifferenza. E dalla negatività che ci circonda.
Essere felici e mantenere nel tempo relazioni di qualità richiede un impegno costante e fresco in entrambi. Non semplice. Quando ci si riesce, è davvero un capolavoro del corpo e dell’anima.

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