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L'attesa in gravidanza: che cosa ci insegna?

23/03/2015

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

La gestazione è un tempo sacro. E’ il paradigma del tempo necessario per concepire un figlio e portarlo a nascere bene. E’ metafora perfetta del tempo necessario per concepire un’idea, un progetto, un sogno, e portarli a compimento. La gestazione ci insegna che il tempo creativo si muove nel grembo fisico e nel grembo psichico, altrettanto importante di quello biologico. L’attesa accende il tempo “kairós”, il tempo benedetto, il tempo di luce, che porta a concepire e realizzare i nostri progetti migliori, di cui un figlio è il più importante. In antitesi al tempo “chrónos”, l’oscuro che tutto divora.
La gestazione ci riporta a un senso sano del tempo, rallentato per costruire la vita, per cambiare dentro e fuori di noi. Un tempo che nei millenni resta perfetto se dura nove mesi. Forzarlo comporta guai, anche drammatici. Questo vale anche per le scelte umane, che richiedono un tempo di gestazione, perché un progetto che ci sta a cuore arrivi a vedere la luce. E’ vero per lo studio e il lavoro, ma è verissimo per l’amore. Ora che bruciamo i tempi dell’intimità, e i corpi si scoprono e penetrano quando l’anima è ancora velata e sconosciuta e lontana, possiamo sì vivere momenti eroticamente entusiasmanti: ma l’assoluto che si gusta, quando è l’anima a entrare in sintonia, quello resta sconosciuto e inesplorato. E non è l’esaltazione illusoria della coca o la vaghezza dell’alcol o delle canne a dare quell’intensità di esperienza che il nostro tempo impaziente ha dimenticato.
La gestazione ci presenta il perfetto paradigma dell’attesa necessaria: ed è anche curioso che nei millenni, per definire questa fase della vita della donna, si parlasse di “stato interessante”. Espressione che ha un lato oscuro: la donna era “interessante”, meritava attenzione e protezione, solo quando era gravida, perché garantiva la continuazione della famiglia al proprio marito e alla famiglia di lui. Dopo il parto, l’oblio. Purtroppo, ieri come oggi, il puerperio è, con qualche bella eccezione, una delle fasi in assoluto più trascurate della vita della donna. Tuttavia l’espressione ha anche un lato luminoso: quel periodo è “interessante” perché succedono cose meravigliose. Perché da un incontro fatale nasce un figlio. Perché nel mistero di quella pancia che cresce si rinnovano i sogni di generazioni. Perché il gioco delle somiglianze e delle affinità elettive è affettivamente tra le esperienze più affascinanti della vita. Non solo con i figli, ma anche con i nipoti.
La gravidanza reimpone il tempo dell’attesa, del progetto, del sogno, del mistero. Ci induce a ri-chiederci: quanto conta l’attesa, nello studio, nella professione, nell’amore? Quanto conta il saper aspettare e il come aspettare? Quanto il rallentamento del fare esteriore è necessario perché l’interiore possa crescere e svilupparsi?
La gravidanza ci insegna un altro segreto essenziale: il ruolo centrale dell’attesa “abitata”. Abitata dalla riflessione, dalla meditazione, dalla prudenza: che non è rinuncia, ma scelta di alternative più adeguate, basata sulla capacità di pensare e prevedere le conseguenze del proprio dire e del proprio fare, prima di agire. Saper aspettare, rinunciando anche ad alcune cose amate, per un obiettivo più alto – fare il possibile perché gravidanza e parto si svolgano in modo ottimale – insegna il valore della scelta. Anche per ridurre il dolore che potrebbe derivare da impulsività, irrequietezza, superficialità, e aumentare la gioia, quando tutto arriva bene a compimento.
L’attesa non è assenza: questa è la sua parte d’ombra, la sua parte irrisolta, quando il tempo è vuoto di contenuti, di emozioni vere, di cura, di riflessione. L’attesa è preparazione: fisica ed emotiva. E, sul fronte psichico, è fatta anche di letture che ci aiutino a crescere e pensare, di conversazioni e riflessioni condivise.
La sfida oggi è tornare ad abitare l’attesa, e i suoi silenzi, non solo in gravidanza, come un tempo eccellente che scegliamo di vivere. Per prepararci ai cambiamenti, per abbandonare ciò che ha fatto il suo tempo, dentro e fuori di noi, per ripartire entusiasti e leggeri in una nuova fase della vita. Ognuno di noi sta aspettando impaziente un domani migliore. Ma sappiamo prepararlo e prepararci bene, nell’attesa?

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