“Un libro per amico”: leggiamo di più, noi adulti, e incoraggiamo figli e nipoti alla lettura! Un buon libro è un compagno di viaggio, uno stimolo, una carezza per l’anima e la mente, un motivo di gioia, di riflessione, di conforto, a seconda del tema e della fase della nostra vita. E’ fantastico quando un libro appassiona al punto da diventare motivo di lettura golosa: per le intuizioni, le associazioni mentali, i ricordi, la nostalgia, perfino i tuffi al cuore. Certo, il libro deve “prenderti”, sedurti, incantarti, che sia un romanzo o un saggio. Una fortuna quando si hanno amici appassionati, della lettura e della vita, che regalano il libro “imperdibile” o lo segnalano.
Mi fiondo in libreria e, voilà, a casa contenta. L’ultima delizia è “La misura eroica”, di Andrea Marcolongo (Mondadori). L’autrice ha 31 anni: sveglia come un gatto, viaggiatrice curiosa, ha una solida laurea in lettere antiche e una vera passione per il greco e la visione del mondo che il mondo greco ha sviluppato. Scrive con il raro talento di rendere fresco, stimolante e attualissimo un approfondimento lasciato di solito agli ambiti accademici.
Perché lo consiglio? In questi tempi di rassegnazione, soprattutto tra i giovani, o di rancore sordo e distruttivo, senza progetti e senza futuro, Andrea Marcolongo riprende un mito antico e un manuale di sopravvivenza in mare, per ri-entusiasmare il lettore a ripensarsi e a ripartire per essere compiutamente se stesso, e non l’ombra pallida in cui molti appassiscono tristi. Per riprendere il mare, reale e metaforico, della propria vita, a qualsiasi età. Ho preso il mare fin da piccola, con coraggio, con gusto e qualche brutto naufragio. Sono ripartita, grazie a un temperamento indomito e a una famiglia che nei momenti bui mi ha sostenuta invitandomi però a riflettere, ad analizzare gli errori, a rimettermi in discussione a fondo e senza alibi. E a ripartire, con rinnovato entusiasmo, avendo appreso qualcosa di più sulla sfida di essere se stessi per una vita che abbia senso e gusto. Forse anche per questo lo splendido libro di Andrea Marcolongo mi ha commossa, vibrando in risonanza con le corde profonde della mia anima e della mia storia.
Sono certa che molti lettori e lettrici risentiranno emozioni vibranti e significative per la loro vita, le loro scelte, per superare un’impasse o una crisi profonda. Nel mito ritroviamo i grandi quesiti che la vita pone a ciascuno di noi. «Eroe, per i Greci, era chi sapeva ascoltarsi, scegliere se stesso nel mondo e accettare la prova chiesta a ogni essere umano: quella di non tradirsi mai. Vittorie e sconfitte non sono affatto il metro dell’eroismo: da millenni eroe è chi decide la sua vita», scrive Andrea. Con il richiamo a non restare ancorati in porto, ma a salpare coraggiosamente per il mare della vita – come tanti secoli fa Giasone salpò alla ricerca del vello d’oro, incontrando l’amore, Medea, e il senso della propria vita, seppure con un destino tragico. Come bene scrive Lee Masters, nell’antologia di Spoon River. Tre i momenti essenziali per tutti: ascoltarsi, per capire a quale lido siamo chiamati; prepararsi (bene) come ogni coscienzioso marinaio; partire, senza voltarsi indietro, senza “piani B” che ci renderebbero facile la resa al primo momento di difficoltà.
Uno spunto di riflessione prezioso riguarda il legame etimologico tra “felice” e “fecondo”. Essere felici non è stare tranquilli, in disparte, ma è agire, fare, cambiare il mondo intorno a sé, e se stessi con il mondo. «Felice, dal latino felix, deriva dalla stessa radice verbale fē di fecundus: “fertile”, “produttivo”. Fecondi non sono solo i campi di grano: fecondi siamo noi, che grazie alla felicità possiamo sorprenderci a compiere gesti o azioni che mai avremmo immaginato. Essere felici non significa quindi non avere problemi, contrattempi e vivere un imperturbabile stato di quiete – quella si chiama tranquillità, calma, relax […] La felicità è invece l’opposto: è l’energia di agire, la gioia di fare, la voglia di cambiare – di essere fertili, di veder sbocciare i fiori che siamo. E l’infelicità è il suo contrario: l’incapacità di muoversi, di scrollarsi di dosso pensieri pesanti, l’impossibilità di fare anche solo un passo oltre […] non fare niente, non dire niente, non amare nessuno – rifiutare la fecondità della vita, così imprevedibile di occasioni, e preferire la sterilità, l’assenza di eventi…».
Un libro perfetto per i nostri ragazzi, inquieti e incerti fra il vegetare sui social, oppure impegnarsi (molto) e partire. Per essere fino in fondo se stessi, attivi e coraggiosi. Più fecondi, più vivi e felici.
Mi fiondo in libreria e, voilà, a casa contenta. L’ultima delizia è “La misura eroica”, di Andrea Marcolongo (Mondadori). L’autrice ha 31 anni: sveglia come un gatto, viaggiatrice curiosa, ha una solida laurea in lettere antiche e una vera passione per il greco e la visione del mondo che il mondo greco ha sviluppato. Scrive con il raro talento di rendere fresco, stimolante e attualissimo un approfondimento lasciato di solito agli ambiti accademici.
Perché lo consiglio? In questi tempi di rassegnazione, soprattutto tra i giovani, o di rancore sordo e distruttivo, senza progetti e senza futuro, Andrea Marcolongo riprende un mito antico e un manuale di sopravvivenza in mare, per ri-entusiasmare il lettore a ripensarsi e a ripartire per essere compiutamente se stesso, e non l’ombra pallida in cui molti appassiscono tristi. Per riprendere il mare, reale e metaforico, della propria vita, a qualsiasi età. Ho preso il mare fin da piccola, con coraggio, con gusto e qualche brutto naufragio. Sono ripartita, grazie a un temperamento indomito e a una famiglia che nei momenti bui mi ha sostenuta invitandomi però a riflettere, ad analizzare gli errori, a rimettermi in discussione a fondo e senza alibi. E a ripartire, con rinnovato entusiasmo, avendo appreso qualcosa di più sulla sfida di essere se stessi per una vita che abbia senso e gusto. Forse anche per questo lo splendido libro di Andrea Marcolongo mi ha commossa, vibrando in risonanza con le corde profonde della mia anima e della mia storia.
Sono certa che molti lettori e lettrici risentiranno emozioni vibranti e significative per la loro vita, le loro scelte, per superare un’impasse o una crisi profonda. Nel mito ritroviamo i grandi quesiti che la vita pone a ciascuno di noi. «Eroe, per i Greci, era chi sapeva ascoltarsi, scegliere se stesso nel mondo e accettare la prova chiesta a ogni essere umano: quella di non tradirsi mai. Vittorie e sconfitte non sono affatto il metro dell’eroismo: da millenni eroe è chi decide la sua vita», scrive Andrea. Con il richiamo a non restare ancorati in porto, ma a salpare coraggiosamente per il mare della vita – come tanti secoli fa Giasone salpò alla ricerca del vello d’oro, incontrando l’amore, Medea, e il senso della propria vita, seppure con un destino tragico. Come bene scrive Lee Masters, nell’antologia di Spoon River. Tre i momenti essenziali per tutti: ascoltarsi, per capire a quale lido siamo chiamati; prepararsi (bene) come ogni coscienzioso marinaio; partire, senza voltarsi indietro, senza “piani B” che ci renderebbero facile la resa al primo momento di difficoltà.
Uno spunto di riflessione prezioso riguarda il legame etimologico tra “felice” e “fecondo”. Essere felici non è stare tranquilli, in disparte, ma è agire, fare, cambiare il mondo intorno a sé, e se stessi con il mondo. «Felice, dal latino felix, deriva dalla stessa radice verbale fē di fecundus: “fertile”, “produttivo”. Fecondi non sono solo i campi di grano: fecondi siamo noi, che grazie alla felicità possiamo sorprenderci a compiere gesti o azioni che mai avremmo immaginato. Essere felici non significa quindi non avere problemi, contrattempi e vivere un imperturbabile stato di quiete – quella si chiama tranquillità, calma, relax […] La felicità è invece l’opposto: è l’energia di agire, la gioia di fare, la voglia di cambiare – di essere fertili, di veder sbocciare i fiori che siamo. E l’infelicità è il suo contrario: l’incapacità di muoversi, di scrollarsi di dosso pensieri pesanti, l’impossibilità di fare anche solo un passo oltre […] non fare niente, non dire niente, non amare nessuno – rifiutare la fecondità della vita, così imprevedibile di occasioni, e preferire la sterilità, l’assenza di eventi…».
Un libro perfetto per i nostri ragazzi, inquieti e incerti fra il vegetare sui social, oppure impegnarsi (molto) e partire. Per essere fino in fondo se stessi, attivi e coraggiosi. Più fecondi, più vivi e felici.
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