Ho 55 anni e dodici anni fa sono stata operata di tumore al seno. Fortunatamente piccolo e con i linfonodi negativi. Ho fatto tutte le mie cure, che sfortunatamente mi hanno regalato una menopausa anticipata, a 43 anni. Ai sintomi mi sono adattata, per fortuna non sono stati feroci. Però ho uno struggimento, che con gli anni è diventato un dolore. No, non mi pesa la brutta cicatrice che il chirurgo maldestro mi ha lasciato sul seno operato. Non mi pesa nemmeno la rete di rughe che si è intensificata da quando sono andata in menopausa. Per fortuna il mio compagno, che mi è stato straordinariamente vicino in tutti questi anni, continua a vedermi con i suoi occhi d’amore. Mi (ci) pesa tanto, tantissimo, che sia scomparso il mio orgasmo. E che, le poche volte che c’è, e arriva con molta fatica, sia diventato triste e piccolo come un sospiro. E poi la secchezza vaginale, che rende ormai impossibile ogni intimità. Lo so, quando una sopravvive al tumore queste sono quisquilie. E tuttavia, professoressa, le sarei tanto grata se mi desse un po’ di speranza su questo piccolo ma per me, per noi, grande problema.
Lucia
Lucia
Lucia cara, la (e vi) capisco profondamente. Quel piccolo piacere squisito ha un grande potere: ci consola, ci conforta, ci dà gioia e allegria, ci regala una sensazione di pienezza di vita e di amore felice. Anche quando ce lo regaliamo da sole, se siamo in pace con noi e amiamo con tenerezza questo nostro corpo, che è il nostro migliore amico, ad ogni età. Ma tanto più se la vita ci ha benedetto con un’unione profonda, che ha saputo attraversare insieme il deserto della malattia, di una menopausa precoce, dell’invecchiamento anticipato del corpo, delle tante prove che temprano, o distruggono, un amore.
E’ vero: con gli anni, l’intensità dell’orgasmo si attenua. E’ stato infatto dimostrato che l’età comporta una progressiva riduzione del tessuto cavernoso dal quale, durante l’eccitazione, dipende la congestione vascolare che rende possibile l’orgasmo. La menopausa dà un colpo ulteriore: tanto più grave quanto più è anticipata. La chemioterapia, infatti, può causare non solo un esaurimento ovarico, nel senso che distrugge i follicoli (e quindi gli ovociti e la possibilità di essere fertili), ma anche la distruzione delle cellule contenute nella parte centrale dell’ovaio (“ilo ovarico”) e che producono il testosterone. Da quest’ormone, amico delle donne, e non solo degli uomini, dipende la capacità biologica di desiderio ma anche l’intensità fisica dell’orgasmo. La secchezza vaginale è invece causata dalla carenza di estrogeni.
Si può fare qualcosa, mi chiede, gentile amica? Sì: dati il lungo tempo trascorso dalla prima diagnosi (12 anni), la precocità della stessa (un tumore piccolo, localizzato, che non aveva dato invasione linfonodale) e la scarsa aggressività biologica, è legittimo ritenere che il suo tumore sia stato curato radicalmente e che il rischio di recidive, da cellule tumorali tutt’ora dormienti, tenda a zero.
E’ quindi possibile considerare una terapia locale, solo vaginale, con minime quantità di estrogeni, in quantità di microgrammi. Due sole applicazioni vaginali sono sufficienti a restituire una piena lubrificazione, nel giro di due-tre mesi. Un automassaggio, per fare una stretching dei muscoli perivaginali contratti dal dolore, con un gel a base di aliamidi, può aiutarla a rilassare ulteriormente l’entrata vaginale, facilitando una penetrazione piacevole. Una pomata galenica, a base di testosterone, applicata in minima quantità sui genitali esterni (sul clitoride e tra piccole e grandi labbra), può riattivare la risposta vascolare dei corpi cavernosi e ri-facilitare una migliore risposta orgasmica, nel giro di tre-sei mesi, per un’azione sostanzialmente locale.
Preciso tuttavia che, trattandosi di un prodotto galenico, non sono a disposizione studi controllati su innocuità e sicurezza a lungo termine. Credo tuttavia che il tempo trascorso dalla cura del tumore autorizzi anche un ottimismo terapeutico, trattandosi di prodotti ad azione prevalentemente locale. Una discussione chiara con la donna, e un consenso informato per essere certi di aver spiegato bene le possibilità e i limiti di queste cure, possono consentire di ritrovare anche quella piccola grande gioia, forse non essenziale, ma che aumenta certamente l’entusiasmo di vivere con amore.
E’ vero: con gli anni, l’intensità dell’orgasmo si attenua. E’ stato infatto dimostrato che l’età comporta una progressiva riduzione del tessuto cavernoso dal quale, durante l’eccitazione, dipende la congestione vascolare che rende possibile l’orgasmo. La menopausa dà un colpo ulteriore: tanto più grave quanto più è anticipata. La chemioterapia, infatti, può causare non solo un esaurimento ovarico, nel senso che distrugge i follicoli (e quindi gli ovociti e la possibilità di essere fertili), ma anche la distruzione delle cellule contenute nella parte centrale dell’ovaio (“ilo ovarico”) e che producono il testosterone. Da quest’ormone, amico delle donne, e non solo degli uomini, dipende la capacità biologica di desiderio ma anche l’intensità fisica dell’orgasmo. La secchezza vaginale è invece causata dalla carenza di estrogeni.
Si può fare qualcosa, mi chiede, gentile amica? Sì: dati il lungo tempo trascorso dalla prima diagnosi (12 anni), la precocità della stessa (un tumore piccolo, localizzato, che non aveva dato invasione linfonodale) e la scarsa aggressività biologica, è legittimo ritenere che il suo tumore sia stato curato radicalmente e che il rischio di recidive, da cellule tumorali tutt’ora dormienti, tenda a zero.
E’ quindi possibile considerare una terapia locale, solo vaginale, con minime quantità di estrogeni, in quantità di microgrammi. Due sole applicazioni vaginali sono sufficienti a restituire una piena lubrificazione, nel giro di due-tre mesi. Un automassaggio, per fare una stretching dei muscoli perivaginali contratti dal dolore, con un gel a base di aliamidi, può aiutarla a rilassare ulteriormente l’entrata vaginale, facilitando una penetrazione piacevole. Una pomata galenica, a base di testosterone, applicata in minima quantità sui genitali esterni (sul clitoride e tra piccole e grandi labbra), può riattivare la risposta vascolare dei corpi cavernosi e ri-facilitare una migliore risposta orgasmica, nel giro di tre-sei mesi, per un’azione sostanzialmente locale.
Preciso tuttavia che, trattandosi di un prodotto galenico, non sono a disposizione studi controllati su innocuità e sicurezza a lungo termine. Credo tuttavia che il tempo trascorso dalla cura del tumore autorizzi anche un ottimismo terapeutico, trattandosi di prodotti ad azione prevalentemente locale. Una discussione chiara con la donna, e un consenso informato per essere certi di aver spiegato bene le possibilità e i limiti di queste cure, possono consentire di ritrovare anche quella piccola grande gioia, forse non essenziale, ma che aumenta certamente l’entusiasmo di vivere con amore.
Carcinoma mammario Disturbi dell'orgasmo / Anorgasmia Menopausa iatrogena