“Cara Professoressa, sono nato ventisette anni fa in un paesino della Campania. Sono figlio di una ragazza madre, abbandonata dal fidanzato non appena rimase incinta. Non so se riesce a immaginare che cosa questo potesse significare, ancora a quei tempi, dalle mie parti. Mia madre fu presa di mira da tutte le donne “benpensanti”, e spesso trattata come una poco di buono. Si è sempre fatta forza, e alla fine è riuscita a crescermi e a farmi studiare. Ma a prezzo di un odio implacabile per gli uomini. Un odio che mi ha fatto respirare fin da bambino e che qualche volta scaricava pure su di me. Al punto che, pur di farmi “perdonare” il fatto di essere maschio, ho sempre evitato i tipici passatempi da ragazzi: il calcio, le serate al bar, persino il corteggiamento delle coetanee. Ora che sono adulto, però, questi nodi vengono al pettine. Tre anni fa mi sono laureato in lingue straniere, e adesso guadagno abbastanza bene facendo la guida per i turisti che vengono a Napoli. Il problema è che, proprio ora che potrei pensare al matrimonio (anch’io sono un po’ all’antica...), non riesco assolutamente a sbloccarmi con le donne. Sarà la volontaria astinenza cui mi sono obbligato per anni, saranno le sfuriate implacabili di mia madre, ma è come se verso di loro mi sentissi in colpa per quello che mio padre fece a lei: le sfuggo, non so come pormi, non riesco neppure a intavolare una conversazione, figuriamoci corteggiarle. E’ come se, dentro di me, fossi convinto che le donne mi odino solo per il solo fatto che sono un uomo. Mi rendo conto che è un’idea assurda, ma non riesco proprio a dominarmi. Cosa posso fare per superare questa situazione?”.
Salvo R.
Salvo R.
Immagino bene, caro Salvo, quale inferno possano essere stati per sua madre quei lunghi anni di solitudine ed emarginazione. Purtroppo è vero: l’Italia presenta ancora una grande varietà di culture locali, e la censura nei confronti di chi non si comporta secondo le “regole” imposte dalla maggioranza può ancora essere feroce, specie nei piccoli paesi, e anche ai nostri giorni. E’ chiaro poi che una donna così ferita può sviluppare un odio indifferenziato verso il prossimo, specie se maschio, influenzando negativamente anche un figlio al quale per altri aspetti – e ci tengo a sottolinearlo – ha dato molto. Il suo modo di scrivere e ragionare, la sua sensibilità, gli studi che ha portato a termine, il lavoro che è riuscito a trovare, il desiderio stesso di matrimonio dimostrano infatti che, nonostante tutte le difficoltà e alcuni errori, sua madre l’ha aiutata a sviluppare un’identità solida ed equilibrata. E’ da tutto questo che può partire per risolvere il suo problema e, più in generale, per migliorare la fiducia negli altri.
Da dove conviene iniziare?
Comincerei da ciò che per molto tempo, credendo di compiacere sua madre, ha trascurato e persino contrastato: un rapporto sano con gli altri uomini. Le sembrerà strano, visto che il problema sono le donne, ma le assicuro che è meglio cominciare di lì. Cerchi nuovi amici, vada alla partita, faccia qualche bella cena in allegria: in questo modo potrà rinforzare innanzitutto il suo senso di mascolinità. Coltivi qualche hobby, o inizi uno sport maschile che la faccia sentire felice di essere un uomo. Ormai lei è un adulto indipendente e sensibile, con un lavoro che le offre la possibilità di orientare liberamente la sua vita: vedrà che, grazie a solide amicizie maschili, da questo positivo quadro esistenziale maturerà gradualmente un senso di sicurezza nuovo, mai sperimentato prima. Potrà così ritrovare anche una percezione più serena e vera del rapporto con le donne.
Per quale motivo?
Adesso tutta la sua energia vitale è frenata dalla paura che le donne la giudichino male solo perché è un maschio. Più imparerà a vivere bene la sua condizione personale e sociale di uomo – e questo lo si può ottenere solo attraverso lo specchio positivo di amici veri – più queste proiezioni di rifiuto si ridimensioneranno. Alla fine si renderà conto che le donne la apprezzano proprio perché lei è l’uomo che è: solido ma anche sensibile, con un ruolo ben preciso nella società, e una capacità di ascolto e di empatia non comune.
Dove le trovo, le donne, se il più delle volte non riesco neppure a parlare con loro?
Sul lavoro, per esempio. O in palestra, a scuola di ballo, persino allo stadio! E perché no? Le possibilità sono tante, l’importante è cominciare a muovere i primi passi. Provi anche ad osservare come si comportano gli altri: la vita è una scuola inesauribile, basta osservare con intelligenza e un pizzico di umiltà. Fra l’altro, tenga presente che con una donna è bello anche essere semplicemente amici: mica deve trovare solo delle potenziali fidanzate! La sensibilità di una donna è spesso complementare rispetto a quella di un uomo e questo incontro, anche di amicizia, non può che arricchire lo sguardo di entrambi sulla vita.
E se le amicizie non dovessero bastare a rassicurarmi nel rapporto con le donne?
In questo caso le consiglio una psicoterapia comportamentale con una terapeuta donna, purché serena e ben preparata. Questo le consentirà di avvicinarsi alle ragazze in modo più spontaneo e fiducioso, ma anche di sciogliere in modo più diretto ed efficace i conflitti profondi che ha ereditato dalla sua infanzia e che, per certi aspetti, la legano ancora a sua madre e al suo modo sofferto di giudicare gli uomini e la vita.