Tutti noi abbiamo avuto esperienza di essere un grido disperato nella notte. La voce è presenza. Se è dolce e affettuosa, la voce è carezza, è abbraccio, è conforto. E’ tenerezza che scioglie la paura e accompagna il bambino, profondamente rasserenato, alle soglie del sonno e dei sogni. E’ il bagno di dolci parole, come diceva Didier Anzieu, grande psicanalista. La piccina in questione è nipotina di Sigmund Freud, che racconta questo aneddoto, così denso di emozioni e di echi profondi, in uno dei suoi libri. L’ho ritrovato in un piccolo libro profondo e deliziosissimo che mi è arrivato in regalo: “La forza del desiderio”, di Massimo Recalcati (Qiqajon Edizioni, 2014), psicanalista che ha il dono raro di parlare in modo semplice di questioni profonde.
Un libro come regalo pensato è una delle grandi fortune della vita. Perché è maieutico, perché consente riflessioni, intuizioni. Perché aiuta a guardare fuori dalla finestra della vita quotidiana. Che sia un romanzo, un saggio, un volume d’arte, un libro è una benedizione tutte le volte in cui parla al nostro cuore. Ecco, ho questa fortuna. E siccome il bello della gioia è condividerla, mi fa piacere segnalare agli amici lettori e lettrici i libri che mi entusiasmano, che mi fanno pensare, che mi commuovono perché portano in modi diversi nuova bellezza nella mia vita.
“La forza del desiderio” è uno di questi. Tocca temi universali: il desiderio come motore della ricerca di senso nella vita. Non come trasgressione banale, non come ossessiva ricerca della sirena del nuovo, non come capriccio. Ma come linfa che nutre l’amore per la vita, perché ne allarga gli orizzonti, perché rinnova il gusto di interrogarci su di noi e sul nostro rapporto con il mondo, perché ci stimola a realizzare i sogni nel cassetto prima che diventino rimpianti. Perché ci aiuta a lasciare le cose e le relazioni che hanno fatto il loro tempo, per ricominciare.
Il desiderio di senso ci stimola anche a svolgere con più responsabilità i nostri compiti. Tra questi, il più delicato e prezioso della vita è l’essere genitori. Pur con una visione laica, Massimo Recalcati sceglie tre parole profondamente radicate nello spirito cristiano: l’atto, la fede, la promessa. Ciascuna dà senso al rapporto tra padre e figlio, tra madre e figlio: l’atto è l’agire coerente perché i bambini imparano dai comportamenti. Se invece ci si limita ai discorsi, «quando i genitori aprono bocca, i figli chiudono le orecchie». La fede è la fiducia nell’idea di sé che ha il figlio, nel suo progetto di vita, anche se diverso o estraneo ai sogni che i genitori avevano fatto per lui. La promessa… ve la lascio scoprire.
«Essere ostinati con il proprio desiderio (di realizzazione) rende la vita felice, soddisfatta. E la rende poi generosa. Perché vita generosa è la vita soddisfatta». Sacrosanto. Viceversa, se per essere amabile, per non entrare in conflitto, per essere come l’altro mi vuole rinuncio al mio desiderio, se rinuncio a cercare di essere profondamente me stesso, la mia vita si ammala, soffre, appassisce. Nello stesso tempo, realizzare il proprio desiderio non ha nulla a che vedere con l’ossessione di avere sempre nuovi oggetti. Questa sirena contemporanea, figlia di una bulimia avida di beni, ci ipnotizza con l’illusione che il nuovo oggetto ci renderà felici. Non è così. Il desiderio di essere profondamente se stessi esige costanza, determinazione, impegno, coerenza. Può generare inquietudine. Ha il coraggio di confrontarsi con il limite e con l’impossibile. E nel limite trova lo stimolo per compattare l’energia, per mettersi in discussione e trovare soluzioni più efficaci, con forza ancora più intensa.
Condivido questa visione del desiderio. Perché ci stimola a restare profondamente innamorati della vita, con animo luminoso e leggero, in ogni sua stagione. Per questo consiglio questo piccolo libro, che si legge in un’ora, ma fa riflettere a lungo. Un piccolo gioiello per l’anima. Con una copertina suggestiva del lato fatale del desiderio, quando non sa riconoscere il proprio limite: "Il sogno di Icaro", splendido bronzo di Igor Mitoraj.
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