“Gentile Professoressa, ho 53 anni e sono felicemente sposato da venti. Mia moglie è un po’ più giovane di me e siamo sempre andati molto d’accordo. Da qualche mese, però, siamo abbastanza preoccupati. Quando facciamo l’amore – e lo facciamo ancora sovente – io, al momento dell’orgasmo, provo un forte dolore ai genitali: una fitta molto acuta, che dura diversi secondi. All’inizio ho dato la colpa allo stress, alla fatica, ma poi mi sono reso conto che la causa non poteva essere solo psicosomatica. Una situazione del genere rischia di mettere a repentaglio la nostra intesa, perché non so proprio fino a quando riuscirò ad avere rapporti sapendo che poi mi aspetta, invece del piacere che mi ha sempre profondamente appagato, un male quasi insopportabile. Non è che mia moglie me ne faccia una colpa, però insiste perché mi faccia visitare, mentre io sono titubante. Lei dice che ho paura di sentirmi diagnosticare qualcosa di brutto, e che a fare gli struzzi non si risolve niente. A me pare che la faccia troppo semplice… e intanto dal medico non vado. Lei cosa mi consiglia di fare? Devo proprio andare dall’urologo? Non c’è nulla che io possa fare per conto mio? Sarà qualcosa di grave oppure è un problema facilmente curabile? Grazie per la cortesia e la competenza con cui ci risponde”.
S.C. (Milano)
S.C. (Milano)
Gentile signore, la prima “diagnosi differenziale” l’ha già fatta lei usando il buon senso: è infatti molto improbabile che lo stress o la fatica, per quanto elevati e costanti nel tempo, causino un disturbo particolare come il suo. E’ invece possibile che il dolore che descrive – una fitta acuta ai genitali al momento dell’orgasmo – sia dovuto alla malattia di La Peyronie. Una malattia descritta per la prima volta dal medico omonimo nel 1743 e poco frequente: interessa infatti circa 388 uomini per 100.000. Le dico subito, per tranquillizzarla, che non si tratta di un tumore e che non lo diventerà in futuro. Quindi segua il suggerimento di sua moglie e si faccia visitare senza alcuna remora. E soprattutto lasci perdere la curiosa idea di fare qualcosa “per conto suo”!
Che cos'è la malattia di La Peyronie?
E’ una malattia benigna, di cui non conosciamo la genesi. L’ipotesi più accreditata è che si tratti di una fibrosi circoscritta, conseguente all’infiammazione secondaria a microtraumi ripetuti a livello del pene. La malattia di La Peyronie è caratterizzata da una fibrosi progressiva e irregolare dell’albuginea, il manicotto di collagene rigido che avvolge il pene subito al di sotto della pelle. All’interno dell’albuginea si trovano i corpi cavernosi, che si riempiono di sangue per l’aumento di pressione provocato dall’eccitazione. L’albuginea ha una distensibilità limitata: una volta raggiunto il punto di massima estensione, l’ulteriore afflusso di sangue nei corpi cavernosi si traduce in un aumento della pressione e della consistenza del pene, dando la rigidità tipica dell’erezione completa. La malattia di La Peyronie causa una fibrosi localizzata di alcune aree dell’albuginea, rendendole totalmente inestensibili. Due sono le conseguenze: il dolore, come quello da lei accusato, per la sofferenza del nervo dorsale del pene che, nel momento di massima estensione pre-ejaculatoria, viene “intrappolato” dalle aree fibrotiche; e il “recurvatum”, ossia il variabile incurvamento del pene dal lato in cui la fibrosi ha fatto accorciare l’albuginea.
Perché il dolore compare proprio al momento dell'orgasmo?
Perché quello è il momento di massima distensione del pene in erezione: è chiaro quindi che è proprio quello l’attimo in cui la resistenza meccanica produce il massimo effetto e, quindi, un dolore nettamente avvertibile.
In che cosa consiste esattamente il "recurvatum"?
Quando la progressiva fibrosi giunge a creare una placca, l’albuginea subisce una retrazione, si accorcia e causa così la deviazione del pene dall’asse normale. A volte, come nel suo caso, il dolore all’orgasmo può anticipare il recurvatum. Più frequentemente si ha prima la placca fibrosa, quindi l’incurvamento visibile, e poi il dolore.
Come si cura questa malattia?
Il disturbo ha un andamento molto variabile e imprevedibile, anche perché – come dicevo – non ne conosciamo ancora le cause: può avere una rapida progressione, per un anno o due, e poi fermarsi per qualche tempo o in modo definitivo. Le cure dipendono dalla gravità del caso: se il sintomo è solo il dolore, una terapia medica di solito è sufficiente. I farmaci più usati sono la vitamina E (che facilita la guarigione di aree eventualmente infiammate e riduce il rischio di cicatrici fibrotiche retraenti); l’ibuprofene (un antinfiammatorio), o la colchicina (farmaco usato anche come chemioterapico, utile quando esiste un dolore associato all’erezione e/o all’orgasmo). Altri ancora sono a livello sperimentale. Nessuna di queste terapie ha dimostrato tuttavia un’efficacia indiscutibile in studi controllati. In ogni caso, si tratta di terapie da effettuare sotto controllo medico. Se invece un recurvatum marcato rende il rapporto difficile o impossibile, può essere necessario un intervento chirurgico per rimuovere la placca: ma stando a quanto mi riferisce, non è questo il suo caso. La valutazione definitiva va comunque fatta dall’urologo, esperto in questa patologia, dopo un’accurata visita.
E' proprio necessario andare dall'urologo?
Sì, e non solo per il suo disturbo. Dopo i 50 anni, una visita annuale dall’urologo o dall’andrologo può essere utile per la diagnosi precoce di adenomi (tumori benigni) o carcinomi (tumori maligni) della prostata, problema per il quale è saggio fare annualmente il dosaggio nel sangue del PSA (Prostate Specific Antigen), un marcatore specifico di tumori prostatici maligni. Il controllo uroandrologico periodico è indicato anche per una più efficace cura di iniziali problemi di erezione o di desiderio; per cogliere e curare le prime battute di eventuali disturbi urinari; per una valutazione appropriata di alterazioni ormonali, quali la riduzione del testosterone, che possono ripercuotersi sull’intero benessere psicofisico.
E’ opportuno, insomma, che lei sia più attento alla prevenzione, come certamente fa sua moglie andando periodicamente dal ginecologo! Andare dal medico quando la malattia è già conclamata, infatti, riduce di molto le probabilità di una completa guarigione. Segua quindi i saggi consigli di sua moglie, e assuma un atteggiamento più attivo nei confronti della cura della sua salute.
E’ opportuno, insomma, che lei sia più attento alla prevenzione, come certamente fa sua moglie andando periodicamente dal ginecologo! Andare dal medico quando la malattia è già conclamata, infatti, riduce di molto le probabilità di una completa guarigione. Segua quindi i saggi consigli di sua moglie, e assuma un atteggiamento più attivo nei confronti della cura della sua salute.