Perché ama la medicina?
In ogni buon inizio c'è tutta la storia. Ci parla della sua esperienza nei reparti di Oncologia?
Proprio condividendo queste drammatiche esperienze, ho sentito tutti i limiti della mia formazione medica, rigorosa sì, sul fronte biologico, ma carente sul fronte psicologico. Ho capito che dovevo preparami in più, anche sul fronte psicodinamico, se volevo curare meglio le mie pazienti. Così mi sono specializzata in Psicoterapia e sessuologia a Genova con la professoressa Jole Baldaro Verde, una persona speciale, con cui ho un rapporto profondo di affetto, di stima e gratitudine, che è costantemente cresciuto in tanti anni di collaborazione professionale, fatta di sintonie etiche, di rispetto reciproco e di amicizia.
La mia vita professionale, dunque, fin dagli esordi ha avuto a che fare con la nascita, l’amore e la morte, con la bellezza e il dolore di vivere.
Sui media lei è spesso intervistata su problemi che riguardano la vita sessuale. Donne insoddisfatte, che provano dolore nei rapporti… disturbi di cui oggi finalmente si parla, ma che sembrano difficilmente risolvibili. E' proprio così?
Perché questo approccio è invece spesso trascurato?
Quali?
Il secondo limite?
E il terzo limite?
La psicoterapia non va mai considerata come alternativa terapeutica?
La medicina occidentale sta vivendo dunque una crisi?
Ci potrebbe delineare il medico ideale?
Ci racconta una sua visita tipo?
Spesso la paziente è tesa, preoccupata, soprattutto se ha dolore. Comincio sempre la visita dall’alto, dalla tiroide. Se è una ragazza giovane, ed è una prima visita, le spiego tutto quello che faccio e perché. Se la vedo pensosa o sofferente, mi fermo, cerco il contatto degli occhi e chiedo che cosa la preoccupi di più. Molte si mettono a piangere, in quel momento. In quella pausa c’è lo spazio per le emozioni del dolore. Molti segreti pesanti escono lì. Lì, in quel momento di contatto dell’anima, inizia la vera terapia.
Poi spiego come rilassare i muscoli che circondano la vagina, perché la visita non faccia male. Se c’è dolore, piano piano esploro tutti i punti che lo possono causare: la “mappa del dolore”, la chiamo io. In ognuno chiedo alla signora l’intensità del dolore che avverte, da zero a dieci. La sede del dolore e la sua localizzazione sono infatti i più forti fattori predittivi delle cause biologiche di dolore! E utilizzo uno speculum da virgo, anche nelle donne che hanno rapporti, per limitare al massimo l’invasività.
Se la signora è accompagnata dal marito o dal fidanzato, e mi autorizza, spiego al partner dove e perché ha dolore, proprio durante la visita. Quando l’uomo si rende conto che ci sono cause precise, una diagnosi seria, una prognosi, una terapia, che non c’era nessuna invenzione, cambia atteggiamento. Da irritato, ostile, arrabbiato per anni magari di frustrazioni e di infelicità sessuale e coniugale, diventa attento, collaborativo. Vuole capire ed è giusto coinvolgerlo. A volte diventa anche più affettuoso, mi dicono le mie pazienti: “Adesso mi capisce anche lui”, aggiungono. Quest’attenzione alla semeiotica, e al perché del dolore, è molto apprezzata da ogni donna e da ogni coppia, e mi aiuta a stabilire un’alleanza di fiducia essenziale per il successo della cura. E’ un modo antico di essere medici.
Lei parla spesso di un'anima antica della medicina. A cosa si riferisce?
La medicina contemporanea, così concentrata a uccidere i sintomi, è una medicina da schiavi. E’ la medicina della sollecitudine, quella per gli uomini liberi, che cerco di recuperare. Quest’anima antica del medico, una passione che dà senso alla mia esistenza [e il sorriso che la illumina dice che è lì davvero il senso della sua vita].
Cosa cercano oggi i pazienti?
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