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La pandemia dimenticata degli anziani: solitudine da lockdown e deterioramento cognitivo

La pandemia dimenticata degli anziani: solitudine da lockdown e deterioramento cognitivo
08/02/2021

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

«La guerra univa le persone e le famiglie. Questa pandemia le ha separate, ci ha allontanati gli uni dagli altri, anche gli affetti più stretti. Mia mamma e mia nonna, che due guerre le hanno vissute, mi hanno raccontato della fame e del freddo. Di figli e fratelli morti in guerra o scomparsi da partigiani. Alcuni mai ritrovati, neanche i corpi. Dei bombardamenti e delle case distrutte. Ma anche di tanta fede. Di tanta voglia di aiutarsi. Di tanta solidarietà. Di persone sconosciute che ti davano una mano nei momenti più neri. E di solitudine non mi hanno parlato mai. Io invece non mi sono mai sentita così sola come durante questa pandemia. A un certo punto ho avuto paura di perdere anche la testa. Creda, questa solitudine è stata l’esperienza più brutta della mia vita. E non si vede la fine…».
Questo mi ha detto una gentile signora di 82 anni, che chiamerò Annamaria. Cosa dice la scienza sugli effetti del lockdown? Oltre quattromila articoli indicizzati in PubMed, in pochi mesi, mostrano il livello di attenzione dei clinici e dei ricercatori, ma anche la preoccupazione per le molte conseguenze del lockdown in tutte le fasce di età e in tutti i Paesi in cui sono state studiate. In questo commento condivido con lettrici e lettori i dati più significativi sulle conseguenze del lockdown nella fascia più anziana, perché l’ho promesso alla signora Annamaria: «Così vuol dire che mi ha ascoltata con attenzione, come mi sembra, e io mi sentirò meno sola». Detto fatto.
L’obiettivo non è solo descrittivo di una crisi situazionale ed esistenziale grave. Mira invece a individuare i fattori protettivi, preventivi e curativi, da potenziare per minimizzare i danni del lockdown e valorizzare le opportunità di ripresa. Gli studi concordano su un’aumentata percezione di solitudine, a cui contribuiscono almeno tre fattori: la solitudine obiettiva, massima nelle persone anagraficamente sole in casa; la solitudine emotiva, quel sentire interiore negativo e avvilente, fatto di sensazione di essere “soli e abbandonati”, che viene amplificato dall’ansia, dalla depressione, ancor più se preesistente, da malattie cardiovascolari, e da sovrappeso od obesità, con il loro carico infiammatorio che esaspera le basi biologiche della depressione e del deterioramento cognitivo; e la solitudine ambientale, dipendente dalla presenza o meno sia di famiglie che facciano sentire la loro vicinanza, anche con una telefonata o un pasto caldo portato con affetto, sia di “caregiver”, amici, volontari, badanti o personale infermieristico, che a vario titolo e con diverse modalità conforti e si prenda cura della persona anziana.
Il lockdown è stato una piovra maligna dai molti tentacoli, che ne hanno potenziato l’aggressività e la lesività. Accanto alla solitudine, un altro fattore pernicioso è stato l’inattività fisica. Ha causato un aumento di infiammazione sistemica, una maggiore ricerca di cibi-rifugio (“comfort food”), dolci in primis, con aumento di peso (ben il 48,6% degli italiani è ingrassato), comparsa o peggioramento di diabete, malattie cardiovascolari, e neuroinfiammazione, con maggiore vulnerabilità a disturbi del sonno, depressione, deterioramento cognitivo. E maggior rischio di osteoporosi e fratture da caduta, altra pandemia occulta di cui parleremo presto.
Quali sono stati i fattori di protezione più forti, secondo gli studi? Tre sono legati alla personalità: livello intellettivo, stabilità emotiva, estroversione. Un bel carattere sveglio, solido e socievole, aiuta ad affrontare meglio ogni difficoltà. Uno, fortissimo, è legato al livello di istruzione e culturale in generale: l’istruzione è fattore sia di maggiore salute, sia di migliori strumenti per affrontare le difficoltà (si vedano anche i dati ISTAT sulle inquietanti differenze dell’età media degli italiani a seconda del livello di istruzione, più forti per gli uomini: più basso è il titolo di studio, prima si ci ammala, più lunghi sono gli anni di malattia e prima si muore, rispetto ai più istruiti).
Ora che il lockdown è più morbido, è essenziale incoraggiare gli anziani a uscire di casa e camminare, superando l’inerzia, l’ansia e la paura, magari accompagnandoli. E stimolare la lettura, la curiosità, nuovi interessi e apprendimenti nuovi, ad ogni età. Con cervelli più in forma e più istruiti, ognuno di noi ha una potente arma in più per affrontare le difficoltà, anche sul fronte della salute, ben oltre il lockdown.

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