“Cum-prehendere”, con-prendere è essenziale perché un principio, un valore, un pensiero acquisiscano nella mente il massimo effetto, perché diventino motori di presenza attiva, di scelta, e di comportamenti coerenti. Anche sul fronte salute. Alcuni esempi. Signora, 58 anni: «Questa compressa va assunta a giorni alterni». «Alterni?!». «Per esempio: il lunedì sì, il martedì no, il mercoledì sì, il giovedì no…». «Ah, sì, beh, beh. Però me lo scriva chiaro sennò mi dimentico». Signora di 52 anni (non 85), affetta da candida recidivante. Le leggo la prescrizione, spiegando i diversi farmaci e il perché del loro uso. «Per il primo mese, il farmaco anti-candida andrebbe somministrato anche al partner». «Cos’è il partner?», mi chiede basita la signora. Fortunatamente è accompagnata dalla figlia, che rapida dice: «Mamma, è il compagno. Nel tuo caso il marito». Altro esempio. «Questa signora ha bisogno di un chiarimento sulla terapia», mi dice l’assistente, passandomi la telefonata. «Buongiorno signora, prego…». «Lei mi ha scritto di mettere la crema sulla vulva. Cos’è la vulva?!». «Signora, sono i genitali femminili esterni». «E dove sono?». Per inciso, durante la visita faccio vedere con lo specchio a ogni signora, che abbia un problema sui genitali esterni, dove siano le lesioni e dove si debbano applicare le pomate terapeutiche. Certo, è possibile non conoscere una parola, tanto più che molte donne chiamano la vulva “vagina”, unificando due entità anatomiche distinte e con caratteristiche fisiopatologiche diverse. Tuttavia preoccupa che la signora non abbia pensato di cercare il significato della parola su internet (non oso dire su un dizionario, che in troppe case italiane manca del tutto).
Troppi italiani non leggono un libro da anni, e nemmeno un quotidiano. Al massimo un rotocalco, a volte. L’analfabetismo di ritorno è ingravescente già dalla fine della scuola. Accelera dopo i 65 anni, con il pensionamento e la perdita degli stimoli che vengono dalle relazioni professionali, soprattutto nelle classi socioeconomiche più disagiate. La conseguenza è tragica. In sintesi, dai dati ISTAT: la speranza di vita si riduce di ben tre anni per gli uomini con bassa istruzione, rispetto a quelli più colti, e di un anno e mezzo per le donne. Per gli uomini, in alcune regioni questa differenza arriva a ben sei anni. Più è basso il livello culturale più breve è la vita, si resta ammalati più anni e si muore prima. Il tutto nel silenzio totale delle istituzioni.
Se non c’è nemmeno il lessico elementare per comprendere prescrizioni stampate e spiegate, è improbabile che un/una paziente possa “scegliere” le cure. E’ improbabile che comprenda la gravità di malattie serie, che danno segno di sé solo in fase tardiva. Si pensi al diabete. In Italia, ogni 7 minuti un diabetico ha un infarto, ogni 30 minuti ha un ictus, ogni 90 minuti subisce l’amputazione di un piede o una gamba, per i gravi danni causati ai piccoli vasi (“microangiopatia”) e alle fibre nervose (“neuropatia”) da un diabete mal controllato. Eppure solo pochi diabetici comprendono che il primo farmaco è avere stili di vita sani e costanti. Si pensi all’osteoporosi, ladra di salute e killer silenzioso. Poche donne ne comprendono la gravità e iniziano a fare con costanza esercizio fisico e cure adeguate. Così come poche comprendono che l’ipertensione è una patologia seria da curare bene; eppure l’infarto è la prima causa di morte nelle donne. Né va meglio con le giovani generazioni, in cui già l’analfabetismo di andata è drammatico.
Se un numero crescente di italiani non è in grado di comprendere i principi per preservare e valorizzare la propria salute, quanto comprende altre scelte, per esempio politiche? Come e perché vota? Come sceglie? Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza, diceva Antonio Gramsci. Istruitevi, aggiungo, anche per godervi una migliore salute, fisica e psichica.
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