Un cambiare che può essere interiore, oppure pervadente, all’interno e all’esterno, fino alla rivoluzione totale di ricominciare, letteralmente, in un altro Paese, in un altro mondo. Al bivio, come ci si orienta? Chi predilige la rassicurazione, o aveva già una prima vita perfettamente espressiva di sé e soddisfacente (ma sono davvero pochi), fa della seconda vita il clone della prima, e amen. Chi invece si interroga e riconosce con onestà l’inutilità di molte scelte, la dimostratività di molte dinamiche, la mancanza di coraggio del restare in penalizzanti situazioni professionali o affettive, l’inutilità del rincorrere il tempo affannati in minuzie, chi sente di aver lasciato nell’ombra parti essenziali di sé, si dice: «Adesso, o mai più. Questa seconda vita è regalata e adesso il/la protagonista sono io, e non più i miei fantasmi o le aspettative degli altri, o il mio senso di sacrificio o del dovere, o, anche, la mia superficialità».
Vedere in faccia la morte può veramente far toccare con mano per la prima volta, e in maniera esplosiva, la brevità e la fragilità della vita. E allora si trova il tempo per guardarsi dentro, e cominciare a cambiare, proprio dall’interno. Improvvisamente, gli affetti diventano centrali, non come esibizione di sé, ma come valore in sé. Chi era superconcentrato sul lavoro, si rende conto che con la morte non avrebbe più visto i suoi figli. E allora può riscegliere la vita di prima, sì, in famiglia, con tutt’altra attenzione, dedicandosi al crescere figli piccoli o adolescenti, compito pregevolissimo: ma con più anima, più ascolto per i sentimenti, più passione per l’essenziale. Chi invece s’era perso di vista con la compagna o il compagno di sempre, può scegliere di ricominciare con lui/lei o andarsene (o subisce l’abbandono: questione spinosissima, su cui tornare). O, ancora, può fermarsi, finalmente, dopo tanto correre, a posteriori giudicato insensato. Si può vivere con molto meno: con meno denaro, meno cose, macchine più piccole, meno di tutto, per avere più tempo, lusso squisito, soprattutto quando ci si è resi conto che solo per un regalo del destino la clessidra non si è fermata per sempre. Tempo per assaporare le piccole cose, soffermandosi a gustarle. Tempo per coltivare talenti rimasti muti: la musica, il canto, uno sport. Tempo per imparare, per il solo gusto di farlo, per il sottile piacere di esplorare abilità e talenti inediti. Davvero una seconda vita piena di freschezza e di sorprese. Vivere con poche cose e tanto tempo per sé: più leggeri, più tranquilli, meno concitati. Molto meno irritabili, più disponibili. Tempo per dormire e rigenerarsi e gustare un’energia vitale che da anni non si aveva più. Tempo per accorgersi e stupirsi. Tempo per ascoltare e conversare davvero. Tempo per impegnarsi, ma in modo diverso e, soprattutto, su obiettivi diversi. Chi ha visto in faccia la morte, e lo ha ammesso fino in fondo con se stesso, ha toccato con mano la caducità delle umane cose e delle ambizioni, del potere e dell’avere. La vanità di alcune competizioni. E può trovare un senso nuovo nell’impegno per una vita di qualità, generosa e assaporata, limpida ed essenziale, utile anche agli altri, ma davvero, nel piccolo come nel grande mondo.
E allora il compleanno da festeggiare davvero è quello della seconda vita, ripartita dopo lo shock. A tutti coloro che hanno visto la morte in faccia, e hanno saputo cambiare, buon (nuovo) compleanno! E per chi è ancora nella prima vita? Pensateci adesso, a cambiare. La chance della seconda vita non è garantita.
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