D’impatto, questa notizia ci fa pensare: la plastica inquinante non è solo nel mondo esterno. Finora invisibile (come il Covid… ci dice niente, la potenza dell’ancora invisibile?) è già entrata dentro di noi, mutanti. Protagonisti di un crescente avvelenamento del mondo, non pensavamo, per ignoranza e arroganza, che in parallelo stavamo inquinando e avvelenando anche noi stessi. Cellula dopo cellula. Cos’altro deve succedere, perché si cambi atteggiamento verso il mondo? A troppi non importa se la plastica inquina il mondo, i boschi, i fiumi, i laghi, il mare. Non importa se i delfini muoiono soffocati.
La ricerca in questione è italiana. L’ho letta con preoccupazione. E con gratitudine, perché ci stimola a riflettere sulle pervadenti conseguenze dell’inquinamento ambientale con plastica perfino su feto e placenta. E’ stata coordinata dal dottor Antonio Ragusa, che dirige il dipartimento di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale Fatebenefratelli, a Roma, in collaborazione con il Politecnico delle Marche, appena pubblicata su una rivista scientifica, “Environment International”. I ricercatori hanno studiato la placenta di sei donne: in quattro hanno dimostrato la presenza di microframmenti, di polipropilene, sostanza di origine petrolifera, appunto, delle dimensioni di un globulo rosso.
Questa è solo l’ultima notizia: digitando “placenta” e “pollution”, inquinamento, su un motore di ricerca scientifico, sono usciti oltre mille articoli sul tema.
La placenta è un organo effimero: vive solo nove mesi, a volte meno, se il parto è prematuro. Poco studiata fino a pochi anni fa, ora sta entusiasmando per i molti segreti che racchiude su tutta la nostra salute. Quella vita a termine contiene una miniera di informazioni. Su quello che siamo e saremo. E molto di più. La placenta è sempre stata pensata come un polmone che ossigena il piccolo. Come uno scudo protettivo, posto tra mamma e bambino. Come una potente ghiandola endocrina, che produce, col fegato fetale, un estrogeno (estetrolo, E4) riscoperto negli ultimi anni, di immenso interesse per contraccezione e terapie ormonali. Come una frontiera dinamica e selettiva. Come un filtro che in parte ferma e in parte lascia passare tra le sue maglie veleni d’ogni tipo. Per esempio, l’inquinamento ambientale aumenta lo stress ossidativo. Accelera l’invecchiamento e l’accorciamento dei telomeri, le parti terminali dei cromosomi che sono un po’ le clessidre della nostra vita. Più sono corti, meno vivremo. E dei mitocondri, i “polmoni” che ogni cellula ha. Peggio respirano, prima ci ammaliamo.
Nella placenta, dal lato fetale, altri ricercatori hanno trovato frammenti di carbone nero: sì, quello combustibile. Altri tossici ambientali riducono l’azione dei geni che riparano i difetti del DNA, facilitando la carcinogenesi. Sono alcune delle vie velenose con cui l’inquinamento ambientale incide sulla salute fisica e mentale del bambino e dell’adulto che sarà.
In sintesi, la placenta è il primo sistema di messaggi che viaggiano da mamma a piccolino, e viceversa. Nelle gravidanze fisiologiche, in ambiente sano, la placenta protegge il feto. Ma può diventare vettore e causa di patologie del bambino, incluso il fare da tramite per veleni e tossici ambientali. Il punto critico, dal punto di vista del feto, è che la mamma fa parte dell’ambiente! Ecco perché è indispensabile che lei abbia stili di vita sani e viva in un ambiente il più integro possibile. Per tutti noi, un monito a vivere più consapevoli. E più rispettosi della terra che ci ospita. Siamo l’unica specie che, pur con vita breve, lascia un inquinamento pervadente e infinito.
Aspettativa di vita e di salute Clima, inquinamento ed ecologia Gravidanza Placenta e anomalie della placenta Riflessioni di vita