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Leggere con gusto insegna a pensare

Leggere con gusto insegna a pensare
09/12/2019

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

Mi sono innamorata della Russia, dell’anima russa, leggendo da ragazzina “Il giardino dei ciliegi”, di Anton Cechov. Leggere mi ha sempre fatto entrare in altri mondi e in altri tempi, così totalmente da vivere le storie come se fossi lì. Un’opportunità straordinaria di viaggiare con la mente, con le emozioni, con la fantasia, con il cuore quando ancora i viaggiatori erano pochi e scelti. Felici pochi.
Quanto perdono i nostri bambini, i nostri ragazzi, quanto perdiamo noi in questi tempi superficiali e concitati, se dimentichiamo il grande piacere della lettura? Se non troviamo più il tempo per regalarci una pausa di bellezza, di pensiero limpido, di tempo sospeso? Ancora oggi, anche ora, sento il suono dell’ascia che abbatte i ciliegi del giardino, mentre Firs, il vecchio servitore, scopre di essere stato lasciato nella proprietà, solo, a morire. Si sdraia su una poltrona e si abbandona al suo destino. L’ascia suona il suo canto sinistro: cadono i ciliegi, cade la bellezza fragile di un albero poetico e generoso, cade un’epoca. Un uomo devoto e fedele, vecchio, muore solo. Qualcosa di profondo si è mosso dentro al cuore, per sempre.
Ho cominciato a leggere molti altri autori russi: ho amato quella terra e quel Paese molto prima di andarci quasi annualmente dal 1984. M’è tornato in mente Cechov perché ha segnato un passaggio essenziale. Il riconoscere in un testo una vibrazione così intensa da segnare un passaggio interiore, scritto da emozioni complesse e da un profondo piacere. Qui sta il punto. Emozioni e gusto per una lettura appassionante e risonante sono essenziali perché scatti quel piacere che rende i libri amici profondi e significativi, amici per sempre, in ogni stagione della vita. Il gusto della lettura accende tante aree del cervello. Stimola a riflettere, a pensare, a conoscersi meglio. Con mille altri libri, degli scrittori più diversi. Viaggio sempre con un saggio e un romanzo. Nessun problema per ritardi o disguidi. Mi immergo in lettura e sono felice.
Il regalo più bello che ha ricevuto dalla famiglia di mia mamma? E’ stata la passione per la lettura. Un regalo cominciato da piccolissima, due anni appena, quando mi divertivo a sillabare i titoli del Corriere della Sera insieme al nonno, che, ai tempi, si leggeva ogni giorno tre quotidiani. Come lui la prozia, sorella del nonno. Viaggiatrice instancabile, in tutto il mondo (classe 1903), si preparava al viaggio leggendo sul Paese da visitare non le guide turistiche ma racconti, romanzi, saggi, «per viaggiare con intelligenza delle cose», per “leggere dentro”, come recita l’etimo della parola “intelligenza”. Enzo Bianchi in un recente articolo, va al cuore della lettura: è una conversazione con l’autore, ma anche con se stessi. Una ricerca profonda di senso.
Eppure la lettura è una prassi sempre meno diffusa in un’epoca in cui dominano i messaggini, i tweet, i “mi piace” frettolosi e superficiali. La lettura vera, invece, esige attenzione e raccoglimento. I suoi frutti più preziosi sono la crescita interiore e l’arricchimento culturale. Tre gli snodi della riflessione di Bianchi: saper leggere richiede e al tempo stesso sviluppa l’intelligenza, la cui etimologia rimanda proprio all’atto della lettura; leggere esige una disciplina del tempo, saper possedere e ordinare il tempo, essere protagonisti del proprio tempo kairós, il tempo benedetto, senza subirlo come marionette infelici. Richiede il saper dire di no all’affastellarsi disordinato degli impegni. Imparare a leggere significa imparare a pensare, attraverso l’assimilazione e il progressivo dominio di un linguaggio che trascenda la semplicità, e talvolta la banalità, della comunicazione quotidiana. E’ una resistenza alla dittatura dell’informazione istantanea, come la definisce benissimo Enzo Bianchi. Senza un linguaggio sufficientemente ricco e raffinato, non può sussistere un pensiero articolato e capace di osservazione critica. Se perdiamo il piacere quotidiano della lettura, si atrofizzeranno sempre più nel nostro cervello le aree non solo della lettura, ma anche del pensiero.
Pertinente la recente vignetta di Bucchi, su La Repubblica, dove si vede l’uomo che pian piano torna scimmia, fino a tornare ad arrampicarsi sugli alberi. Titolo: “La forza del destino”. Parafrasando il Generale Diaz, il testo recita: «(Gli uomini) risalgono in disordine e senza speranza sugli alberi da cui erano discesi con orgogliosa sicurezza». Solo la lettura e l’intelligenza delle cose potranno salvarci da questa regressione maligna di cui si vedono già segni inquietanti.

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