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Lichen scleroatrofico: le terapie sintomatiche e di lungo periodo

Lichen scleroatrofico: le terapie sintomatiche e di lungo periodo
12/07/2019

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

“Gentile professoressa, mia moglie ha 61 anni e soffre di lichen scleroatrofico. Dapprima si è rimpicciolita una delle piccole labbra. Poi, nel giro di tre mesi sono comparsi secchezza, prurito, piccole lacerazioni, e la malattia si è estesa a entrambe le labbra. Le terapia finora seguite non sembrano dare frutti. Che cosa possiamo fare? Grazie”.
Lorenzo (Reggio Emilia)
Gentile signor Lorenzo, il lichen scleroatrofico è una malattia autoimmune, caratterizzata da anticorpi prodotti dal nostro sistema immunitario, che attaccano per errore i tessuti della vulva. Questo causa un’infiammazione microscopica, con distruzione progressiva dei tessuti e stimolazione delle fibre del dolore: anche il prurito, infatti, è una forma di dolore. Come tutte le malattie autoimmuni, il lichen è una patologia ad andamento lento ma cronico e progressivo, con periodi di acutizzazione. Nel 5% dei casi può evolvere verso patologie tumorali della vulva: ecco perché è importante effettuare un controllo periodico della situazione.

Come si diagnostica?

La diagnosi accurata si basa sulla storia clinica e sull’esame ginecologico, eventualmente completati da vulvoscopia e biopsia, in anestesia locale (effettuata con una semplice pomata). La biopsia è indicata in caso di lesioni cutanee bianche (ipercheratosi) o di lesioni ulcerate.

Come si cura?

La terapia deve essere finalizzata a:
- ridurre i sintomi in fase acuta;
- rallentare la progressione della malattia;
- ricostruire tessuti sani.
Nella fase acuta, caratterizzata da prurito, si può applicare una pomata a base di cortisone (clobetasolo) per 10-14 giorni. Quando il prurito è scomparso, può essere utile una terapia di mantenimento, applicando il clobetasolo una-due volte la settimana. Il cortisone locale combatte l’infiammazione che sottende le alterazioni tissutali e nervose che poi causano il prurito. In altre parole, il cortisone è il “vigile del fuoco” che riduce l’incendio biochimico tissutale rappresentato dall’infiammazione.
Nella fase di mantenimento, durante i periodi di silenzio sintomatologico, sono utili le pomate a base di vitamina E (emollienti) e di testosterone di estrazione vegetale (su prescrizione del ginecologo curante e prodotta da un farmacista certificato). L’obiettivo del testosterone è ricostruttivo. Serve infatti a stimolare i fibroblasti, che sono i nostri operai ricostruttori, a produrre collagene, elastina e mucopolisaccaridi, al fine di rinforzare il tessuto vulvare restituendogli maggiore turgore ed elasticità. Il testosterone agisce anche sui recettori della cute vulvare, dei vasi specializzati da cui dipende l’eccitazione genitale (corpi cavernosi) e delle fibre nervose che veicolano le sensazioni di piacere, migliorandone lo stato nutritivo, il benessere e la funzione.
Nel caso in cui la sintomatologia pruriginosa non migliori e/o le lesioni cutanee non regrediscano con la terapia impostata, è utile effettuare (o ri-effettuare) una vulvoscopia con eventuale prelievo bioptico.

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