Un’insegnante preoccupata (Milano)
Iniziamo dalle cause del fenomeno. Gli studi evidenziano alcuni grandi fattori predittivi. Il primo è l’inattività fisica: un recente studio norvegese ha dimostrato che le adolescenti sedentarie hanno un rischio quasi doppio di comportamenti fuori dalle regole o francamente antisociali, come il bullismo, rispetto alle coetanee fisicamente attive. Non fare sport si associa anche a un rischio più che raddoppiato di depressione e disturbi dell’attenzione, soprattutto a scuola, a un rischio triplicato di disturbi psicosociali, a maggiori disturbi psicosomatici (cefalea, dolori addominali, astenia, fame compulsiva, inappetenza) e a problemi di salute come il sovrappeso e l’obesità, la sindrome metabolica e l’ipertensione. Aumenta infine la vulnerabilità all’uso precoce di alcol, fumo e droghe. L’inattività fisica è dunque il segnale d’allarme di molti potenziali problemi, che insegnanti e genitori non dovrebbero sottovalutare. Lungi dall’essere un lusso, lo sport è un salvavita: emotiva e fisica!
Il secondo fattore di rischio è proprio l’uso di alcol: in Italia, il 31 % delle ragazze di età inferiore ai 15 anni beve due o più unità alcoliche al giorno (1 U.A. = 10 grammi circa), contro il 25% dei maschi di pari età, e solo il 35,7% di esse è completamente astemio. E il 40,7% delle adolescenti con comportamenti antisociali ha anche una dipendenza dall’alcol (contro il 29,3% dei maschi), che aumenta di quasi 4 volte il rischio di suicidio e di autolesionismo.
Altri tre fattori che predispongono le ragazze al bullismo sono l’insuccesso scolastico (foriero di emarginazione e adesione a identità negative), la violenza fra i genitori (specialmente della madre verso il padre) e gli abusi fisici, emotivi e sessuali subiti nell’infanzia, che spingono a fluttuare tra il ruolo dell’aggressore e quello della vittima.
Che cosa possono fare insegnanti e genitori per contrastare questi fattori di rischio? Moltissimo. Innanzitutto, educare le ragazze al piacere dell’apprendimento: un buon rendimento nello studio si associa in genere a un migliore rapporto con la famiglia, ad amicizie più sane, a una maggiore stabilità emotiva, a più vasti interessi extrascolastici. In secondo luogo, incoraggiarle a praticare un’attività sportiva regolare. Il movimento alimenta il benessere psicofisico, educa a rispettare gli altri e le regole e impone stili di vita più sani, riducendo o addirittura azzerando il consumo di alcol, fumo e droghe; lo sport, inoltre, aiuta a scaricare le emozioni negative, migliora il tono dell’umore e l’immagine corporea, così importante per le adolescenti. La controprova degli effetti dello sport sull’equilibrio psicofisico, sul senso di disciplina e sulla capacità di autoprotezione è che le ragazze fisicamente attive iniziano ad avere rapporti mediamente due anni più tardi delle altre, adottano una contraccezione sicura, fanno usare il profilattico ai loro partner e tendono ad avere relazioni più stabili. Infine, a un livello più generale e strutturato, anche a livello interscolastico, è possibile varare strategie di prevenzione e di recupero psicosociale che coinvolgano la scuola e le famiglie, sotto la guida di medici, psicoterapeuti ed educatori esperti in queste problematiche (veda box).
Fondamentale il supporto psicologico e sociale
Per aiutare le vittime, si organizzano gruppi per lo sviluppo dell’assertività e della capacità di affrontare le situazioni di rischio, anche chiedendo aiuto. Per le bulle, le strategie più diffuse prevedono un’approfondita analisi del disagio e cicli più o meno lunghi di psicoterapia (quando emergano fattori predisponenti che la richiedano), ma anche sanzioni chiare e precise, e un frequente ricorso ad attività socialmente utili in ambito scolastico. Con il role playing e il problem solving, infine, si cerca di modificare l’atteggiamento delle classi e dei gruppi verso il bullismo, stimolando la propensione dei giovani a difendere la vittima e a non assecondare l’aggressore.
Una violenza pericolosa anche per l'aggressore
- tentativi di suicidio;
- disturbi d’ansia, depressione e distimia;
- disturbi dell’attenzione;
- fobia sociale o scolare;
- scarsa autostima;
- disturbi psicosomatici;
- disturbi di personalità e antisociali;
- abuso di sostanze.
Ecco perché è importante considerare il bullismo non solo un semaforo rosso sul fronte del comportamento ma anche una richiesta d’aiuto, più o meno consapevole.