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Lui e lei di fronte all'infertilità

13/12/2005

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Ho 38 anni e una grande rabbia. Negli ultimi cinque anni ho tentato di tutto pur di avere un figlio. Niente, non ci riusciamo. Siamo tutti e due “un po’ meno fertili della media”, ma questo si è tradotto in una totale sterilità. Perché questa è la parola vera, anche se oggi non la si usa più, usando invece quell’eufemismo, “infertilità”, che a me fa venire solo il nervoso. E provo una rabbia sempre più forte. Contro me stessa, che non riesco a fare la cosa più semplice del mondo, per una donna normale: avere un figlio. Rabbia contro gli altri che concepiscono un figlio senza sforzo. Rabbia verso mio marito, che dopo questi anni mi ha appena detto: “Senti, mettiamoci l’anima in pace. Abbiamo fatto di tutto, basta. Ci vogliamo bene, la vita è fatta di tante altre cose..”. Lui ha un bel lavoro, gioca a tennis come un matto, ha molti amici, è contento così. Ma io senza un figlio non mi vedo. E provo rabbia anche verso i medici, che all’inizio la facevano semplice e adesso mi dicono che la mia età sta diventando un problema... Mi sento sola, perché mi sembra che nessuno, mio marito in testa, capisca quanto è importante per me un bambino mio. Perché uomini e donne sono così diversi nei confronti dell’incapacità di avere un figlio? Inutile dirle che questa impossibilità ha azzerato anche il mio desiderio sessuale...
Mirella
Come reagisce una coppia alla scoperta dell’infertilità? Questo scacco al sogno di diventare genitori può avere ripercussioni pesantissime sugli equilibri interiori, in modo tuttavia diverso tra uomini e donne, come dolorosamente annota lei.
Nella donna l’impatto psicologico è usualmente più pesante per diversi fattori. Innanzitutto, per la maggiore identificazione sociale della donna nel ruolo di madre e per l’importanza che la donna attribuisce alla gravidanza dal punto di vista del puro istinto naturale. Inoltre, l’impegno e lo stress – biologico  e psichico – che la funzione riproduttiva comporta nella donna sono decisamente più rilevanti, anche quando concepimento e gravidanza avvengono in condizioni fisiologiche. Ancor di più quando, come lei, abbia affrontato un programma di fecondazione assistita, dovendo subire tutto ciò che il protocollo comporta: dai ripetuti controlli ecografici ai prelievi di sangue, dalla stimolazione ovarica fino all’inseminazione o al più invasivo prelievo ovocitario con successivo trasferimento embrionario. Il senso di frustrazione e di fallimento può allora tradursi in una vera e propria sindrome depressiva ad andamento ciclico, esacerbata dalla comparsa del flusso o da eventi esterni, come la nascita di un bambino in ambito familiare o nella cerchia di amici. Ed è spesso la depressione a uccidere anche il desiderio sessuale: come se il gioco d’amore non avesse più senso se, accanto al piacere, non contenesse la speranza e la fiducia di poter anche concepire un figlio così desiderato Non ultimo, l’impatto psicologico dell’infertilità è maggiore nella donna anche per la più radicata tendenza, rispetto al partner, a ricercare nella sua vita passata eventi che possano essere  causa della sterilità, soprattutto in caso di precedenti interruzioni di gravidanza o di infezioni tubariche.
Nell’uomo, l’impatto psicologico è legato all’identificazione millenaria, radicata nell’inconscio personale e collettivo, tra “potentia coeundi” e “potentia generandi”, ossia tra potenza sessuale e potenza riproduttiva. E’ massimo quando l’uomo è del tutto sterile, perché ammetterlo è ancora un tabù sociale, anche verso la famiglia di origine; è minore quando la fertilità è ancora possibile. L’uomo vive con ansia e disagio l’esame del liquido seminale, sia per le modalità di raccolta, sia per la necessità di astinenza dai rapporti. L’ansia suscitata dall’esame del liquido seminale è spesso motivata dal timore del giudizio che il medico e successivamente la sua partner daranno della sua fertilità e quindi di lui stesso. Negli uomini la componente ansiosa è molto più elevata in quelli che presentano alterazioni del liquido seminale, sia per il senso di responsabilità nei confronti della riuscita della procedura sia per il senso di colpa verso la partner che si fa carico della maggior parte di esami e terapie. Infine, l’uomo, più della donna, riesce a compensare la mancanza del figlio con altre attività, da quella lavorativa a quella sportiva, come è successo a suo marito.
La “asimmetria” nell’importanza che la coppia dà al figlio può originare una crisi profonda fino alla frattura. Tuttavia, cinque anni di cure sono anche un tempo molto lungo: e l’atteggiamento di suo marito, invece che egoismo, potrebbe esprimere la saggezza necessaria per accettare e superare anche uno scacco definitivo. Visto che lei mi sembra visceralmente non pronta ad accettare di chiudere questo sogno, parlatevi a cuore aperto sulla possibilità, per esempio, di due altri tentativi. Nel frattempo, si faccia aiutare dal punto di vista psicologico, a ripensare il suo futuro anche senza un figlio. So per vita che è difficile. Ancor più in questi tempi illusoriamente onnipotenti, in cui è sempre più doloroso accettare che la vita ci dica di no.

Fertilità e infertilità Rapporto di coppia

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