Code infernali in autostrada: con otto mesi per fare i lavori di manutenzione, sembra che i cantieri siano in immenso fervore proprio ora, quando migliaia di italiani desiderano finalmente assaporare il primo ponte e il gusto di ritrovarsi felici con la famiglia e gli amici, in liberatoria vacanza. Ritardi catastrofici per i traghetti: tre, quattro ore, su tre o quattro di strada. Una follia.
Uno cerca di essere zen, pensando a quanto ha assaporato questo momento, ma la contrarietà per la colpevole noncuranza per la qualità della viabilità mette a dura prova anche i nervi più saldi. Già prenotato un albergo, se anche l’ultimo traghetto, che online risulta pieno, non avesse quelli che chiamo i posti della misericordia. Preoccupazione per i gatti, che già hanno sopportato un tempo di viaggio raddoppiato. All’Elba tuttavia tornano sempre felici, perché lì sono nati e sono stati salvati trovatelli, piccoli e abbandonati da poco, per rara fortuna. Già il sentire l’odore del mare li calma: profumo di terra natia e di chissà quali altri misteriosi messaggi. Miracolo: un ultimo posticino ci accoglie sul traghetto, mai così sospirato. E’ quasi mezzanotte quando si arriva a casa. La strada di arrivo che costeggia il mare non ha lampioni. Solo un magnifico chiaro di luna dipinge il profilo di monti e colline, e fa scintillare dolcemente il calmo mare, appena increspato da una brezza leggera. Spenti i fari, un tuffo al cuore: in giardino, alla quieta luce della luna, decine di lucciole danzano palpitando con le loro magiche lucine. Da quando eravamo bambini, non si vedevano così tante lucciole danzare nell’aria in una sera di maggio. In un secondo scompare la stanchezza. Un’impennata di felicità e di ricordi belli, quando da bambini rincorrevamo le lucciole nel giardino della casa dei nonni.
Questa danza prodigiosa rivela tante cose: in questa parte dell’Elba, trasformata in Parco Nazionale, la natura resta a bosco, o a macchia mediterranea, con i suoi straordinari profumi. In fiore le ginestre e le bianche rose selvatiche, sui pendii al sole, e gli ultimi iris, nelle zone d’ombra. Intensi gli aromi, ora che il primo caldo di maggio li esalta e li ricompone col profumo del mare. Nel parco, sono rare le coltivazioni intensive, raro l’uso dei pesticidi, rari i lampioni, del tutto assenti in molte strade. Una fortuna. L’inquinamento luminoso è minimo. Dove c’è più umido, nel lato nord dell’isola, dove le luci dei lampioni sono ancora più rare, e rade le vecchie case, le lucciole ritrovano un habitat insperato. Sono coleotteri: fanno parte della famiglia dei lampiridi. Tutte le specie, allo stato perfino di larva, oltre che adulto, hanno la rara capacità di produrre luce da uno o più segmenti addominali: da questa peculiarità – la bioluminescenza – deriva infatti il nome della famiglia.
Una caratteristica comune ai coleotteri, e quindi alle lucciole, è l’olometabolia, ossia una metamorfosi completa dallo stato di larva a pupa e infine insetto maturo. Le uova dei Lampiridi sono sferiche. Vengono deposte in luoghi umidi o sotto i sassi. Le uova conservano per qualche tempo la bioluminescenza. Le larve sono attive durante la notte: si nutrono di gasteropodi polmonati, le chiocciole terrestri. Ecco perché le lucciole sono ormai rare, o introvabili, nelle zone agricole in cui si usano i lumachicidi. Tossiche per le lucciole sono anche le troppe luci: per questo sono scomparse dalle città e dalle zone troppo abitate. L’eccesso di luci non permette alle lucciole di incontrarsi e riprodursi. Tossici i pesticidi e l’inquinamento, chimico o luminoso che sia.
Come fanno a risplendere? La luce nasce dall’ossidazione della luciferina, un substrato fotogeno, che in presenza di ossigeno viene trasformato in ossiluciferina. Alcuni segmenti dell’addome delle lucciole sono trasparenti sul lato del pancino. Sono percorsi da trachee che consentono all’ossigeno di attivare la reazione di ossidazione. Regolando il respiro e il flusso dell’aria, l’insetto può regolare la frequenza del lampeggiamento, quasi un palpito amoroso. Frequenza che negli adulti è collegata all’accoppiamento. I maschi emettono segnali ritmici luminosi, le femmine rispondono con altri ritmi di lampeggiamento. Possono accoppiarsi se questa danza d’amore luminosa non viene disturbata, o annullata, da luci umane.
Le incantevoli lucciole ci ricordano ancora una volta quanto sia fragile la bellezza del mondo. E quanto la nostra presenza ottusa, invasiva e distruttiva, rischi di farci perdere motivi semplici e profondi di magica felicità.
Uno cerca di essere zen, pensando a quanto ha assaporato questo momento, ma la contrarietà per la colpevole noncuranza per la qualità della viabilità mette a dura prova anche i nervi più saldi. Già prenotato un albergo, se anche l’ultimo traghetto, che online risulta pieno, non avesse quelli che chiamo i posti della misericordia. Preoccupazione per i gatti, che già hanno sopportato un tempo di viaggio raddoppiato. All’Elba tuttavia tornano sempre felici, perché lì sono nati e sono stati salvati trovatelli, piccoli e abbandonati da poco, per rara fortuna. Già il sentire l’odore del mare li calma: profumo di terra natia e di chissà quali altri misteriosi messaggi. Miracolo: un ultimo posticino ci accoglie sul traghetto, mai così sospirato. E’ quasi mezzanotte quando si arriva a casa. La strada di arrivo che costeggia il mare non ha lampioni. Solo un magnifico chiaro di luna dipinge il profilo di monti e colline, e fa scintillare dolcemente il calmo mare, appena increspato da una brezza leggera. Spenti i fari, un tuffo al cuore: in giardino, alla quieta luce della luna, decine di lucciole danzano palpitando con le loro magiche lucine. Da quando eravamo bambini, non si vedevano così tante lucciole danzare nell’aria in una sera di maggio. In un secondo scompare la stanchezza. Un’impennata di felicità e di ricordi belli, quando da bambini rincorrevamo le lucciole nel giardino della casa dei nonni.
Questa danza prodigiosa rivela tante cose: in questa parte dell’Elba, trasformata in Parco Nazionale, la natura resta a bosco, o a macchia mediterranea, con i suoi straordinari profumi. In fiore le ginestre e le bianche rose selvatiche, sui pendii al sole, e gli ultimi iris, nelle zone d’ombra. Intensi gli aromi, ora che il primo caldo di maggio li esalta e li ricompone col profumo del mare. Nel parco, sono rare le coltivazioni intensive, raro l’uso dei pesticidi, rari i lampioni, del tutto assenti in molte strade. Una fortuna. L’inquinamento luminoso è minimo. Dove c’è più umido, nel lato nord dell’isola, dove le luci dei lampioni sono ancora più rare, e rade le vecchie case, le lucciole ritrovano un habitat insperato. Sono coleotteri: fanno parte della famiglia dei lampiridi. Tutte le specie, allo stato perfino di larva, oltre che adulto, hanno la rara capacità di produrre luce da uno o più segmenti addominali: da questa peculiarità – la bioluminescenza – deriva infatti il nome della famiglia.
Una caratteristica comune ai coleotteri, e quindi alle lucciole, è l’olometabolia, ossia una metamorfosi completa dallo stato di larva a pupa e infine insetto maturo. Le uova dei Lampiridi sono sferiche. Vengono deposte in luoghi umidi o sotto i sassi. Le uova conservano per qualche tempo la bioluminescenza. Le larve sono attive durante la notte: si nutrono di gasteropodi polmonati, le chiocciole terrestri. Ecco perché le lucciole sono ormai rare, o introvabili, nelle zone agricole in cui si usano i lumachicidi. Tossiche per le lucciole sono anche le troppe luci: per questo sono scomparse dalle città e dalle zone troppo abitate. L’eccesso di luci non permette alle lucciole di incontrarsi e riprodursi. Tossici i pesticidi e l’inquinamento, chimico o luminoso che sia.
Come fanno a risplendere? La luce nasce dall’ossidazione della luciferina, un substrato fotogeno, che in presenza di ossigeno viene trasformato in ossiluciferina. Alcuni segmenti dell’addome delle lucciole sono trasparenti sul lato del pancino. Sono percorsi da trachee che consentono all’ossigeno di attivare la reazione di ossidazione. Regolando il respiro e il flusso dell’aria, l’insetto può regolare la frequenza del lampeggiamento, quasi un palpito amoroso. Frequenza che negli adulti è collegata all’accoppiamento. I maschi emettono segnali ritmici luminosi, le femmine rispondono con altri ritmi di lampeggiamento. Possono accoppiarsi se questa danza d’amore luminosa non viene disturbata, o annullata, da luci umane.
Le incantevoli lucciole ci ricordano ancora una volta quanto sia fragile la bellezza del mondo. E quanto la nostra presenza ottusa, invasiva e distruttiva, rischi di farci perdere motivi semplici e profondi di magica felicità.
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