“Ho 34 anni. Purtroppo ho subito una quadrantectomia per un “piccolo” carcinoma duttale infiltrante. Ho fatto quattro cicli di chemioterapia e il ciclo è diventato molto irregolare. Devo farne ancora due. Purtroppo, i medici con cui ho parlato (quello di base, l'oncologo locale e altri due cui mi sono rivolta per un secondo parere) hanno messo in secondo piano tutti gli aspetti collaterali di questa terapia: documentandomi su Internet ho invece capito che potrei avere seri problemi di fertilità (non ho ancora avuto un figlio e lo desidero molto) e di desiderio sessuale. Non ho intenzione di interrompere o rinunciare a questa terapia perché ho capito che si tratta di una priorità. Però le chiedo: è possibile una gravidanza dopo chemioterapia? E’ vero che può causare malformazioni al bambino? E che rischio ci sarebbe di peggiorare la mia malattia? Su questo ho avuto solo risposte evasive o scoraggianti. Capisco che questi aspetti possano sembrare marginali, di fronte ad un tumore maligno, ma io oltre che come giovane paziente da salvare vorrei anche essere vista come una giovane donna per la quale poter avere un figlio, e una vita sessuale normale, significa poter credere ancora nel futuro. Lo chiedo a Lei, perché ho capito dalle sue risposte che è attenta a questi aspetti...".
Francesca S. (Lucca)
Francesca S. (Lucca)
Cara Francesca, grazie davvero per questa lettera che mi consente di toccare un problema che, sì, mi sta molto a cuore: la qualità della vita, procreativa e anche sessuale, delle donne che hanno superato un tumore. Purtroppo, Lei ha drammaticamente ragione: la sessualità dopo un tumore è un aspetto tutt’ora disatteso dalla gran parte degli oncologi. Oggi come ieri, “stia contenta d’essere viva”: questo è il messaggio che passa, con qualche lodevole eccezione. E non fa differenza che una donna abbia trent’anni, e quindi la gran parte degli obiettivi della vita – coppia, figli, famiglia – da realizzare e completare, o settanta. Si parla di qualità della vita, con una cesura, una dimenticanza, un omissis doloroso, specie per le donne e i loro compagni: la qualità dell’intimità erotica, che può essere devastata sia dal tumore, specie quando colpisce al cuore gli organi principe della femminilità, come il seno o l’utero, sia dalle cure necessarie per eliminarlo. Ancora più negletta, poi, è la fertilità, come se quest’aspetto essenziale della vita dovesse essere immolato sull’altare della sopravvivenza.
Perché la chemioterapia può causare sterilità?
La chemioterapia, oltre alle cellule maligne, può distruggere anche gli ovociti – le nostre cellule riproduttive contenute nell’ovaio – causando una menopausa precoce e quindi un’infertilità definitiva. A meno che non si ricorra all’ovodonazione, oggi proibita in Italia.
E' frequente che la chemioterapia provochi sterilità?
Molto dipende dall’età della donna e dal tipo di farmaci chemioterapici che le vengono prescritti. Uno studio recente ha dimostrato che nelle donne con tumore al seno, di età inferiore ai trent’anni, la chemioterapia più frequentemente usata causa amenorrea, ossia blocco mestruale e sterilità, nel 19 per cento dei casi; questa percentuale sale al 30-40 per cento tra i trenta e i quarant’anni, e arriva all’80-95 per cento dopo i quaranta. Nel suo caso la possibilità di concepire potrebbe essere ancora buona, naturalmente dopo che saranno completate le cure oncologiche!
E il rischio di malformazioni del bambino?
Su questo punto sono felice di poterLa rassicurare: tutti gli studi finora condotti NON mostrano un aumento significativo di malformazioni nei bambini concepiti dopo una chemioterapia. Da ginecologa e oncologa, motivata ad aiutare le donne colpite da tumore a mantenere la migliore qualità di vita sessuale possibile, ho fatto estese ricerche sulla letteratura scientifica sull’argomento. Questo è un dato molto confortante: se la chemioterapia non arriva a causare una menopausa precoce, e l’ovaio continua a funzionare, non c’è motivo di sconsigliare una gravidanza dal punto di vista del bambino. L’unica controindicazione assoluta è il concepimento in corso di chemioterapia, perché il tal caso il rischio di malformazioni è davvero elevato.
C'è rischio di concepimento durante la chemioterapia?
Sì. Nelle donne fertili è saggio pensare sempre alla contraccezione, in questa fase! Perché il bisogno di speranza, di credere nella vita, può portare a concepimenti “accidentali” per la ragione, ma fortemente voluti col cuore, anche durante il trattamento chemioterapico. E, in tal caso, i rischi sarebbero notevoli per mamma e bambino.
Dal punto di vista della donna la gravidanza è rischiosa? Aumenta o no il rischio di recidive?
Il rischio varia a seconda dello stadio del tumore. Si consiglia di aspettare almeno due anni, dopo il trattamento chirurgico, perché in questo intervallo di tempo è massimo il rischio di recidive spontanee. Dopo i due anni, semaforo verde per chi aveva un tumore piccolo, inferiore ai due centimetri, ben differenziato (e quindi poco aggressivo), senza metastasi linfonodali. Per i tumori di maggiori dimensioni, o con metastasi linfonodali, o tendenza all’invasione vascolare, si consiglia di aspettare cinque anni, valutando il singolo caso con l’oncologo di fiducia. In ogni caso, se il desiderio di un figlio è una priorità assoluta, è bene parlarne con chiarezza prima della chemioterapia, anche perché sono allo studio protocolli di cura finalizzati a proteggere proprio la fertilità! (si veda l’approfondimento). A Lei, Francesca, un augurio di cuore perché possa tornare a vivere con la pienezza di vita e di progetti che ogni giovane donna desidera e merita.
Approfondimento – Come proteggere la fertilità durante la chemioterapia?
Il filone di ricerca più promettente riguarda la possibilità di “mettere a riposo” l’ovaio, per tutta la durata della chemioterapia, così da ridurre la sua vulnerabilità all’aggressività dei farmaci chemioterapici. Si utilizzano allora farmaci specifici che bloccano temporaneamente il ciclo: i cosiddetti “analoghi del Gn-RH”, sostanza che attiva gli ormoni che dal cervello vanno a stimolare l’ovaio fino all’ovulazione. Questa cura è promettente per le donne con tumori al seno positivi per i recettori estrogenici (ossia tumori ben differenziati). E’ una terapia da considerare ancora preliminare, che potrebbe essere tuttavia preziosa per chi voglia ridurre i rischi di sterilità definitiva, anche se può comportare la comparsa temporanea di vampate di calore e sudorazioni. In positivo, questa cura non sembra aumentare il rischio di recidive, né ridurre l’efficacia della chemioterapia. Altre opportunità sono allo studio perché l’aumentata sopravvivenza dopo un tumore riapre, giustamente, anche il desiderio di avere un figlio.
Chemioterapia Fertilità e infertilità Gravidanza Malformazioni e anomalie cromosomiche