Che cosa lamentano i pazienti nel loro rapporto con la medicina d’oggi? La mancanza di ascolto, innanzitutto: l’anamnesi contratta, breve, minimalista, spesso indifferente nei modi e nei toni, priva il rapporto medico-paziente di due elementi essenziali perché possa sbocciare un rapporto fiduciario. Lo priva sia del racconto, ancorché breve, dei propri sintomi e della propria storia, che dia al professionista il senso della persona che ha davanti; sia del tempo minimo di contatto emotivo, di sguardo e di attenzione, indispensabile per sentirsi di esistere, in quanto paziente, davanti agli occhi del medico. Come persona, e non come numero o come fonte di reddito.
Lamentano la mancanza di attenzione all’insieme della persona. Per esempio, il ginecologo, che etimologicamente dovrebbe essere il medico della donna, è nei fatti un “uterologo”, che pone la massima attenzione all’area genitale e procreativa, oggi come ieri. Con un disinteresse quasi sostanziale – con poche, lodevoli eccezioni – per tutto quanto interessi la salute extragenitale. Anche se sappiamo che gli ormoni sono una linfa che nutre tutto il corpo femminile e le cui alterazioni, o assenza, si ripercuotono in modo drammatico sull’intera salute della donna. Basti dire che una menopausa precoce, per asportazione chirurgica delle ovaie, aumenta del 46% il rischio di deterioramento cognitivo e di morbo di Alzheimer, e del 68% il rischio di parkinsonismo, rispetto alle donne con una menopausa naturale a cinquant’anni. Per non parlare della sessualità, sistematicamente omessa dal dialogo clinico.
Lamentano, donne e uomini, la mancanza di una visita degna del nome: l’esame obiettivo è quasi scomparso nella pratica clinica. La “semeiotica”, da semeíon techné, indica l’arte medica di leggere i sintomi e i segni, ossia il linguaggio del corpo, per decodificare il problema clinico (“malattia”). Purtroppo è quasi scomparsa nell’insegnamento di medicina e nella pratica clinica contemporanea. Molti medici si limitano all’ecografia, o ad altri esami strumentali. Senza la visita, senza attenzione ai molti segni che il corpo sa dare, il medico perde le fondamenta del suo sapere. Sherlock Holmes clinico che ha smarrito se stesso, perde il gusto dell’“intelligenza indiziaria”, che è il grande alleato di un medico di qualità. Moltiplica gli esami, senza un quesito clinico rigoroso che li ispiri. Monco della semeiotica, non riesce a collocare in una quadro unitario sintomi e segni che solo una mente curiosa di indizi può collocare in un mosaico ricco di senso.
Lamentano i pazienti la frammentazione in tante specialità: il corpo umano è visto come un assemblaggio d’organi più o meno sani, più o meno malati, che nessuno sembra più interessato a ricomporre nel corpo vivo e ardente di una donna o di un uomo. Ed ecco il ricorso alle medicine alternative, e il loro successo: perché quel medico “altro” dedica all’ascolto uno spazio centrale e un’attenzione globale a quel corpo-soggetto di cure, che ospita emozioni e sentimenti, angosce e speranze, paura e desiderio di vita più sana.
Più di tutto i malati lamentano la mancanza di tempo. Di un tempo dedicato e paziente. Nel tempo impaziente che caratterizza la vita contemporanea, come ben diceva Dietrich Bonhoeffer, nel tempo-monetizzato, anche dell’ospedale-azienda, c’è sempre meno spazio per l’ascolto, essenziale per una diagnosi vera, “conoscenza attraverso” il linguaggio – della parola e del corpo – che sempre meno noi medici sappiamo decifrare. Aumentano gli errori diagnostici, per la troppa fretta, per la disattenzione, per la superficialità. Aumenta il “doctor shopping”, il passare da uno specialista all’altro, alla ricerca di una diagnosi corretta che dia senso alla richiesta di aiuto che il paziente – e il suo corpo – ci pongono.
Eppure, anche in una prospettiva di contenimento di costi, è proprio una semeiologia rigorosa il modo più etico – centrato sul/la paziente e sulla verità dei suoi sintomi – per selezionare i pochi esami necessari e sufficienti a confermare una diagnosi già correttamente ipotizzata. Purtroppo i nostri governi sembrano interessati a tutto, fuorché alla qualità della scuola (anche di medicina) e a una sanità che abbia davvero il malato al centro.
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